Posizionamento e previsioni di consumo dei formaggi Made in Italy in UK, Germania, Francia, Spagna e Svizzera.

Dai dati di un’indagine effettuata da Nomisma per conto di Afidop sui prodotti lattiero-caseari Made in Italy emerge che la pandemia ha influito sensibilmente sulle esportazioni dei nostri formaggi. Infatti, nei primi dieci mesi del 2020 le esportazioni dei formaggi italiani hanno segnato un -4% rispetto all’anno precedente, un calo determinato soprattutto dal blocco del canale Horeca a livello pressoché globale. L’indagine ha però messo in luce anche le potenzialità ancora inespresse dei nostri formaggi sui principali mercati europei che, sebbene ancora “introvabili” per un 10% degli intervistati, possono contare su una qualità organolettica superiore riconosciuta tale da chi invece li consuma e da cui ripartire per recuperare il gap nell’esportazione generato dall’emergenza da COVID-19. Per questo motivo è opportuno intensificare il dialogo con il consumatore finale, puntando sulla qualità e la sicurezza dei formaggi italiani, sulla sostenibilità delle produzioni, sul valore aggiunto delle DOP e sul loro legame intrinseco con i territori italiani.

Dai dati emerge che oltre 9 consumatori europei (relativi ai 5 mercati analizzati) su 10 hanno consumato formaggi negli ultimi 12 mesi (in Spagna il consumo di formaggi è leggermente meno diffuso rispetto agli altri paesi indagati). In particolare, i formaggi più consumati in Europa sono, secondo il percepito dei consumatori intervistati, quelli a pasta dura (preferiti soprattutto da svizzeri, francesi e spagnoli), seguono a pari merito i freschi (consumati soprattutto in Svizzera e Germania) e quelli a pasta semi-dura (soprattutto in Germania – Edamer e Gouda – e Spagna) e, infine quelli a pasta molle come Brie e Camembert che “esplodono” in Francia.

La quota di chi ha consumato formaggi fuori casa in ristoranti/bar è del 78% (misurato sulla media dei 5 paesi analizzati). In Spagna, dove il fuori casa la fa da padrone sia nelle occasioni di svago (trainate dall’aperitivo) che di lavoro, questa quota raggiunge l’89%. Sopra la media anche la quota degli user away from home di Svizzera e Francia, seguono la Germania e in ultimo il Regno Unito, dove il consumo dei formaggi è spiccatamente domestico. Inoltre, il consumo di formaggi sul posto di lavoro o mensa riguarda circa 7 consumatori su 10, con picchi in Spagna e Svizzera.

I formaggi “stranieri” sono diffusi in maniera trasversale tra tutti i Paesi indagati (oltre 9 su 10 li hanno consumati negli ultimi 12 mesi), tuttavia questa propensione aumenta in particolare in Germania, Svizzera e Spagna, mentre per i consumatori francesi e inglesi emerge l’importanza dei formaggi nazionali.

Osservando le modalità di consumo emerge che un terzo degli europei consuma formaggi prevalentemente da soli, così come sono (crudi, a pezzi). Questa quota è più elevata in Francia, Svizzera e Spagna, tra chi ha redditi medio-alti, consuma prevalentemente fuori casa e tra la Generation X (39-54 anni). Il 41% consuma formaggi all’interno di altri piatti (in UK questa quota raggiunge il 53% degli users formaggi), in panini/sandwich (21% – 34% in Germania) o su pasta o pizza (20%). Il 13% dei consumatori europei utilizza il formaggio anche in cucina nelle ricette (16% tra i Millennials) e il 12% li consuma sotto forma di ingrediente all’interno di sughi o piatti pronti. Tra gli under 38 questa quota raggiunge addirittura il 20%.

Per quanto riguarda le occasioni di consumo, prevale su tutte quella durante i pasti (per il 59% degli users europei di formaggi). Questo è vero soprattutto in Francia (dove la % cresce fino al 66%), in Germania (65%) e UK (63%). La seconda occasione di consumo preferita è quella tra un pasto e un altro: il 23% degli europei consuma formaggio come snack, soprattutto in UK (28%). In Spagna si fa più evidente rispetto alla media il ruolo dei formaggi nell’aperitivo (il 36% degli spagnoli indica questa come occasione prevalente, contro un 18% della media). Altri target in cui il dato dell’aperitivo spicca rispetto alla media sono gli smart workers e i Millennials (21%) e i consumatori fuori casa (28%).

Oltre la metà dei consumatori europei acquista formaggi soprattutto presso iper e supermercati (51% con picchi fino al 57% in UK e Francia, al 60% in Spagna). Anche il discount ha un ruolo importante (19% lo indica come canale prevalente), soprattutto in Germania (dove questo format distributivo è molto diffuso e detiene una posizione di leadership in merito alle vendite di prodotti alimentari) in cui la quota di acquirenti in questo canale tocca il 34% degli user formaggi. Seguono i negozi specializzati, primo canale per l’11% dei consumatori europei di formaggi (16% in Svizzera e tra i consumatori fuori casa, 15% tra gli smart workers e 14% tra chi ha redditi medio-alti). Risultano secondari i canali “superette/negozi di vicinato” (8%), internet e spesa online (7% con picchi in Uk, consumatori fuori casa e smart workers) e gli acquisti diretti (5%).

