Bovini dalla complessa psicologia

Stupido come una vacca” può essere un’ingiuria che un cittadino lancia a un altro, senza sapere nulla di un animale che non è soltanto molto intelligente ma anche sensibile, allo stesso livello di altri animali domestici, come i cani e i gatti, che il cittadino comune riconosce essere dotati di queste due qualità. Che i bovini, e in particolare le vacche, siano animali intelligenti, dotati di memoria e di sensibilità ed ognuno con la propria individualità, tanto da meritare un nome, da sempre lo sapevano i contadini e gli allevatori; questo è oggi confermato dai risultati di precise ricerche e da una copiosa letteratura scientifica di psicologia animale. Una nutrita serie di risultati di ricerche scientifiche sull’apprendimento, memoria, emozioni, personalità e complessità sociale, dimostra che le vacche sono animali con comportamenti e con una psicologia molto sofisticati, e con una sensibilità non da animali semplici pascolatori ma analoga a quella della specie umana. L’idea che i bovini siano animali stupidi, e soprattutto insensibili, è incoerente con l’attuale conoscenza scientifica moderna, che dimostra come questi siano in grado di fare distinzioni dettagliate non solo tra gli oggetti, ma anche tra gli esseri umani e i conspecifici. I bovini non posseggono solo semplici emozioni ma anche capacità emotive, notevoli capacità d’apprendimento e personalità individuali, con diverse dimensioni di complessità sociale, inclusa la capacità di apprendimenti sociali.

Tutte queste caratteristiche da un lato dimostrano come nel passato l’uomo abbia potuto addomesticare i bovini con un grado di successo che non ha avuto con altri ruminanti, mentre dall’altro obbligano a mantenere i bovini in condizioni adeguate ad animali sensibili che non sono semplici produttori di lavoro o di alimenti.

Capacità sensoriali dei bovini

I bovini sono addomesticati fin dal primo neolitico, circa diecimila e cinquecento anni fa, da uri selvatici (Bos primigenius) nell’est europeo, nel subcontinente indiano e forse anche in Africa. I bovini domestici moderni sono quindi una miscela delle diverse domesticazioni e delle successive forze selettive naturali e artificiali.

I bovini sono animali diurni e, sebbene guidati da tutte e cinque le modalità sensoriali, per loro la visione è il senso dominante. In quanto animali erbivori e oggetto di preda da parte dei carnivori, hanno occhi con pupilla lineare, situati ai lati della testa, con un ampio campo visivo di almeno 330 gradi e una visione binoculare limitata a circa 30 – 50 gradi. Con una buona acutezza visiva, sono in grado di distinguere tra i colori a lunghezza d’onda lunga (rosso, arancione e giallo) meglio delle lunghezze d’onda più corte (blu, verde). I bovini prestano maggiore attenzione agli oggetti in movimento rispetto a quelli stazionari, e sono spesso spaventati dai movimenti improvvisi, come potrebbe essere un attacco da un animale predatore.

I bovini hanno una percezione uditiva che va dai 23 Hertz ai 35 Hertz, con un udito più acuto dei cavalli ed una soglia media di localizzazione dell’acuità sonora di 30 gradi. Sono meno capaci di localizzare l’origine dei suoni rispetto alle capre (18 gradi), ai cani (8 gradi) e agli umani (0,8 gradi) e questa limitata capacità di localizzazione del suono li rende meno certi della posizione di un predatore, e quindi più timorosi.

Contrariamente a quanto si crede, i bovini hanno un senso gustativo ben sviluppato; hanno infatti, nella loro bocca, circa 20.000 papille e distinguono i quattro gusti di dolce, salato, amaro e acido. Evitano cibi dal sapore amaro potenzialmente tossici e hanno una marcata preferenza per cibi dolci ad alto valore calorico e per quelli salati per mantenere un equilibrio elettrolitico. I vegetali di cui si nutrono i bovini sono ricchi di potassio e poveri di sodio; perciò questi animali cercano il sale ed hanno, inoltre, una preferenza per gli alimenti acidi che aiutano a mantenere l’equilibrio del pH ruminale.

I bovini sono animali macrosmatici, hanno cioè un acuto senso dell’olfatto, possiedono uno sviluppato organo vomero-nasale e usano la risposta dei flehmen (arricciano le labbra superiori per esporre i denti anteriori, inalano con narici chiuse che tengono quella posizione per diversi secondi) per portare sostanze olfattive all’organo vomero-nasale. I bovini sono anche dotati di un complesso sistema di ghiandole odorifere interdigitali, infraorbitali e inguinali, e di ghiandole sebacee sparse sulla superfice cutanea. L’olfatto svolge un ruolo importante nella vita sociale di questi animali ed è usato in associazione alle informazioni acquisite da altri sensi, soprattutto per quanto riguarda i comportamenti sociali.

