Italia paese dei formaggi

Come si può governare un paese che ha 246 varietà differenti di formaggio si è chiesto Charles De Gaulle. Quale può essere quindi la condizione dell’Italia che secondo un’indagine ha circa 2500 varietà di formaggi tra freschi, spalmabili e stagionati? Di questi, oltre 300 sono riconosciuti d’origine protetta (DOP, PAT e IGP), e tra questi 52 sono protetti a livello europeo. In termine di volume, l’Italia è la terza nazione europea per produzione di formaggio (un milione e trecentomila tonnellate) dopo la Francia e la Germania, con la regione Lombardia che presenta il maggior numero di formaggi. Si può dire che a ogni giornata di cammino, circa venticinque chilometri, in Italia si trovano uno o due formaggi diversi. Qual è il motivo di questa grande differenziazione dei formaggi italiani, un fenomeno unico nel suo genere?

Formaggi il caso e la necessità

Per la situazione geografica e la conformazione del suo territorio l’Italia è, tra tutti i paesi occidentali, quello che presenta i più forti contrasti. Nel settentrione confina ed ha rapporti con i massicci alpini francesi, svizzeri, austriaci e slavi mentre nel meridione un braccio di mare di soli duecento chilometri mette a contatto le coste siciliane con quelle tunisine. In un territorio peninsulare, lungo milleseicento chilometri, l’orografia, il clima, la vegetazione e la fauna sono molto diverse ma soprattutto su questo territorio vive una popolazione con una storia, confermata anche da recenti indagini genomiche, che dimostra il suo essere il risultato di una quasi infinita serie di immigrazioni portatrici di una gran varietà di culture.

Nel settentrione il clima è di tipo alpino e favorisce l’allevamento del bestiame di piccola taglia, ma nella pianura padana piemontese, lombarda, veneta e emiliano-romagnola vi è un’umidità e una fertilità propizia all’agricoltura e all’allevamento del bestiame di grande taglia. Inoltre, i fertili stretti spazi litorali intensamente popolati permettono particolari produzioni agroalimentari. Sulla catena appenninica particolarmente boschiva che percorre tutta la penisola italiana, oggi come nei tempi antichi, si sviluppa la presenza e l’allevamento dei piccoli ruminanti, oltre che dei suini selvatici e domestici.

A mano a mano che dal settentrione ci si dirige al meridione si accentua l’aridità che non favorisce l’allevamento del bestiame bovino, ma in alcune piane acquitrinose latine e campane sono presenti le bufale, mentre le capre, e soprattutto le pecore, trovano un ambiente favorevole e si inseriscono in antichi riti di monticazione e demonticazione lungo tratturi preistorici. In modo analogo, nelle grandi isole della Sicilia e della Sardegna i piccoli ruminanti trovano ambienti favorevoli alla loro vita.

Il quadro ora tratteggiato rende comprensibile come in Italia nel settentrione possa essere nata una catena di Abbazie cistercensi dove si allevavano bovini il cui latte ha dato vita ai grandi formaggi grana. È nel meridione, e in particolare in Sicilia, che il gigante Polifemo produceva formaggio ovicaprino, mentre al centro della penisola, fin dalle culture etrusche, umbre e poi romane, la pastorizia produce caci ovicaprini. Ancora oggi in Piemonte, Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna prevalgono i formaggi vaccini, mentre sull’Appennino e sulle aree aride del centro-sud italiano e delle isole prevalgono i formaggi ovi-caprini.

Non è il caso quindi, ma la necessità che determina la grande diversità dei formaggi italiani che sono differenti per le condizioni ambientali e climatiche del territorio e le diverse culture attraverso le quali si è composta la popolazione italiana.

Duemilacinquecento formaggi per mille cucine

L’Italia è nota per le sue tradizionali cucine regionali che si differenziano nelle cento cucine provinciali, a loro volta distinte nelle cucine dei duemilacinquecento campanili e nello sterminato numero di variazioni familiari. Queste diversità ricalcano quelle dei formaggi e di altri alimenti, perché per esempio oltre mille sono i salumi tradizionali italiani.

Cucina vuol dire alimentazione, nutrizione e soprattutto cultura, e i formaggi, come alimento o condimento, nella loro grande diversificazione e in un complesso rapporto dialettico, sono importanti marcatori delle multiformi tradizioni culinarie che caratterizzano l’Italia.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.