Le proteine, in particolare la caseina, rappresentano il vero valore del latte e per questo tutti i ruminanti da latte (bovine, bufale, pecore e capre) sono soggetti a piani di miglioramento genetico per questo carattere o fenotipo, unitamente al grasso. Nell’indice di selezione italiano della frisona (PFT) la proteina ha un “peso relativo” di 36 kg e il grasso 8 kg. Nel TPI statunitense, la proteina e il grasso “pesano” rispettivamente 17 e 21 kg. Nell’indice di selezione della frisona israeliana (PD11) la proteina è positiva di ben 23.7 kg e il grasso 7.9 kg. Nel nostro paese oltre il 70% del latte viene trasformato in formaggi ed in particolare il 50% in quelli a denominazione protetta come DOP e IGP per cui avere bovine che producono sempre più proteine del latte ha i suoi indubbi vantaggi. La generica concentrazione caseinica del latte è un carattere ad alta ereditabilità (h2= 0.35) ma anche l’attitudine casearia (h2= 0.25-0.28 per R e h2= 0.15-0.41 per A30). Abbiamo descritto nell’articolo precedente che la proteina del latte si compone di caseine e siero-proteine ed ognuna di esse influenza positivamente o negativamente la concentrazione proteica del latte e la sua attitudine casearia. Inserire nella selezione genomica le singole caseine e siero-proteine e le loro varianti genetiche può avere ripercussioni negative e positive anche sulla salute umana.

 

 

Sia le caseine che le siero-proteine vengono codificate da geni espressi a livello mammario (6 geni strutturali) e presenti in cromosomi diversi; in particolare, i geni che codificano per la caseina si trovano nel cromosoma 6, mentre quelli relativi alle siero-proteine sui cromosomi 5 e 11. Come riportato nella tabella, ciascuna proteina contenuta nel latte ha numerose varianti in quanto il polimorfismo proteico è molto elevato. Il gene CSN1S1 codifica la caseina αs1, il gene CSN1S2 codifica la caseina αs2, il gene CSN2 la codifica la β-caseina e il gene CSN3 codifica la k-caseina.

Le caseine αs1, αs2, e la siero-proteina β-lattoglobulina non sono presenti nel latte umano e pertanto possono essere potenziali allergeni.

La conoscenza esatta della frequenza di quali caseine e sieroproteine, comprese le varianti, nelle varie razze da latte e nei singoli soggetti può migliorare la resa e l’attitudine casearia del latte ed evitare la formazione di peptidi bioattivi potenzialmente pericolosi per la salute umana. Questi concetti possono risultare più chiari con alcuni esempi.

Poulsen ed altri hanno condotto un esperimento poi pubblicato sul Journal of Dairy Science nel 2013 (JDS 96:4830-4842) per verificare se ci fosse una differenza nell’attitudine casearia tra le tre principali razze bovine scandinave e quante fossero le bovine che producono latte che non coagula. Il latte analizzato fu raccolto da 1299 vacche tra frisone, Jersey danesi e rosse svedesi. La razza Jersey ha dimostrato di produrre un latte con una superiore attitudine casearia, mentre il 2% delle bovine di razza frisona danese e ben il 16% di razza rossa svedese hanno prodotto latte che non coagula affatto. Le bovine sono state poi genotipizzate per verificare la frequenza delle varianti dei geni CSN1S1, CSN2 e CSN3. Le varianti C del CSN1S1 e B sia del CSN2 che del CSN3 sono quelle che influenzano positivamente l’attitudine casearia del latte, mentre la variante A2del CSN2 ha effetti molto negativi su questo fenotipo.

Durante i processi industriali di lavorazione del latte e nel corso della digestione gastro-intestinale dalla rottura in determinati punti delle diverse varianti delle caseine e delle siero-proteine si possono produrre peptidi bioattivi che possono avere effetti benefici o deleteri sulla salute umana in quanto i soggetti predisposti, come quelli con la barriera intestinale alterata e quindi ad aumentata permeabilità, tali peptidi si possono trasferire nel sangue e raggiungere organi specifici. Ad esempio dalle α e le β caseine si possono produrre casomorfine, che si comportano come agonisti oppiodi, oppure casochinine, che sono agenti anti-ipertensivi, o immunopeptidi, che si comportano come immunoregolatori, e fosfopeptidi che hanno la funzione di essere carriers dei minerali. Dalle k-caseine si possono formare casoxine, che si comportano come antagonisti oppioidi, e le casopiastrine dagli effetti antitrombotici. Agonisti oppiodi come le α-lattorfine e le β-lattorfine si possono formare rispettivamente dalla α-lattoalbumina e dalla β-lattoglobulina.