I bovini sono molto sensibili al tatto: posseggono ricettori di stimoli meccanici, termici e dolorifici nella pelle e nel muso, usando il tatto per determinare l’appropriatezza di alcuni prodotti alimentari. Sono sensibili al dolore ma, poiché sono animali predati, a volte possono sopprimerne i segni per sfuggire ai predatori. Segni certi di dolore e angoscia si manifestano nei bovini durante interventi operati dall’uomo ma, nonostante abbiano spesso paura del contatto da parte degli esseri umani, sono anche calmati da alcune forme di contatto tattile, come massaggi dietro le orecchie.

Cognizione, apprendimento e intelligenza bovina

Per cognizione s’intendono i meccanismi con cui un individuo acquisisce, elabora, memorizza e agisce sulle informazioni; questa include l’apprendimento, la memoria e il processo decisionale. Per intelligenza, molto spesso s’intende la qualità di questi meccanismi in termini di rapidità, profondità e complessità. I bovini hanno una buona memoria spaziale, ricordano la posizione dei secchi per il cibo per almeno quarantotto ore, sono in grado di imparare semplici labirinti o la posizione del cibo nei campi, e possono anche attraversare un labirinto complesso quando sono fornite opportunità di apprendimento passo-passo. Una volta imparato, possono conservare la memoria della configurazione del labirinto per un massimo di sei settimane e conservare un ricordo di un’associazione tra un oggetto o punto visivo e una ricompensa alimentare per almeno un anno. La letteratura scientifica sulla cognizione, apprendimento e memoria nei bovini è scarsa; l’attuale comprensione della loro intelligenza è infatti ricavata da altre aree di studio, tra cui la complessità sociale e la comunicazione con altri mammiferi. Tuttavia, abbiamo sufficienti prove che i bovini hanno una discriminazione ben sviluppata, buone capacità cognitive spaziali e sono in grado non solo di apprendimento complesso, ma anche di una memoria a lungo termine, essendo in grado di fare discriminazioni tra stimoli complessi portati da altri bovini e da esseri umani.

Emozioni bovine

Molte osservazioni e prove comportamentali testimoniano che i bovini hanno una serie di emozioni con un livello di complessità analogo a quelle che si trovano in altri mammiferi generalmente riconosciuti come intelligenti, comprendendo anche i comportamenti di gioco, le interazioni tra emozioni e cognizione nelle forme di pregiudizi cognitivi, il contagio emotivo, le relazioni e i sostegni sociali, e persino le reazioni emotive all’apprendimento. Il concetto di emozione è complesso e comprende processi comportamentali, neurofisiologici, cognitivi e coscienti, intervenendo sull’attenzione, la memoria e il processo decisionale, non dimenticando che l’idea che molti animali, in particolare i mammiferi, abbiano emozioni di base è attualmente accettata.

Gli studi sulle emozioni nei bovini, come in altri animali, tendono a concentrarsi sulla loro valenza (positiva/negativa o piacevole/sgradevole) e intensità (debole/forte), e indicano che questi animali esprimono i loro stati soggettivi interni con molteplici cambiamenti comportamentali e fisiologici, tra cui troviamo le vocalizzazioni, i tentativi di fuga, le modificazioni dell’occhio, la posizione dei padiglioni auricolari, le temperature nasali e la frequenza cardiaca. Anche il comportamento di gioco, o la sua mancanza, può indicare stati emotivi positivi e negativi. I bovini si impegnano in tutte le forme di gioco che si trovano nei mammiferi, incluse quelle con oggetti come palle, fare salti capriole e la corsa, anche con membri di altre specie. I combattimenti di gioco, il  leccare e il giocare nei vitelli iniziano intorno alla seconda settimana di vita e raggiungono il massimo all’età di quattro mesi. Il comportamento del gioco nelle vacche, come in altri mammiferi, dipende dalle condizioni ambientali di allevamento e dalle circostanze, e diminuisce con il dolore o quando gli animali sono in situazioni negative, mentre un aumento del gioco esprime la natura gratificante del buon benessere.

Nei bovini sono state anche studiate emozioni complesse, definite come risposte emotive che interagiscono con altri domini mentali, come la cognizione e la socialità, che possono suggerire possibili livelli di capacità psicologiche nelle vacche, comprendendo una consapevolezza di sé e anche un’empatia. Si è anche visto che i vitelli, come altri animali tra cui i cavali, cercano attivamente animali da compagnia, potendo forse trarne benefici di sostegno sociale. Numerosi studi documentano effetti emotivi e cognitivi positivi nelle vacche allevate in coppia o in gruppo rispetto agli animali mantenuti isolati, e questo non deve stupire in animali che in libertà vivono in mandrie. Molte ricerche confermano che le vacche e i vitelli stabiliscono forti legami emotivi che si formano rapidamente dopo la nascita quando la madre è in grado di leccare il vitello, mentre il processo di svezzamento naturale richiede molti mesi. In modo analogo, le madri sperimentano segni di angoscia quando sono separate dai loro vitelli, con uno stress che sembra essere alleviato se questi sono riuniti.

Concludendo, vi sono ampie prove comportamentali che i bovini hanno non solo una serie di emozioni ma che il loro livello di complessità è analogo a quello che si trova in altri mammiferi generalmente riconosciuti come intelligenti. Questa evidenza include il comportamento di gioco e le interazioni tra emozioni e cognizione nelle forme di pregiudizi cognitivi, contagio emotivo, memoria sociale e persino reazioni emotive all’apprendimento.

