Nel precedente articolo sono stati approfonditi alcuni concetti che illustrano come anche nella capra da latte la fase di transizione rappresenti un periodo molto delicato. Si è capito che nella capra gli ausili diagnostici per affrontare il problema non sono ancora stati perfezionati; l’unico strumento che si può utilizzare è la prevenzione.
Attualmente, un approccio alla nutrizione di precisione rappresenta l’unico strumento preventivo efficace per affrontare il periparto e il periodo di transizione in modo ottimale.
Occorre però prima di tutto soffermarsi a riflettere sui fabbisogni.
I fabbisogni nutrizionali della capra da latte fanno riferimento alla componente energetica, alla componente proteica e a poco altro di più. Come per la bovina da latte, comunque, una razione bilanciata in termini energetici e proteici è già un ottimo traguardo.
Cerchiamo ora di capire, sulla base di queste informazioni, come è possibile costruire piani di razionamento efficaci per affrontare questo delicato periodo.
L’ultimo autorevole riferimento in merito ai fabbisogni nutrizionali è rappresentato dal NRC (2007) che si riferisce a tutti i piccoli ruminanti. Con specifica indicazione alla capra, però, occorre considerare l’NRC datato 1981.
Esistono inoltre alcuni importanti articoli pubblicati nei primi anni del 2000 che hanno affrontato il problema in modo serio. La comunità scientifica non ha però mai dedicato tante risorse a questo settore perché si è sempre trovata di fronte ad alcuni scogli, difficilmente valicabili, tipici di questa realtà zootecnica. Vediamo di analizzare alcuni di questi aspetti.
Prima di tutto la grande variabilità legata al biotipo e al genotipo. Nel mondo esistono moltissimi biotipi autoctoni molto diversi gli uni dagli altri. Sebbene alcuni autori affermino che ci siano poche differenze in termini di fabbisogni (Nashalai et al., 2004), appare chiaro come la biodiversità in questa specie sia ancora molto elevata.
L’allevamento della capra rappresenta ancora una realtà considerata di nicchia. Il consumo di latte e formaggio di capra, seppure in aumento, conta ancora numeri molto piccoli.
La tipologia di allevamento è molto varia. Si passa da allevamenti con dinamiche molto simili a quelle della bovina da latte ad altri molto più essenziali, spesso situati in zone marginali.
Pertanto la corretta valutazione dei fabbisogni include inevitabilmente alcune variabili che sono difficili da determinare e che hanno un peso importante. Pensiamo alla termoregolazione, al movimento in pascoli più o meno ripidi e soprattutto al fatto che la capra gravida non è solo gravida, ma la probabilità di parti plurigemellari è molto elevata. Questa condizione influisce pesantemente sulla corretta interpretazione dei fabbisogni nel periparto. E’ possibile diagnosticare con una certa attendibilità il numero di feti durante la gravidanza ma, dato che la sensibilità della diagnosi risulta inversamente proporzionale all’epoca di gestione, occorrerebbe aumentare la frequenza delle visite, operazione non sempre attuabile.
Sarebbe utile ora ragionare sui fabbisogni cercando di applicarli nella pratica. Considerato che il problema nel periparto deriva principalmente dallo squilibrio energetico, ci soffermeremo soprattutto su questo aspetto.
Prima di tutto è bene ricordare a tutti quelli che si occupano di nutrizione, che una capra non è un decimo di una vacca, o meglio lo è solo per il peso corporeo. In termini di fabbisogni occorre ragionare in peso metabolico (Body Weight – BW): BW^0,75. Basta provare, per osservare che una capra di 70 kg rispetto ad una vacca di 700 kg in base al peso corporeo è 0,1 (quindi un decimo), ma in base al peso metabolico è circa 0,18. Quindi una vacca equivarrebbe a 5,5 capre. Parlando di fabbisogno energetico di mantenimento, e utilizzando i coefficienti energetici (kJ) proposti da Salah et al., (2014), si scende invece a circa 0,15. Quindi una vacca equivarrebbe a 6,6 capre circa. Possiamo eseguire questo esercizio anche con gli altri fabbisogni e otterremo risultati molto simili. Per la precisione, più introduciamo variabili (temperatura, attività fisica, ecc), più il rapporto vacca/capra tende ad avvicinarsi. Possiamo quindi affermare che la regola numero uno è: “la capra non è una piccola vacca!”
Nel periparto il fabbisogno energetico si compone di: fabbisogno di mantenimento (ME), fabbisogno per la gestazione (MEp), fabbisogno per la lattazione (MEl) e fabbisogno per la crescita (MEg), che appartiene però solamente alle caprette nullipare.
Per il fabbisogno energetico di mantenimento, la bibliografia offre molti spunti a cui fare riferimento (NRC 2007, Nsahlai et al., 2004). I fabbisogni per la gestazione, lattazione e crescita sono sempre affrontati in modo più approssimativo. Ma vediamoli più nel dettaglio.
Il fabbisogno energetico per la gestazione considera sempre gli ultimi due mesi di gestazione oppure, da un altro punto di vista, nell’allevamento dei giorni nostri, i due mesi di asciutta. NRC (1981) raccomanda un aumento di 0,318 Mj per il peso metabolico negli ultimi due mesi di gravidanza, più il 20% per capre con più di un capretto nato. Sahlu et al. (2004) ha rielaborato i fabbisogni tenendo conto della crescita fetale (Koong et al., 1975) e degli indici di efficienza (NRC 2001, ARC 1980) correlati al peso alla nascita dei capretti ed alla gemellarità partendo dal 90° giorno di gravidanza con intervalli di 10 giorni.