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Esempio “famoso” è quello delle varianti A1 e A2 della β-caseina. Tra queste due varianti la differenza è data dalla presenza dell’amminoacido istidina in posizione 67 di questa caseina nella variante A1 mentre della prolina nella variante A2.  Secondo quanto supposto diversi anni fa da Keith Woodford, dalla rottura in posizione 67, ossia a livello dell’amminoacido istidina, della variante A1 della β-caseina, a causa della digestione intestinale, si libera il peptide beta-caso-morfina 7 (BCM-7) che nei soggetti predisposti può passare la barriera intestinale ed esercitare effetti molto negativi sulla salute dell’uomo come un maggiore tasso di mortalità, ischemia cardiaca, autismo, schizofrenia e diabete tipo-1. In pratica, bovine omozigoti per la variante A1 della β-caseina (A1A1) producono latte con la variante A1. La variante A1 è molto frequente nella frisona (0.31-0.66), nella Ayrshire (0.43-0.72) e nelle vacche rosse (0.71). Un’alta frequenza della variante A2 è stata osservata nelle razze Guernsey (0.88-0.97), e Jersey (0.49-0.72). Molti centri genetici hanno individuato tori frisoni portatori della variante A2 e recentemente (2018) la grande cooperativa del latte neozelandese Fonterra ha siglato un accordo con la società, sempre neozelandese “The A2 milk company”, che detiene il brevetto internazionale per la ricerca genomica di questa variante, con l’obiettivo di trasformare nel prossimo decennio tutto il latte da loro raccolto dagli oltre 10.000 allevatori soci, in latte privo della variante A1 della β-caseina. Molti membri della comunità scientifica internazionale e il parere espresso a gennaio 2009 dall’Autorità Europea sulla Sicurezza Alimentare (EFSA) sono molto “prudenti” nel correlare questa variante della caseina e il suo peptide con malattie così gravi per l’uomo.

In un futuro (che è già il presente), l’allevatore di bovine da latte potrà modulare il genotipo delle sue bovine e, quindi, il fenotipo del latte prodotto verso l’una o l’altra variante delle caseine e delle siero-proteine, per cui è bene che chi si occupa di produzione e trasformazione del latte conosca bene le caratteristiche delle singole caseine e loro varianti e delle siero proteine. Già da molto tempo, per i tori utilizzati per la fecondazione artificiale si possono scegliere quelli omozigoti per la β-caseina A2A2, la k-caseina AB e BB, le β-lattoglobuline AB e BB. Importante anche conoscere se la selezione genetica applicata alla propria mandria per aumentare la concentrazione di proteina del latte e modificare la frequenza di alcune varianti delle caseine e delle sieroproteine può dare oggettivi vantaggi all’attitudine casearia e alla resa del latte e migliorare o peggiorare l’impatto di questo alimento sulla salute umana.

Caseina αs1 s1-CN)

Questa caseina viene espressa dal gene CSN1S1 presente sul cromosoma 6 e rappresenta circa il 36% delle caseine del latte bovino. Il fenotipo BB è presente nel 77.5% della brown-swiss e nel 79.17% della frisona mentre quello BC nel 22.5% della brown swiss e nel 20.83% della frisona. La αs1-CN svolge importanti funzioni biologiche come l’attività antiossidante e moltissimi processi biologici, come la regolazione negativa dei processi di apoptosi, la regolazione positiva della bio-sintesi dell’androsteneidione e la regolazione positiva dei processi biosintetici del progesterone e la sua secrezione, le risposte a questo ormone, all’ormone GH e all’estradiolo. Se ne conoscono ad oggi almeno 8 varianti. Ci sono delle bovine che presentano una mutazione genetica che comporta una minore produzione di αs1-CNe un proporzionale miglioramento della produzione delle altre frazioni di caseina.

Caseina αs2 s2-CN)

Rappresenta circa il 10% delle caseine e se ne conoscono ad oggi 4 varianti. La caseina αs2è coinvolta in processi biologici come le risposte ad ormoni come il progesterone, il GH e l’estradiolo e nelle difese antibatteriche del latte.

Β-caseina (β-CN)

Rappresenta circa il 34% delle caseine del latte bovino e se ne conoscono ad oggi 12 varianti. Influenza sensibilmente il tempo di coagulazione e di rassodamento della cagliata. Le due principali varianti alleliche sono la A e la B che differiscono per la presenza in posizione 122 dell’amminoacido serina al posto dell’arginina. La variante A influenza negativamente il tempo di coagulazione e di rassodamento della cagliata mentre la B ha effetti opposti e quindi positivi. Questa caseina ha numerose funzioni molecolari ed è coinvolta in molti processi biologici. Ha una spiccata attività anti-ossidante, di legare il calcio e trasportarlo. Essa regola negativamente le risposte infiammatorie, la lattazione, i segnali del TNF-α, la pressione sanguigna, le risposte al progesterone, all’estradiolo e al caldo.

k-caseina (k-CN)

