Un numero ormai piuttosto consistente di ricerche scientifiche ha lanciato l’allarme sui rischi che ha per la salute umana il consumo dei cibi ultraprocessati. Questi alimenti sono inoltre diventati il vero competitor dell’agricoltura e dell’allevamento.

La gente è da un lato tempestata dalle campagne contro l’allevare gli animali e l’agricoltura, e dall’altro è adescata da sapienti campagne d’informazione (o meglio, disinformazione) sui grandi vantaggi dati dal consumo di cibi artificiali per la salute delle persone, il benessere degli animali e la tutela dell’ambiente.

Un concetto ormai ampiamente condiviso dalla comunità scientifica, dai medici e da buon parte dell’opinione pubblica è che la dieta mediterranea è il toccasana per la salute dell’uomo. È ben diversificata, ricca di vegetali, di vitamine e minerali di origine naturale, e di grassi insaturi, e non è priva dei prodotti di origine animale come latte, carne, uova e pesce.

L’indicazione di mangiare di tutto un pò è una semplificazione che ha però robuste conoscenze scientifiche e storiche alle spalle. Con la dieta mediterranea si può evitare di assumere integrazioni vitaminiche e minerali supplementari, acidi grassi insaturi o amminoacidi di sintesi.

Fonte: Fondazione Umberto Veronesi

Ruminantia sta investendo molti dei suoi sforzi nel diffondere, tramite la rubrica Etica & Salute, pubblicazioni scientifiche che valutano in maniera oggettiva il rapporto reale di questi alimenti artificiali con salute e ambiente.

In uno dei tanti articoli originali dal titolo “Alimenti ultraprocessati: cosa sono e come identificarli” abbiamo voluto aiutare i nostri lettori a riconoscere i cibi ultraprocessati, di cui i supermercati e le case sono pieni, e a capire quali nutrienti e additivi in essi contenuti possono avere un impatto negativo sulla salute.

Iniziamo con le definizioni.

Gli alimenti ultraprocessati sono definiti all’interno del sistema di classificazione NOVA, che raggruppa gli alimenti in base all’entità e allo scopo della lavorazione industriale. I processi che consentono la produzione di alimenti ultra-lavorati comprendono il frazionamento di alimenti interi in sostanze, modifiche chimiche di tali sostanze, assemblaggio di sostanze alimentari non modificate e modificate, uso frequente di additivi cosmetici e imballaggi sofisticati. 

I processi e gli ingredienti utilizzati per produrre alimenti ultraprocessati sono progettati per creare prodotti altamente redditizi (ingredienti a basso costo, lunga durata di conservazione, marchio enfatico), convenienti (pronti al consumo) e iper-appetibili, suscettibili di sostituire tutti gli altri prodotti NOVA gruppi alimentari, in particolare alimenti non trasformati o minimamente trasformati. 

Un modo pratico per identificare un prodotto ultraprocessato è verificare se la sua lista degli ingredienti contiene almeno un elemento caratteristico del gruppo degli alimenti ultraprocessati NOVA, vale a dire sostanze alimentari mai o raramente utilizzate in cucina (come sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, oli idrogenati o interesterificati e proteine ​​idrolizzate) o classi di additivi progettati per rendere il prodotto finale appetibile o più appetibile (come aromi, esaltatori di sapidità, coloranti, emulsionanti, sali emulsionanti, dolcificanti, addensanti e agenti antischiuma, riempitivi, schiumogeni, gelificanti e glassanti)”.

A titolo d’esempio, sono cibi ultraprocessati le bevande gassate e zuccherate, gli snack, le merendine e le barrette confezionate, le creme spalmabili, molti prodotti per la colazione, le salse istantanee, piatti e pizze pronte e confezionate, i wurstel, le patatine, il pane industriale, le zuppe confezionate e molti cibi “vegani” che utilizzano però nomi riconducibili a quelli originali fatti con proteine di origine animale, come gli “hamburger vegani” e quant’altro.

Secondo quanto riportato nella pagina web della Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, i cibi ultraprocessati aumenterebbero del 30% il rischio del cancro colon-retto.

Nei cibi ultraprocessati, per renderli così gratificanti e “rassicuranti”, si fa ampio impiego di additivi che hanno lo scopo di esaltarne il sapore e l’odore. Molte di queste sostanze, seppur consentite, possono essere potenzialmente pericolose per la salute.

Personalmente, leggo ogni numero della rivista Il Salvagente che trovo sempre interessante. Nel numero di maggio 2024 da pagina 46 a 50 vengono elencati e descritti gli esaltatori di sapidità e gli edulcoranti che si possono trovare nei cibi ultraprocessati. Ricevuta l’autorizzazione dal direttore Riccardo Quintili, pubblichiamo di seguito le tabelle che li riportano.

In rosso sono indicati gli additivi da evitare, in giallo quelli sospetti e in verde quelli sicuri.

Il Salvagente – Maggio 2024, pag. 46

Il Salvagente – Maggio 2024, pag. 47, 48

Il Salvagente – Maggio 2024, pag. 48, 49, 50

Conclusioni

I cibi ultraprocessati prodotti e commercializzati dalle multinazionali del cibo si stanno diffondendo a macchia d’olio e stanno entrando, anche inconsapevolmente, nelle diete di moltissime persone.

Nonostante la scienza ne abbia dimostrato la pericolosità per la salute, pochi o nulli sono i provvedimenti legislativi presi per scoraggiarne o limitarne il consumo e, cosa forse più grave, né media né movimenti si sono attivati per dissuaderne l’utilizzo.

Fa pensar male invece che i cibi naturali, specialmente quelli di origine animale, e quelli fermentati siano oggetto di una massiccia, e a quanto pare ben finanziata, campagna denigratoria.

Una campagna pubblicitaria del passato finalizzata alla prevenzione dell’AIDS diceva “Se lo conosci non ti uccide”, monito che per certi versi può essere utile anche quando si affronta la questione del cibo artificiale.