Per quanto riguarda la lattazione, Nsahlai et al. (2004) stimano il fabbisogno energetico in MJ per kg di latte corretto al 4% di grasso, formulando l’algoritmo di calcolo attraverso una complessa rielaborazione di dati reperiti in bibliografia.
Considerando, a titolo di esempio, una capra nell’ultimo mese di gravidanza che partorirà due capretti con un peso medio di 3,5kg/capo, si comprende che questa avrà un fabbisogno energetico praticamente identico a quello di una capra in lattazione che produce 2 litri di latte al 3,5% di grasso e circa il 75% di quello di una capra che produce 3 litri di media.
La formulazione di una razione per il periparto potrebbe risultare abbastanza ovvia. Nell’ultimo mese di gravidanza è necessario formulare razioni non lontane da quelle per le capre in lattazione. Esiste però un aspetto che molto spesso viene dimenticato. In termini zootecnici la lattazione inizia al momento del parto ma la galattogenesi inizia prima. Il peso e soprattutto il volume della ghiandola mammaria aumentano a partire da 120 giorni di gravidanza per raggiungere il massimo al momento del parto (Lerias et al., 2014). Questa situazione comporta un dirottamento dei nutrienti anche per lo sviluppo mammario e la galattogenesi.
Sarebbe infatti corretto considerare che nelle ultime settimane di gestazione il fabbisogno per la gravidanza si sovrapponga a quello della lattazione. Nella bovina da latte questa condizione spesso viene soddisfatta attraverso un’alimentazione di precisione personalizzata fornita in sala parto. Nella capra, la stagionalità determina una concentrazione dei parti. Il risultato teorico di una alimentazione personalizzata nella migliore delle ipotesi soddisfa una piccola parte del gruppo. Occorre prima di tutto ottimizzare tutto il processo produttivo per evitare che la formulazione di una razione non risulti solo un puro esercizio teorico.
L’ultimo aspetto che bisogna considerare è l’assunzione di sostanza secca, che nella capra assume un significato molto importante soprattutto nel periparto.
Non è corretto considerare un quantitativo assoluto di sostanza secca che una capra deve assumere in relazione al suo stato fisiologico. È più corretto considerare il fabbisogno minimo in funzione della concentrazione energetica della razione. L’assunzione di sostanza secca risulta inversamente proporzionale alla concentrazione energetica della razione. Luo et al., (2004) hanno dato un valore scientifico a questa semplice intuizione sviluppando alcuni modelli per definire l’assunzione alimentare partendo da un consistente database raccolto dalla letteratura. Sahlu et al., (2004) hanno poi sviluppato le tabelle dei fabbisogni di sostanza secca in funzione a quattro diete diverse per concentrazione energetica. Da questo si evince che l’assunzione di sostanza secca tra una dieta a bassa concentrazione energetica (7 MJ/kg) rispetto ad una ad alta concentrazione energetica (13 MJ/kg) aumenta del 60-70%. Questo aspetto apre degli scenari insoliti. Quando formuliamo razioni per le bovine da latte sappiamo a priori che la concentrazione energetica è sempre abbastanza costante. Nell’allevamento della capra da latte non è sempre così. Questo dipende dalla qualità degli ingredienti utilizzati. Nel periparto questo aspetto assume un significato ancora più importante infatti, la lipomobilizzazione che accompagna le ultime tre settimane di gravidanza risulta inversamente proporzionale all’assunzione alimentare. Questa condizione inoltre risulta aggravata dalla riduzione fisica dello spazio addominale in soggetti con gravidanze plurigemellari.
In questo periodo allora non bisogna solo cercare di massimizzare l’assunzione alimentare, ma occorre formulare razioni ad elevato contenuto energetico. Per quanto riguarda le fonti foraggere, è bene utilizzare sempre fieni di 2° e 3° taglio. Per i concentrati, occorre utilizzare più cereali per favorire il frazionamento della fermentescibilità ruminale. Può risultare inoltre utile una moderata aggiunta di grassi idrogenati frazionati, oltre che l’utilizzo di carboidrati semplici e molecole a tre atomi di carbonio (uno per tutti il glicole propilenico). In questa fase dove il metabolismo lipidico risulta molto attivo, l’utilizzo di additivi quali vitamine ed aminoacidi essenziali ad azione lipotrofica può essere di aiuto.
In conclusione, il parto, ed il periodo che lo circonda, rappresenta per la capra da latte un momento di estrema criticità. Si è visto che il concetto di alimentazione di precisione non sempre è applicabile. Non bisogna solo formulare una razione bilanciata, ma occorre anche ragionare sugli alimenti e sui reali fabbisogni. La capra è un animale molto delicato ma eccezionalmente versatile, tanto da poter addirittura annullare la necessità di partorire tutti gli anni attraverso l’applicazione della pratica zootecnica della lattazione estesa. In un’epoca in cui il benessere animale è imperativo, attuare la lattazione estesa va proprio in questa direzione, oltre a produrre degli indiscussi vantaggi economici per l’impresa che meritano degli specifici ulteriori approfondimenti.
Rubrica a cura di Vetagro
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