Formaggio su un piatto di pesce

È recente la notizia del cuoco sardo Massimiliano o Massimo Donati che, nel ristorante pizzeria di cucina italiana Maximo Italian Bistrot in Inghilterra, si è rifiutato di soddisfare un cliente che ha chiesto di aggiungere del formaggio parmigiano a un piatto a base di pesce. Ne è nata una discussione che avuto come conseguenza una recensione negativa su Trip Advisor e una replica del cuoco. Il tutto è finito poi sui tabloid londinesi. Quando la notizia è arrivata in Italia, si è accesa una controversia sulla liceità dell’uso del formaggio nei piatti di pesce e se questo sia un tradimento di una più o meno supposta o convalidata tradizione della cucina italiana. Tralasciamo molti aspetti di quanto avvenuto e non discutiamo se il cuoco abbia il dovere di soddisfare ogni gusto del cliente (“il cliente ha sempre ragione”) oppure debba salvaguardare l’identità della cucina del suo locale o della sua preparazione. Da un punto di vista antropologico è invece interessante considerare il rapporto tra il formaggio e il pesce nella cucina italiana, e alcuni aspetti della fenomenologia di questa relazione.

Antropologia e culture umane

L’antropologia studia le consuetudini e i numerosi fenomeni della cucina, comprese le permissioni e i tabù che in qualche caso sono assurti anche a regole religiose, come il divieto agli ebrei e musulmani di cibarsi di carni di maiale e altri animali, o per gli ebrei di mangiare animali acquatici se non con squame o pinne oppure di consumare nello stesso piatto o pasto carne e latte. Alcune culture sembrano non avere divieti: è noto il detto che un cinese mangia tutto quel che sulla terra ha quattro gambe meno il tavolo, quello che vi è nell’acqua meno la barca o ogni cosa che vola meno gli aquiloni. Nella grande maggioranza delle società sono invece presenti divieti alimentari che spesso, anche se non codificati, sono contenuti nella tradizione e nelle ricette tipiche tramandate di madre in figlia. Tra queste consuetudini in Italia vi era quella di non aggiungere formaggi o prodotti lattiero-caseari ai piatti di pesce.

Antinomia tradizionale tra pesce e cibi lattiero-caseari

L’antinomia tra formaggi e prodotti lattiero-caseari da una parte, e pesci e prodotti ittici dall’altra, presente nelle cucine italiane del passato, si collega al diverso modo di vivere e di procurarsi il cibo delle società dei pastori e di quelle dei pescatori. Un’antinomia che non vediamo solo in Italia, ma anche, ad esempio, in Israele ai tempi di Cristo che nelle sue parabole e miracoli distingue pastori e pescatori. I pastori e i pescatori possono scambiarsi i loro formaggi e i loro pesci ma limitatamente, e in cucina non li mischiano nello stesso piatto o ricetta, soprattutto quando entrambi i cibi (formaggio o pesce) sostituiscono una carne scarsa o vietata da regole religiose. Come gli ebrei non mangiano contestualmente carne e latte, allo stesso modo i cristiani, anche per un’economia di risparmio proteico, tendono a non mangiare assieme pesce e formaggio o altri prodotti lattiero-caseari. Da qui nasce l’abitudine, se non la tradizione, di non aggiungere formaggio ai piatti di pesce e al tempo stesso non si sviluppa un gusto del pesce al formaggio.

Formaggi e pesce nell’innovazione della cucina

Attualmente sono cadute le barriere culturali tra pastori e pescatori, e soprattutto sono scomparse le restrizioni che portavano a sostituire la carne con il pesce da parte dei ricchi o con i formaggi da parte dei poveri. Con una maggiore disponibilità economica e da quando gli italiani di ogni ceto hanno iniziato a viaggiare e a conoscere altre cucine, prendono piede e si diffondono sperimentazioni alla ricerca di nuovi gusti e, soprattutto, di nuove combinazioni.

Niente formaggio sui funghi, si diceva una volta. Oggi invece con certi funghi coltivati che non hanno un deciso sapore sono ammessi alcuni tipi di formaggio, soprattutto quelli ricchi di glutammato e quindi con un netto gusto umami. Lo stesso sta avvenendo per talune preparazioni di pesce nelle quali, negli ultimi anni, si stanno esercitando anche i cuochi italiani, seguendo cuochi stranieri che già si erano cimentati nell’uso di formaggi ricchi di gusto umami nella preparazione di piatti di pesce e altri prodotti ittici di sapore non marcato, come seppie o calamari, evitando in questo modo la frittura o la gratinatura con la quale si nobilitavano pesci di limitato sapore o gusto (fish and chips degli inglesi).

In una sperimentazione in corso, della quale sono protagonisti diversi cuochi italiani, formaggi di scarso sapore specifico o la ricotta sono usati per raccogliere ed esaltare il profumo, l’aroma e il gusto di pesci o prodotti ittici quali mitili, granchi e perfino ostriche.

Questa ricerca non contraddice la tradizione della cucina del pesce, ma sta creando una nuova consuetudine, come è avvenuto per l’accoppiamento con il vino. Fino alla metà del secolo scorso con il pesce si beveva il vino che c’era e in gran parte vini rossi. È soltanto dalla seconda metà del secolo scorso che ai piatti di pesce si sono iniziati ad accostare i vini bianchi, dando origine a una nuova tradizione della quale nessuno si lamenta.

Formaggi nella cucina del pesce

I formaggi e altri prodotti caseari non sono solo cibi, ma anche ingredienti di cucina. Lo sono stati fin da quando il formaggio ha sposato la pasta, come dimostrano gli gnocchi conditi con formaggio parmigiano del paese di Bengodi ricordati da Giovanni Boccaccio o il detto proverbiale del cacio sui maccheroni e della ricetta di cacio e pepe. Nel corso della lunga strada percorsa dei formaggi come ingredienti di cucina, alle paste sono seguite le verdure (celebri le parmigiane di melanzana e altri ortaggi) e poi le carni (come la Costoletta alla Bolognese, la Rosa di Parma, gli hamburger dei fast food). Ora formaggi e prodotti caseari, continuando la loro inarrestabile marcia come ingredienti di successo anche nell’alta gastronomia italiana, stanno entrando nella cucina del pesce e dei prodotti ittici.

Ovviamente, come esiste una Costoletta alla Milanese senza formaggio e una Costoletta alla Bolognese con formaggio, devono continuare ad esistere anche le ricette di antica tradizione di pesce senza formaggio, ma non si possono vietare nuove ricette di pesci e altri prodotti ittici (mitili, astici ecc.) con formaggi scelti tra quelli che danno un migliore abbinamento di gusto.

La tradizione non è un’urna di ceneri da venerare e conservare intatta, ma è un fuoco da tenere continuamente vivo con l’aggiunta di legna sempre nuova. Come la cravatta è una tradizione importata dai soldati croati, che dalla metà del XVI secolo ha dominato il vestire civile anche italiano e che oggi sta scomparendo sostituita da altre tradizioni, e nessuno sembra lamentarsi, lo stesso sta avvenendo anche in alimentazione, dove i formaggi anche in Italia iniziano ad invadere la cucina del pesce dando avvio a quelle che diverranno future tradizioni.

Se un tempo si diceva “al villan non far sapere quant’è buono il formaggio con le pere”, un domani si potrà probabilmente dire “l’uomo saggio mangia il pesce col formaggio.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.