L’acidità dell’insilato contribuisce minimamente all’acidità ruminale

Da un’esperienza in Nuova Zelanda, interagendo con nutrizionisti, veterinari e allevatori ho scoperto che oltre all’uso di sistemi alimentari basati sul pascolo, l’altra interessante differenza tra l’allevamento neozelandese e i produttori di latte del Nord America è la visione del problema dell’acidosi.

Per gran parte del periodo di lattazione, le vacche in Nuova Zelanda pascolano in prati molto rigogliosi che però forniscono una minima quantità di fibra efficace. Ho visto le immagini del tappeto ruminale in vacche fistolate, che consumavano più di 115 kg di foraggio verde al giorno, e sembrava più un “liquame” che l’impasto fibroso che i nutrizionisti nordamericani e di tutto il mondo sono soliti vedere.

Tuttavia, l’utilizzo del pascolo con foraggi caratterizzati da NDF compreso tra 35-42%, che comportano un tempo di ritenzione ruminale inferiore alle 12 ore, un pH del rumine inferiore a 5,5 e la frequente osservazione di feci sciolte, non sembra evidenziare problemi di ridotta ingestione e depressione del grasso del latte.

Questo per diversi fattori:

  • selezione involontaria di una popolazione microbica ruminale modificata,
  • modelli di consumo diversi per le vacche al pascolo,
  • tassi di turnover rapidi causati dal consumo così elevato di alimenti ad elevata umidità e poveri in acido linoleico.

Molti allevatori neozelandesi stanno iniziando a inserire più insilato di mais nei loro piani alimentari per integrare la bassa qualità dei pascoli, per prolungare le lattazioni quando i pascoli calano e per migliorare lo stato corporeo prima del periodo di asciutta.

Il maggiore uso di insilati ha destato preoccupazione tra i produttori di latte per quanto riguarda l’effetto degli acidi degli insilati sull’ingestione e sull’acidosi ruminale. Ho pensato che questa discussione potesse interessare anche i nutrizionisti nordamericani e di altri paesi.

Insilati e produzione di acidi

L’acido lattico è un acido 10 volte più forte rispetto agli altri acidi grassi volatili presenti negli insilati (o nel rumine). E’ prodotto sia dalle specie batteriche attive nell’insilamento (Lactobacillus e Streptococco) sia dai microrganismi del rumine (Selenomonas ruminantium, Streptococcus bovis e Megasphaera elsdenii).

Quando entra in soluzione, l’acido lattico può perdere un protone dal gruppo acido e trasformarsi in ione lattato. Esistono due distinte forme isomeriche di acido lattico: acido D-lattico e acido L-lattico, entrambe le forme sono prodotte sia microrganismi presenti nell’insilato che nel rumine.

A pH neutro, viene prodotto l’isomero L, mentre la percentuale dell’isomero D aumenta con la diminuzione del pH. Ad un pH di 6,0 l’isomero D rappresenta circa il 20% del totale, mentre quando il pH è inferiore a 5,0 e le concentrazioni di lattato sono superiori a 100 millimoli, l’isomero D può rappresentare fino al 50% del totale.

Un alto livello di acido lattico nell’insilato, di per sé, non è la causa principale della riduzione dell’assunzione di diete a base di insilati.

Uno studio della Pennsylvania State University (Clancy et al., 1976) ha mostrato che l’utilizzo di insilato di leguminosa nella razione di vacche (fistolate) deprimeva l’assunzione volontaria di alimento. Tuttavia, prove effettuate alimentando le stesse vacche con l’utilizzo di “succhi equivalenti” con le stesse concentrazioni di acidi grassi volatili, acido lattico, carboidrati solubili e ammoniaca, dell’insilato di leguminose, hanno dimostrato che la ridotta ingestione era spiegata solo per il 40% dalla presenza degli acidi, mentre altri fattori, tra cui i prodotti della degradazione proteica, risultavano esserne responsabili.

La riduzione dell’ingestione è stata a lungo associata ad insilati ad alto contenuto di ammoniaca, ammidi e composti di ammina (come l’istamina), che sono prodotti finali della degradazione delle proteine ​​dell’insilato e che si producono durante la fermentazione. Se la fermentazione è lenta e prolungata, questi prodotti di degradazione delle proteine ​​aumentano di concentrazione. Valori di azoto ammoniacale (espresso come percentuale dell’azoto totale) inferiori al 5% caratterizzano gli insilati di alta qualità.

Studi sugli insilati condotti da Erdman dimostrano che in un range pratico di pH compreso tra 4,5 e 7,0 si nota una minima riduzione di ingestione dell’insilato, mentre si nota un miglioramento dell’ingestione quando associata all’aumento di concentrazione dell’acido lattico (quindi pH bassi). Ricerche svolte da Cornell dimostrano infatti come molti insilati a basso contenuto di sostanza secca e ad alto di pH siano legati a minori ingestioni di alimento.