Personalità bovina

La personalità è un insieme di elementi che differiscono tra gli individui e che rimangono costanti. Il concetto di personalità si basa sull’accettazione di un’individualità e ha implicazioni su come consideriamo gli animali quando, invece di considerarli come unità intercambiabili all’interno di un gruppo, popolazione o specie, ne riconosciamo una personalità che accentua la loro individualità. L’esperienza con gli animali da compagnia e studi scientifici dimostrano che segni di personalità sono onnipresenti nel regno animale, con persistenti differenze individuali. Le ricerche sulla struttura della personalità nei bovini sono relativamente nuove. La maggior parte degli studi in questo campo inizia infatti negli anni duemila, individuando modelli comportamentali e fisiologici intra-individuali stabili nelle vacche, dimostrando anche che la reattività individuale allo stress è prevedibile, che la mungitura meccanica precoce tende ad essere stressante per alcuni animali e non per altri, e che il fattore di mediazione nella reattività delle vacche da latte alla mungitura meccanica è legato a loro caratteristiche stabili. Il nervosismo, la paura, la reattività e alcune risposte fisiologiche possono anche essere indicatrici della personalità nei bovini, come la loro socialità, la gregarietà e il comportamento protettivo materno. Altri settori di ricerca rilevanti per la personalità sono le preferenze alimentari dei singoli bovini. Inoltre, se è chiaro che i bovini, come altri animali, hanno una personalità (come dimostrato da diversi studi), c’è molto poco, se non nulla, di conosciuto sulla struttura di tale personalità, su come i diversi elementi della personalità si relazionano tra loro e su come questi si rapportino con le produzioni zootecniche.

Bovini con un’elevata complessità sociale

La complessità sociale è convenzionalmente definita dal numero di individui in un sistema sociale e dalla relazione e differenziazione esistente tra di loro, e dovrebbe essere misurata dal numero di relazioni che i membri di un gruppo hanno con i conspecifici. La dimensione del gruppo è fondamentale per la complessità sociale ed è correlata con alcune componenti della dimensione cerebrale (ad esempio neocorteccia) e con la capacità cognitiva. Attualmente, le ricerche suggeriscono che i bovini formano grandi gruppi sociali con bassi livelli di differenziazione a livello di gruppo ma preferenze per le associazioni a livello individuale. Questo è però connesso al problema che le dimensioni dei gruppi di bovini allevati sono quasi sempre artificiali, come anche la loro composizione, non permettendo il costituirsi di gerarchie di dominanza che possono essere viste a più alti livelli di complessità sociale e servire a ridurre i conflitti di gruppo relativi all’utilizzo delle risorse. Le vacche al pascolo formano legami sociali duraturi con la loro prole e con gli altri membri della mandria, formando spesso anche sottogruppi basati sulla familiarità e sulla parentela, con un’influenza importante per il benessere sociale e psicologico dei vitelli, il loro apprendimento e livello di cognizione e l’apprendimento sociale, mentre una forma di imitazione differita o di emulazione fungono da meccanismo per la trasmissione di comportamenti appresi. Ad esempio, le vacche che non hanno mai pascolato iniziano a mostrare normali comportamenti di pascolo più rapidamente quando sono raggruppate con bovini già esperti del pascolo. In conclusione, i bovini mostrano ampi parametri di complessità sociale, dimostrando una conoscenza dei loro conspecifici e delle interazioni, con uno scambio di conoscenze sociali pertinenti, anche attraverso gerarchie dominanti e legami affiliativi.

Bovini intelligenti

I bovini domestici (Bos taurus) sono allevati in tutto il mondo come animali da lavoro e produttori di carne e latte, dei quali sono utilizzati anche cuoio e letame. Nonostante il rapporto che per migliaia di anni l’uomo ha avuto con questi animali, la maggior parte delle persone li percepisce come aventi una scarsa personalità individuale e con relazioni o preferenze sociali molto semplici. Tuttavia, una revisione della letteratura scientifica sul comportamento dei bovini, come quella compiuta da Lori Marino e Kristin Allen – (Marino, L. & Allen, K. – The Psychology of Cows – Animal Behavior and Cognition, 4 (4), 474 – 498, 2017), indica che questa specie animale ha caratteristiche cognitive, emotive e sociali complesse, e che fino ad ora vi è stata relativamente poca attenzione allo studio dell’intelligenza, della personalità e della socialità dei bovini. Soprattutto per un corretto rapporto con l’uomo, con questi animali è invece necessaria una obbiettiva e non emotiva o sentimentale conoscenza delle attuali conoscenze scientifiche della loro psicologia all’interno di un quadro comparativo oggettivo, che comprenda le loro caratteristiche cognitive, emotive e sociali, anche per facilitare confronti più informati con altri animali e sperando che la comprensione delle capacità e delle caratteristiche dei bovini domestici ne faccia progredire la nostra comprensione anche come individui senzienti e non solo come produttori di lavoro o alimenti.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, é stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.