La zootecnia in questo periodo storico sta cambiando molto rapidamente e si sta trovando ad affrontare nuove e inaspettate sfide sotto vari punti di vista: l’avvento di una pandemia, lo scoppio di un conflitto che coinvolge anche l’Europa, una serie di importanti speculazioni finanziarie e i sempre presenti cambiamenti climatici la stanno costringendo a ricorrere a strategie differenti e a adattarsi ad un mercato stravolto dagli eventi.

In concomitanza con questi importanti cambiamenti strutturali un tema di eguale importanza e impatto affiora prepotente proponendo un’ulteriore sfida: la percezione della zootecnia da parte dell’opinione pubblica

Questo aspetto così importante della comunicazione è stato troppo spesso sottovalutato e poco battuto, come a voler evitare di trattarlo per timore delle conseguenze legate ad una comunicazione sincera di ciò che ruota intorno al mondo zootecnico. In particolare, uno spicchio della società che è stato quasi completamente isolato dal punto di vista comunicativo su questo tema è il mondo dei giovani. 

Da questo punto di vista la zootecnia parla raramente ai giovani, offre pochi e scarni contenuti lasciando un vuoto comunicativo e informativo importante. Tale vuoto è purtroppo stato occupato, perlomeno nel dibattito social, il più frequentato dai giovani, da pagine il cui obiettivo è apertamente quello di screditare la zootecnia. 

Per capire quale sia la percezione dei giovani su questo tema ho affrontato uno studio con il supporto del team di Ruminantia e la guida sapiente di Alessandro Fantini, mentre i dati sono stati elaborati con il supporto della Prof.ssa Marta Brscic e della Dott.ssa in statistica Barbara Contiero dell’Università di Padova. Lo studio si configura come una serie di interviste singole a 20 ragazzi di età compresa tra i 18 e i 34 anni ai quali sono state sottoposte 4 domande generiche sul tema zootecnico.

Le domande vengono qui riportate: 

  1. “Secondo te l’allevamento impatta sull’ambiente/è inquinante?”
  2. “L’allevamento garantisce benessere agli animali?”
  3. “Cosa ne pensi dell’allevamento intensivo?”
  4. “Che caratteristiche dovrebbe avere l’allevamento modello?”

Le risposte sono state inserite in dei wordcloud, dei grafici a nuvola in cui le parole più utilizzate risultano più evidenti in quanto di dimensioni maggiori. Questo ci ha permesso poi di poter trarre delle conclusioni in relazione all’utilizzo dei termini e al loro contesto. I risultati sono stati molto interessanti e hanno offerto uno spaccato della percezione che hanno i giovani della zootecnia.

Risposta 1.

Riposta 2.

Risposta 3.

Riposta 4

Un tema ricorrente comune a tutte le quattro domande è stato l’allevamento intensivo, percepito con preoccupazione da parte della maggior parte degli intervistati. Il termine “intensivo” risulta infatti la parola più utilizzata in due delle quattro domande, in particolare nella domanda sull’impatto ambientale e in quella sul benessere animale.

Nell’opinione comune l’allevamento intensivo risulta più impattante sull’ambiente rispetto ad altre metodiche come l’allevamento estensivo, in contrapposizione con le evidenze scientifiche che vedono il primo meno impattante considerando i kg di proteine prodotte per CO2eq emessa, questo in relazione non solo alla produzione media degli animali, ma anche per la conversione di ampi terreni in pascoli soprattutto in parti del mondo in cui l’allevamento estensivo risulta più diffuso e le tecnologie legate alla zootecnia sono meno avanzate. È superfluo aggiungere quanto sia importante valutare però caso per caso l’impatto di un’azienda per poter avere un’idea specifica. L’allevamento bovino è considerato inoltre, in rapporto alle altre produzioni zootecniche, quello più impattante, soprattutto in relazione alla carne bovina, dato questo che viene suffragato da studi scientifici sul tema. Discorso a parte può essere affrontato per il tema del benessere animale per cui nella percezione degli intervistati gli allevamenti intensivi non garantiscano il necessario benessere agli animali in quanto non offrono i giusti spazi e la possibilità di vivere in maniera “naturale” cosa che invece, riferiscono, possono avere vivendo al pascolo.

Rilevante risulta poi il tema della macellazione, il quale crea una delle più grandi preoccupazioni tra i giovani che faticano ad affiancare tale pratica ad un concetto di benessere. Tra le preoccupazioni maggiori dei giovani c’è poi il tema dello spreco alimentare e della sovrapproduzione, soprattutto di carne, associata ad un’eccessiva richiesta da parte dei consumatori e da un eccessivo consumo che va oltre le linee guida offerte dall’OMS e dal CREA su una sana alimentazione, i quali prevederebbero 2-3 porzioni di carne la settimana. 

In linea generale, perciò, si evince dallo studio che i giovani presentano molti dubbi e preoccupazioni circa la zootecnia, si pongono varie questioni etiche e presentano un’importante sensibilità ambientale. È anche vero però che vi sono vari stereotipi e bias cognitivi, ovvero pregiudizi legati ai propri principi, ideologie e convinzioni difficili da eradicare. Questo in particolare dipende in parte da uno scarso investimento comunicativo messo in atto dal settore zootecnico soprattutto nei confronti dei giovani, con la conseguenza che tale gap comunicativo è stato riempito da pagine social che diffondono clip che “gettano luce” su avvenimenti nel mondo della zootecnia, in particolare nel trattamento degli animali, decontestualizzando spesso ciò che viene ripreso o prendendo in considerazione atti illeciti spacciati come normalità e quotidianità.

Urge una migliore e più attenta comunicazione da parte del settore zootecnico anche nei confronti dei giovani, i quali saranno la forza trainante, come consumatori e non solo, dei prossimi anni; una comunicazione che possa essere il meno possibile edulcorata e fittizia e che si basi sulle evidenze scientifiche più aggiornate, disposta a mostrare la realtà dell’allevamento anche attraverso i mezzi social. Il rischio è quello di ritrovarsi con un settore che nei prossimi anni risulterà invecchiare sempre più e da cui i giovani vorranno allontanarsi anziché avvicinarsi.