Produzione di acidi nel rumine

La tipica “acidosi lattica ruminale” è causata dall’accumulo di acido nel rumine e nel flusso sanguigno. L’acido lattico è stato a lungo considerato il principale responsabile dell’acidosi, in particolare l’isomero del lattato D (più lentamente assorbito). Tuttavia, il termine “acidosi D-lattica” è troppo limitato per descrivere l’acidosi perché i problemi associati a questa problematica (assunzione di alimenti ridotta, malassorbimento di nutrienti, ascessi epatici) sono dovuti agli effetti cumulativi di tutti gli acidi organici prodotti a livello ruminale (Britton e Stock, 1989).

Dal punto di vista fisiologico, la produzione di acido lattico aumenta la pressione osmotica all’interno del rumine contribuendo così all’ipertonicità della parete ruminale. Inoltre, si stabilisce un gradiente osmotico intestinale che attira i liquidi nell’intestino e contribuisce alla diarrea. Il calo del pH del rumine induce anche la tipica stasi delle contrazioni del rumine. Una parte del lattato, principalmente il lattato D a causa del suo metabolismo più lento, viene assorbito nell’apparato circolatorio e contribuisce all’abbassamento del pH del sangue (Wass et al., 1986). Tuttavia, anche in queste situazioni non si evidenziano mai elevate concentrazioni di acido lattico nel fluido ruminale, in quanto questo acido viene metabolizzato in 10-20 minuti. Questo è il motivo per cui si aumenta l’inclusione di foraggi in razione per incrementare la concentrazione di microbi capaci di metabolizzare l’acido lattico.

L’acidosi lattica nei bovini da latte è causata dalla combinazione di due fattori: scarsa quantità di  fibra e bruschi cambiamenti nella dieta. Se le vacche sono alimentate con diete ad alto contenuto di foraggio e l’amido è scarso, il tasso di crescita di S. bovis è limitato dalla disponibilità di un’adeguata fonte di energia. A tassi di crescita lenti viene prodotto poco lattato e i fluidi del rumine rimangono ben tamponati. Se invece, apportiamo in razione grandi quantità di amido, S. bovis cresce più rapidamente rispetto ad altre specie di batteri ruminali, e questo porta ad una maggior produzione a livello ruminale di acetato, e quindi di lattato.

Le fermentazioni della microflora ruminale arrivano a produrre fino a 160 moli di acidi al giorno (Russell, 2002). La tabella confronta la produzione totale di acidi a livello ruminale con la quota di acidi apportati con l’utilizzo in razione di elevate inclusioni di silomais (10 chilogrammi di sostanza secca al giorno).

Contributo degli acidi insilati dall’ingestione di 30 kg di insilato tal quale al 35% di ss
Fase 1: Calcolare i grammi di acidi prodotti da silomais
Assumere acido lattico al 4% su base S.S. = 10.5 kg SS * 0.04 = 420 g capo giorno
Assumere acido acetico al 2% su base S.S.= 10.5 kg SS *0.02 = 210 g capo giorno
Assumere l'acido propionico all'1% su base S.S. = 10.5 kg SS *0.01 = 105 g capo giorno
Fase 2: Calcolo delle moli di acido presente in razione da silomais
Acido lattico (massa molare = 90,1) = 420 g / 90,1 g / mole = 4.66 moli giorno
Acido acetico (massa molare = 60,0) = 210 g / 60,0 g / mole = 3.49 moli giorno
Acido propionico (massa molare = 74,1) = 105 g / 74,1 g / mole = 1.41 moli giorno
Fase 3: Somma di tutti gli acidi ingeriti con il silomais = 9.56 moli / giorno (o circa il 6% degli acidi quotidianamente prodotti nel rumine)
Fonte: W. Rutherford.

In sintesi

L’apporto totale di acido (in particolare l’acido lattico) da insilati ragionevolmente ben fermentati è solo una piccola frazione del carico totale di acido prodotto dagli organismi presenti nel rumine. E’ quindi improbabile che gli acidi degli insilati svolgano un ruolo importante nell’acidosi lattica o nell’acidosi subacuta ruminale. Al contrario l’utilizzo di insilati scarsamente fermentati può causare depressione dell’ingestione alimentare dovuta principalmente alla presenza di sostanze derivanti dalla degradazione proteica (ammoniaca e ammine) e non dalla presenza di acidi.

 

Pubblicato su Feedstuffs Vol. 83, No. 26, 06, 2011

 

A cura di Bill Mahanna,
Iowa State University Global Nutritional Sciences Manager,
DuPont Pioneer