Sono ormai passati 30 anni da quando si è cominciato ad affrontare a livello scientifico e poi tecnico il modo di prevenire lo stress da caldo. C’è anche da dire che, nonostante le conoscenze siano aumentate e le temperature medie, minime e massime siano in rapido incremento, poco in pratica si fa negli allevamenti a livello nutrizionale e gestionale, ad eccezione della diffusione dei sistemi di raffrescamento diretto e indiretto degli animali.
Iniziamo questa analisi su come dovrebbe evolvere il modo di gestire lo stress da caldo dalle temperature.
Nella figura 1 si può vedere l’andamento delle variazioni di temperatura rispetto alla media 1991-2020 in Europa fino al 2023.
La media per questo ultimo periodo di 12 mesi è superiore di 0,85°C rispetto a quella del periodo 1991-2020. Il 2020 è stato l’anno solare più caldo mai registrato per l’Europa, con una temperatura di 1,19°C sopra la media del periodo 1991-2020.
I cambiamenti delle diete, sia in prevenzione che in “terapia”, dovrebbero essere molto drastici quando fa caldo sia per le bovine in lattazione che in asciutta e in accrescimento, ma sono poco richiesti e proposti, anche se ciò è difficile da dimostrare con numeri certi.
La sensazione è che si sia delegata la prevenzione e il trattamento dello stress da caldo alla sola azione di raffrescamento. Di positivo c’è che il metodo di gestione del raffrescamento degli animali e dell’ambiente si è altamente standardizzato, con le dovute peculiarità e originalità che ogni costruttore d’impianti mette giustamente in campo.
Noi di Ruminantia ci siamo chiesti se l’attuale paradigma di gestione del raffrescamento sia stato in grado di limitare i danni di breve e medio periodo che lo stress da caldo provoca alle bovine da latte. Allo scopo abbiamo scritto sul numero di Ruminantia Mese di marzo 2024 un articolo divulgativo dal titolo “Cambiare il paradigma per prevenire lo stress da caldo: ovvero il post THI” nel quale ci siamo chiesti se la regolazione automatica degli impianti utilizzando il THI sia ancora il metodo giusto da seguire. Solo la lettura dei dati e non le sensazioni possono far ritenere lecito questo nostro dubbio.
Allo scopo abbiamo chiesto aiuto ad ANAFIBJ che ci ha prontamente fornito le preziose informazioni richieste.
Dalla figura 2 si evidenzia come la produzione media pro-capite della frisona italiana selezionata da ANAFIBJ abbia, come nel resto delle aree geografiche dell’emisfero boreale, un andamento caratterizzato da una produzione più alta in primavera che in autunno, spesso anche a parità di THI esterno e giorni medi di lattazione.
Nella figura 3 il dettaglio dei singoli anni suddivisi per primipare e pluripare.
La spiegazione di questo andamento caratteristico della produzione delle bovine da latte è molto complessa. Ha sicuramente un effetto condizionante il fotoperiodo, ovvero il passaggio tra il solstizio d’estate (20 o 21 Giugno) a quello d’inverno (21 o 22 dicembre) e viceversa. Altro fattore fortemente condizionante sono le alte temperature estive e una sorta di stagionalità dei parti (figura 4), ormai ciclica e ricorrente, che condiziona direttamente l’andamento caratteristico dei giorni medi di lattazione che hanno il nadir tra aprile e maggio e l’azimut nei mesi di dicembre e gennaio.
La spiegazione di questa situazione è complessa, e anche in questo caso è complice il fotoperiodo e lo scarso successo riproduttivo che si ha nei mesi estivi ma che si estende all’autunno inoltrato per un probabile effetto dello stress da caldo sulle bovine a fine gravidanza.
Sappiamo che lo stress da caldo accresce l’incidenza del tasso di morte embrionale precoce a causa dell’aumento, anche di solo mezzo grado centigrado, della temperatura corporea della madre e riduce l’entità del comportamento estrale. L’aumento dello stato infiammatorio estivo delle mammelle e dell’acidosi ruminale a causa della prostaglandina prodotta ha un sicuro effetto luteolitico, e quindi negativo, sulla produzione di progesterone da parte del corpo luteo.
