Formaggi dai molti aspetti, aromi e sapori

Il titolo del film “Il buono, il brutto, il cattivo”, che Sergio Leone dirige nel 1966, nel 2013 ha ispirato Marcellino O. S. e Benson D. R. a dare lo stesso nome ad una ricerca sulla storia naturale dei formaggi, ed in particolare sui microrganismi che intervengono nella loro fermentazione (Marcellino O. S., Benson D. R. – The Good, the Bad, and the Ugly: Tales of Mold-Ripened CheeseMicrobiol Spectr. 2013, October,1, 1). Come nel film di Sergio Leone nei tre protagonisti coesistono bellezza e bruttezza, umanità e ferocia, allo stesso modo i differenti fermenti possono dare ai formaggi dolce bontà, aspetti a prima vista sconcertanti, sapori acidi o piccanti.

Formaggi una storia naturale

Come sottolineano molti ricercatori, e tra questi Marcellino e Bendson, la storia della produzione di formaggio è una storia naturale nella quale animali, microrganismi e ambiente interagiscono per produrre un cibo che per il suo aspetto, sapore e aroma diviene anche espressione di una cultura, assicurando il fascino delle mille tipologie e varietà dei formaggi che vediamo presenti anche in Italia. Buona parte di questo fascino deriva dalla grande varietà di caratteri organolettici, soprattutto sapori, che il formaggio può assumere come risultato di dettagli anche apparentemente piccoli che riguardano l’ambiente di produzione del latte e le diverse fasi della sua preparazione, dalla cagliatura alla stagionatura.

Nella lunga e diversificata storia dei formaggi, diverse sono le radici e le tipologie di caseifici e del loro sviluppo, influenzate e determinate da una grande varietà di culture umane nel corso dei secoli. I casari tradizionali hanno osservato empiricamente che alcuni ambienti e processi producevano i migliori formaggi, selezionando inconsapevolmente microrganismi con le migliori proprietà biochimiche per lo sviluppo di aromi e consistenze (texture) auspicabili.

Importanza dei funghi nella stagionatura dei formaggi

Nella formazione delle caratteristiche dei formaggi a media e lunga maturazione e stagionatura è molto importante, se non determinante, il ruolo dei funghi. Tra questi, Geotrichum candidum riveste un ruolo particolare; mentre rilevanti sono le condizioni che favoriscono la crescita di altri funghi, come Mucor e Scopulariopsis, nonché degli Arachnida (acari del formaggio), che in quanto contaminanti dovrebbero essere evitati. Per la qualità e bontà dei formaggi è dimostrato il contributo di Geotrichum che ha un’elevata diversità nei numerosi ambienti di stagionatura dei formaggi tradizionali. Le tecniche di produzione tradizionali hanno selezionato ceppi di funghi con particolari caratteristiche. Diverse ricerche permettono di ritenere che la diversità del ceppo di Geotrichum è legata alla tradizione e alla storia delle regioni dove i differenti tipi di formaggi sono nati e si sono sviluppati.

Microbiota dei formaggi a latte crudo tradizionali

I rischi e i benefici dati dal consumo dei formaggi tradizionali, e principalmente di quelli ottenuti da latte crudo, sono oggetto di discussione e raramente stabiliti in modo obiettivo, dando spesso origine ad un confuso dibattito sui loro pro e contro, nonostante i risultati delle diverse ricerche scientifiche in proposito, tra cui quella di Montel e collaboratori sulle particolarità del benefico microbiota (insieme dei microrganismi) nei formaggi tradizionali e su gli aspetti sensoriali, l’igiene e i possibili benefici per la salute associati al consumo di questo alimento (Montel M. C. e coll. – Traditional cheeses: rich and diverse microbiota with associated benefits – Int J Food Microbiol. 2014 May 2; 177:136-54).

La diversità microbica alla base dei benefici dati dal formaggio ottenuto da latte crudo dipende dal microbiota del latte e dalle pratiche tradizionali di lavorazione, compresa la pratica dell’inoculo con la quale si mantiene e si trasferisce il microbiota da una lavorazione all’altra. La pratica di lavorazione del formaggio tradizionale aiuta a mantenere la ricchezza del microbiota nei singoli formaggi e al tempo stesso assicura la costanza delle loro caratteristiche di tipicità locale. Ad oggi, le ricerche hanno identificato nel latte crudo più di quattrocento specie di batteri lattici, oltre a batteri Gram-positivi e catalasi-positivi, batteri Gram-negativi, lieviti e muffe, in una biodiversità quasi infinita che diminuisce all’interno del formaggio, dove resiste un piccolo numero di specie di batteri lattici. Sulla superficie dominano invece numerose specie di batteri, lieviti e muffe, che possono insinuarsi all’interno della forma, se vi sono spazi aerati, come nel formaggi detti erborinati. La diversità tra i formaggi è la conseguenza delle ampie variazioni della dinamica del microbiota che è diverso nei differenti formaggi e più ampio in quelli ottenuti da latte crudo, conferendogli un aroma ricco e intenso. Ciò è dovuto principalmente al fatto che un abbondante microbiota nativo si esprime nei formaggi ottenuti da latte crudo e non si riscontra nei formaggi ottenuti da latte pastorizzato o microfiltrato, e quindi debatterizzato. Rispetto ai ceppi microbici commerciali usati nella preparazione di formaggi con latte pastorizzato o microfiltrato, i batteri lattici “indigeni” del latte crudo e isolati da latte e/o formaggio, e i microrganismi presenti sulla superficie dei formaggi o nelle salamoie tradizionali producono composti aromatici più complessi e con migliori caratteristiche sensoriali.