Il posizionamento dei formaggi Made in Italy 

L’Italia e la Francia figurano al primo posto tra i Paesi che producono i formaggi di maggiore qualità secondo i consumatori europei, a seguire vi è l’Olanda. In particolare i formaggi italiani sono quelli più consumati (eccezion fatta per Germania e Spagna, che posizionano la Francia prima del Belpaese): 7 europei su 10 hanno acquistato almeno una volta un formaggio Made in Italy nell’ultimo anno (con un picco del 78% in Francia e del 74% in Spagna).

Il profilo del consumatore europeo di formaggi italiani restituisce un identikit ben preciso: ha una posizione lavorativa stabile (tra lavoratori autonomi/liberi professionisti e imprenditori la quota di user Italian cheese è dell’81%, tra i lavoratori dipendenti 75% – contro il 65% di chi non lavora), è benestante (tra chi ha redditi medio-alti la quota di consumatori cresce fino al 78% – contro il 68% di chi ha redditi medio-bassi) ed ha “collegamenti con l’Italia” (tra chi è stato in Italia o ha familiari di origini italiane, la quota di acquirenti di formaggi italiani è più elevata della media). Chi consuma formaggi italiani tende ad essere un consumatore più “esperto”, più attento alla salute e alla qualità, tanto che, nelle famiglie in cui si hanno figli piccoli, la quota di user arriva al 79% (10 punti in più rispetto al tasso delle famiglie senza figli piccoli). Analizzando le fasce di età e il genere, si individua una certa trasversalità: la quota di consumatori di formaggi italiani cresce leggermente tra i Generation X, soprattutto in Francia e Spagna, mentre l’unica differenza in termini di genere si riscontra in Germania, dove lo user di Italian cheese è principalmente donna. Per completare il profilo del consumatore di formaggi italiani, è utile guardare come cambia il tasso di penetrazione (72%) in base all’approccio al consumo di certi target di popolazione. La propensione al consumo di formaggi italiani è più elevata tra quei consumatori che acquistano prevalentemente in formaggerie/negozi specializzati, che consumano il formaggio tal quale o lo usano nelle ricette ma anche tra chi lo consuma anche nelle occasioni meno “standard” ossia all’aperitivo o fuori casa in ristoranti e altri locali.

Tra chi sceglie prevalentemente formaggi di origine straniera, il tasso dei formaggi italiani svetta all’84%. Ma anche tra i consumatori più attenti alla qualità, è più alta la quota di acquirenti di formaggi Made in Italy: 78% tra chi sceglie formaggi DOP-IGP e 79% tra chi compra formaggi biologici. Queste indicazioni sono le parole chiave dei consumatori che con più probabilità mettono i nostri formaggi nel carrello. Anche consumatori più attenti, consapevoli ed evoluti/digitalizzati, nonché quelli più propensi ai consumi fuori casa, sono quelli più attratti dai formaggi italiani.

Ma quali sono gli attributi distintivi dei formaggi italiani rispetto a quelli nazionali? Innanzitutto, in ciascun mercato viene riconosciuto un prezzo più elevato rispetto a quello nazionale (più in Spagna e Germania, meno in Francia, Regno Unito e Svizzera), riconducibile in particolare ad una superiorità percepita dal punto di vista qualitativo e organolettico (lo dichiara un terzo dei consumatori). La preferenza dei formaggi nazionali sugli stranieri è sicuramente il primo ostacolo per il nostro prodotto (il 38% di chi oggi non consuma formaggi italiani, identifica in questa spiegazione i motivi del non consumo), il costo elevato rappresenta il secondo ostacolo (per il 23% dei non users). Ma un quarto di chi ad oggi non ha ancora mai consumato/comprato i nostri formaggi, in realtà non li conosce o non li trova presso i negozi/ristoranti che frequenta abitualmente: si tratta una nuova potenziale consumer base, che, se trovasse/conoscesse i nostri prodotti potrebbe aggiungersi domani a quel 72% di attuali user. Si tratta soprattutto di giovani trentenni che consumano prevalentemente fuori casa. La quota di user potenziali cresce in UK e Spagna e anche tra chi ad oggi lavora da casa.

Come comunicare al meglio le caratteristiche distintive dei nostri formaggi? Innanzitutto, facendo conoscere le sue caratteristiche organolettiche, attraverso assaggi e degustazioni, soprattutto in UK, in Spagna e tra i Generation X. I messaggi da comunicare devono basarsi (soprattutto in Francia e in Svizzera) soprattutto sul legame tra i nostri prodotti e la nostra cultura/tradizione e sul legame con specifici territori di produzione. Infine, soprattutto nel fuori casa, è necessario accentuare valori che vanno nella direzione dello status symbol/lusso e abbinamento cibo/vino.

Fonte: Assolatte – Nomisma – Afidop