Il carrello della spesa, secondo i dati dell’Osservatorio sui consumi alimentari Ismea-NielsenIQ nel 2022 pubblicati oggi, è costato agli italiani il 6,4% in più rispetto allo scorso anno, con dinamiche che si acuiscono nei mesi da agosto a dicembre (sempre sopra il 10%). Tale valore percentuale, inferiore all’inflazione, è frutto della composizione merceologica del carrello della spesa che si modifica in conseguenza proprio delle strategie messe in atto da parte dei consumatori per ridurre l’impatto dell’inflazione.

Gli incrementi di prezzo al consumo sono frutto non solo dell’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli ma, lungo la filiera, si caricano dei vari aumenti che interessano anche i passaggi intermedi come la logistica e il confezionamento. In questo senso appare quanto mai interessante il fatto che l’aumento della spesa sia più evidente sui prodotti confezionati che su quelli sfusi (+6,9% vs il +5,2% dello sfuso). A livello geografico, gli incrementi della spesa coinvolgono tutto il territorio nazionale, comunque nell’ambito di un range piuttosto ristretto, con un’intensità leggermente superiore al Nord Est, dove superano il 7,4%. Segue il + 6,7% dell’areale Sud, il + 6,4% del Nord Ovest e chiude il + 5,2% del Centro.

Il supermercato resta il canale predominante con il 40% di share e con una performance positiva che rispetto al pre-Covid gli fa guadagnare 2 punti percentuali. Il discount con il 22% di share guadagna 4 punti percentuali rispetto al 2019 con fatturati incrementati quasi del 25%. Parziale ritorno al punto di vendita fisico: calano del 6% le famiglie che acquistano su canale digitale nel 2022, rispetto all’anno precedente.

Le famiglie che più sentono la crisi, quelle che più di altre subiscono l’inflazione, sono quelle più giovani e con figli piccoli. Le “famiglie con figli grandi” sono meno sensibili alla crisi, mantengono il carrello quasi inalterato a fronte dell’incremento della spesa.

La spesa per i prodotti lattiero-caseari

La spesa per i prodotti lattiero-caseari, che pesa sullo scontrino il 13,5%, è aumentata nel 2022 dell’8,6%. La componente dei formaggi registra incrementi di spesa di diversa entità, in un range che si muove dal +4,8% dei “molli” al +11,4% degli “industriali”. In particolare, per i duri Dop cresce il volume nel carrello (+3,8%) malgrado il rialzo del prezzo medio del 3%; anche la mozzarella di bufala a fronte di un prezzo che cresce meno della media degli altri prodotti similari (+4,7%) vede aumentare le vendite in volume del 5,4%. In tenuta i consumi di latte fresco che, con aumenti alcune volte anche molto sostanziosi dei prezzi (in media del +9,3%), vedono stabili i volumi acquistati rispetto all’anno precedente. Per il latte UHT si rileva invece un complessivo aggravio di spesa sul cumulato annuo a doppia cifra: +12,2%.

La spesa per la carne bovina

Il settore delle carni, con un peso sullo scontrino del 10,6%, vive un momento di luci ed ombre; infatti, all’incremento di spesa del 9,9% è corrisposta una lieve diminuzione delle quantità acquistate (dell’1,6%) e uno spostamento verso tagli e aree merceologiche più economiche di cui hanno pagato lo scotto le bovine a vantaggio delle suine. Scendendo nel dettaglio delle varie tipologie, per le carni bovine si registra un sostenuto incremento dei prezzi medi (+9,7%) che ha spinto i consumatori al contenimento dei volumi facendo segnare nel complesso a fine anno un -4,4% degli acquisti in quantità con una spesa comunque in aumento del 5,1%.

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