Azioni antinfettive del microbiota naturale

La complessa composizione del microbiota dei formaggi tradizionali prodotti con latte crudo determina anche la loro capacità di contrastare la crescita di agenti patogeni, con un’attività che è maggiore di quella attribuita agli inibitori naturali non microbici del latte. Per questo il naturale microbiota dei formaggi ottenuti da latte crudo può proteggere contro lo sviluppo della Listeria monocytogenes, sia nella parte centrale che sulla superficie dei formaggi, e anche sui piani di legno delle tradizionali apparecchiature di stagionatura. L’azione inibitoria contro batteri patogeni del microbiota naturale dipende anche dal fatto che questo crea dei biofilm protettivi sul formaggio e sulle superfici di legno. Anche se questi meccanismi inibitori non sono stati ancora completamente chiariti, l’azione di contrasto sembra essere associata alla composizione qualitativa e quantitativa del microbiota nel suo complesso, piuttosto che a sue singole componenti. Studi trasversali e di coorte mettono in evidenza una forte associazione del consumo di latte crudo e protezione contro le malattie allergiche e/o atopiche, mentre sono necessari ulteriori studi per determinare se tale associazione si estenda anche al consumo di formaggi tradizionali prodotti con latte crudo. Futuri studi potranno servire a decifrare il modo in cui i tradizionali ecosistemi del formaggio si formano e funzionano, aprendo la strada a nuovi metodi di gestione della qualità e della sicurezza dei formaggi, ma anche del loro valore probiotico. La parola “Probiotico” deriva dal latino e significa a favore della vita. Molto tempo prima della scoperta dei microrganismi probiotici, alimenti da questi fermentati, come la birra, il pane, il vino, il kefir, il kumis e i formaggi, erano molto usati per scopi nutrizionali e terapeutici. È opinione diffusa che i prodotti fermentati siano stati probabilmente trovati, o meglio scoperti, casualmente. Una leggenda racconta infatti che lo yogurt sarebbe stato il risultato di una fermentazione all’interno delle borse di pelle animale utilizzate per il trasporto di latte in regioni con bassa umidità e alte temperature (Asia centrale e Medio Oriente).

La storia dei probiotici va di pari passo con l’evoluzione della specie umana e, grazie alle sofisticate tecniche del momento, può essere fatta risalire ai tempi antichi, circa diecimila anni fa. Le prime osservazioni scientifiche sugli effetti positivi dei probiotici sulla salute dell’uomo risalgono però all’inizio del XX secolo per merito del premio Nobel Eli Metchnikoff che ha ipotizzato come questi effetti possano derivare da un miglioramento dell’equilibrio microbico intestinale con inibizione dei batteri patogeni. Attualmente sono disponibili dati sull’efficacia dei probiotici nell’attenuazione di malattie infiammatorie croniche intestinali, prevenzione e trattamento di diarrea provocata da microrganismi patogeni, infezioni urogenitali e malattie atopiche. Sono tuttora oggetto di studio le interazioni tra probiotici e sistema immunitario e il loro potenziale uso come antitumorali, nei casi di diarrea associata agli antibiotici, diarrea del viaggiatore, diarrea in età pediatrica, malattia infiammatoria intestinale e sindrome del colon irritabile.

Formaggi da latte crudo: il buono, il brutto e il cattivo

Da almeno diecimila anni l’uomo produce formaggi e gode del piacere e dei benefici del loro consumo che attribuiscono a questo alimento il carattere di “buoni”, anche se di aspetto a volte (e in modo sbagliato) ritenuti “brutti” perché rugosi, irregolari o di colore diverso e incostante; troppo spesso dimenticando che i formaggi prodotti con latte crudo sono ricchi di un microbiota capace di produrre fermentazioni in grado di contrastare i batteri “cattivi” dando ai formaggi dolce bontà, aspetti di colore, aroma e consistenza quanto mai diversi ed una grande varietà di sapori.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, é stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.