La k-caseina è circa il 13% delle caseine del latte (11.25% nella frisona e 12.67% nella bruna alpina) ed ha un ruolo cruciale nell’attitudine alla caseaficazione del latte in quanto è l’unica caseina idrofila per cui si dispone all’esterno delle micelle caseiniche. É uno specifico substrato per la chimosina (enzima gastrico specifico per la digestione della caseina) che “taglia” la k-caseina in para k-caseina (dagli amminoacidi 1 al 105) e la parte C-terminale (dall’amminoacido 106 al 171). Questa reazione chimica è di fondamentale importanza sia per la caseificazione del latte che per la digestione del latte da parte del vitello. Se ne conoscono 11 varianti ma le principali sono 6 (A, B, C, E, F, G). La variante B (fenotipo BB) consente un miglioramento netto delle proprietà lattodinamografiche del latte perché dà micelle caseiniche di minori dimensioni. La A differisce dalla B per la sostituzione di due amminoacidi: la treonina in posizione 136 e l’acido aspartico in posizione 148 rispettivamente con isoleucina e alanina. Le vacche con genotipo BB sintetizzano anche più caseina e meno β-LG rispetto a quelle con genotipo AA. Il latte di bovine BB ha un tempo di coagulazione inferiore, migliore consistenza della cagliata, un quadro micellare più uniforme, micelle più piccole, minore quantità di acido citrico e indice caseinico più alto. Il fenotipo AB ha un comportamento caseario intermedio tra AA e BB. Il raro allele CSN3*G è stato trovato in razze come Pinzgauer ed ha un effetto molto sfavorevole sulla caseificazione.

α-lattoalbumina (α-LA)

Il gene cha la codifica (LALBA) si trova sul cromosoma 5 e ne sono conosciute tre varianti (A, B e C). La differenza tra la variante A con B è la sostituzione dell’amminoacido glutammina con arginina. Ha un ruolo biologico molto importante perché questa siero-proteina è coinvolta nella sintesi del lattosio regolando l’enzima lattosio-sintasi. Essa svolge numerose altre funzioni come quella di difesa nei confronti dei batteri gram-negativi e positivi regolando l’attività del lisozima, la risposta agli ormoni progesterone, estradiolo e 11-deoxicorticosterone e lega il calcio e i metalli.

β-lattoglobulina (β-LG)

Questa sieroproteina è codificata dal gene LGB presente sul cromosoma 11 e si conoscono 15 varianti alleliche ma le più comuni sono la A e la B. La β-LG è circa il 50% delle siero-proteine del latte bovino ed è quella che incide maggiormente sulla produzione e sulla qualità del latte. Come funzioni principali ha quella di legare e trasportare principalmente il retinolo e gli acidi grassi a lunga catena. Il genotipo omozigote BB dà soggetti che producono un latte con una resa casearia migliore del 2% rispetto al genotipo AA.

La selezione genetica fin qui operata al fine di migliorare essenzialmente la produzione di latte, grasso e proteine ha indotto nelle principali razza da latte delle modificazioni genetiche che hanno un sicuro risvolto negativo sulla longevità funzionale delle principali razze da latte. Lo stesso è indirettamente avvenuto su alcuni aplotipi. La variante A della αs2-CN, variante A1della β-CN e variante B della k-CN sono associate con un aumento della percentuale di grasso e proteina nella frisona e nella bruna italiana ma anche ad effetti negativi sulla produzione di latte.

Conclusioni

Il potenziamento delle possibilità analitiche del latte fino all’adozione del MIR stanno permettendo grandi opportunità ai genetisti nella selezione di bovine con una sempre maggiore capacità di produrre proteine del latte e sempre migliori attitudine e resa casearia, nonché nella modulazione delle concentrazioni e rapporti tra le varie componenti azotati del latte. Al contempo, oggi è anche possibile “genotipizzare” le femmine presenti in allevamento, e ad un costo piuttosto contenuto, anche per le varianti delle caseine e delle siero-proteine. Con il supporto di abili genetisti si possono orientare i piani d’accoppiamento per avere stalle popolate di bovine capaci si di fare un buon latte ma soprattutto di ottimi formaggi. Tutto questo è possibile anche per l’elevato polimorfismo delle proteine del latte. Queste manipolazioni “estreme” devono però essere sempre accompagnate da una profonda conoscenza della fisiologia della bovina da latte per prevedere in anticipo se l’aumento nella popolazione di un determinato fenotipo caseinico o di siero-proteine possa essere legato ad effetti fisio-patologici sugli animali. Esempio su tutti sono i gravi effetti collaterali che ha portato sulla fertilità e sull’immunità della frisona l’aver selezionato per una sempre maggiore produzione di caseina e proteina del latte senza conoscere i limiti fisiologici e le interferenze che ciò può avere sul metabolismo degli animali.