Per capire se gli ingenti investimenti fatti dagli allevatori sugli impianti di raffrescamento e la loro gestione, e se gli eventuali interventi adottati, abbiano dato i risultati attesi, abbiamo voluto analizzare i dati che ha prodotto ANAFIBJ.
Nelle figure 5 e 6 sono stati confrontati i mesi dell’anno del periodo compreso tra il solstizio d’estate e quello d’inverno con giorni medi lattazione simili e con presumibili simili THI.
I mesi individuati con i criteri prima esposti sono Aprile e Ottobre. Si può vedere come in un arco temporale così ridotto, la differenza produttiva, a parità di giorni medi di lattazione, sia significativamente peggiorata, soprattutto negli anni 2022 e 2023. Come si evidenzia dalla prima tabella tratta da Copernicus, l’estate 2021 è stata piuttosto mite rispetto alla precedente e alla successiva.
Conclusioni
Basandosi sulle esperienze empiriche d’allevamento e sui dati forniti da ANAFIBJ sembra essere evidente che il contrasto allo stress da caldo debba fare un salto di qualità. Chi si occupa di clima ha elaborato previsioni non rassicuranti sul futuro, anche perché pochi o nulli sono i provvedimenti che si stanno prendendo per contrastare il surriscaldamento della Terra per cause antropiche.
Sarebbe probabilmente più saggio e lungimirante classificare lo stress da caldo non come patologia ma come sindrome, e ciò renderebbe evidente che serve un approccio olistico o plurifattoriale. La selezione genetica italiana delle frisona targata ANAFIBJ ha sviluppato un indice genetico IHT (Indice Tolleranza al caldo) che permette di stimare la componente genetica responsabile della tolleranza al caldo negli animali.
Sono stati utilizzati i dati delle stazioni meteorologiche, dislocate in numerose aree del territorio nazionale. ANAFIBJ ha georeferenziato 147 stazioni metereologiche, ma anche tutti gli allevamenti, considerando le specifiche latitudini e longitudini. Ciò ha consentito di calcolare la distanza tra ciascuna stazione meteo e ciascun allevamento. Per ogni allevamento sono state considerate le stazioni meteo più vicine, aggiungendo a tutti i controlli funzionali in azienda le informazioni meteorologiche.
Per la stima del THI si utilizzano la temperatura massima giornaliera e l’umidità relativa giornaliera. La media dei 7 giorni precedenti il controllo funzionale (1-7d) rappresenta il periodo con maggiore effetto sulle produzioni di latte. Il carattere tolleranza al caldo è un carattere ereditabile: quest’ultimo mostra un valore di ereditabilità pari al 16%, ad indicare la possibilità di selezionare per animali che siano più resistenti alle alte temperature.
Ma quanto pesa la genetica? A questo scopo sono stati identificati due gruppi di tori con oltre mille figlie:
- tori con media indici IHT uguale o superiore a 105;
- tori con media indice IHT uguale o inferiore a 95.
In questi due gruppi sono state identificate due stagioni di produzione, ovvero “estate” e “inverno”:
- nel gruppo TOP (IHT ≥ 105) è stata rilevata una differenza di produzione tra estate e inverno pari a -2,7 kg/d;
- nel gruppo LOW (IHT ≤ 95) la differenza di produzione tra estate e inverno risulta pari a -3,6 kg/d.
Si riscontra tra i due gruppi una differenza di circa 1 kg di latte, ad indicare la possibilità di distinguere in modo corretto, attraverso l’indice IHT, gli animali più resistenti da quelli più suscettibili, che presentano un calo di produzione maggiore.
Ad Aprile 2024 è stata rilasciata una nuova versione dell’indice IHT che considera non solo la produzione di latte ma anche i contenuti di grasso e proteine.
Sul fronte dell’alimentazione le conoscenze sono tante e sarebbe sufficiente applicarle, mentre sul fronte raffrescamento sarà necessario rivedere i paradigmi che ci hanno condotto fino a qui ma che alla luce dei fatti non sono più in grado di prevenire lo stress da caldo come in passato perché le temperature medie, minime e massime stanno inesorabilmente aumentando e le bovine, ingerendo di più, producono una maggiore quantità di calore da smaltire.
Autori
Gloria Manighetti, Maurizio Marusi (ANAFIBJ) e Alessandro Fantini (Ruminantia).