Normalmente non si pensa alle colture foraggere come fonti di agenti patogeni o tossine, ma un recente articolo in un giornale finlandese del ricercatore olandese Frank Driehuis mi ha fatto riflettere di più su questo argomento. Non sono un lettore frequente di riviste finlandesi, ma ho la fortuna di avere colleghi che setacciano Internet e portano questi documenti alla mia attenzione. Il mio interesse per questo argomento è stato suscitato anche dal rinvenimento di formaggi infetti da Listeria monocytogenes prodotti in una fattoria del Wisconsin che conosco e rispetto. L’esperienza personale con allevatori europei mi ha ulteriormente sensibilizzato ai rischi di biosicurezza come, ad esempio, la possibile presenza di specie di Clostridium in insilati, in grado di provocare la formazione di gas indesiderati nella maturazione di formaggi a pasta dura, e la presenza di aflatossine nel latte a seguito di utilizzo di colture stressate da siccità ed infettate da Aspergillus.

Agenti patogeni del foraggio

Esistono diversi agenti o tossine che possono presentare rischi di biosicurezza nel foraggio. Questi includono principalmente: (1) batteri anaerobi produttori di spore come le specie di Clostridium, (2) microrganismi aerobi produttori di spore come quelli del genere Bacillus, (3) batteri patogeni zoonotici come L. monocytogenes, Salmonella, Mycobacterium paratuberculosis (morbo di Johne), Mycobacterium bovis (tubercolosi) e Escherichia coli, e (4) specie fungine in grado di produrre micotossine.

Microrganismi anerobi produttori di spore

I batteri anaerobi che formano spore rappresentano una potenziale minaccia di contaminazione del latte crudo a causa della resistenza delle spore al calore e ad altre condizioni ambientali avverse durante il processo di caseificazione. La causa maggiore della presenza di questi microrganismi sporigeni è la contaminazione dei foraggi con il suolo. Se una popolazione di spore aumenta durante il processo di insilamento del foraggio ciò dipende da batteri specifici e da micro-ambienti che si sviluppano nella massa insilata. È noto che le spore ingerite dalle vacche passeranno inalterate lungo il tratto digestivo e saranno escrete nel letame. Le coltivazioni concimate con deiezioni o lettiere inquinate con queste spore sono quindi possibili fonti di contaminazione. Le specie di Clostridium possono essere suddivise in base alle loro proprietà di fermentazione di proteine ​​e di carboidrati. Il Clostridium butyricum può fermentare una vasta gamma di carboidrati ma non è in grado di utilizzare le proteine. Il Clostridium tyrobutyricum può fermentare solo alcuni carboidrati, ma i batteri più comuni sono i produttori di acido butirrico, con la loro capacità di fermentare l’acido lattico in acido acetico e acido butirrico in condizioni anche di pH basso. Il C. tyrobutyricum può essere trasferito dall’insilato al latte e può crescere altrettanto bene negli ambienti a basso pH, con poca acqua libera, ricchi di acido lattico e poveri di nitrati come insilati o formaggi. La loro capacità di produrre sapori sgradevoli e formare gas porta a difetti nelle forme, motivo per cui l’alimentazione con insilati è vietata in alcune regioni d’Europa dove il latte è destinato alla produzione di formaggi a pasta dura. L’agente patogeno Clostridium botulinum (botulino) si trova raramente nell’insilato poiché è molto più sensibile al pH basso rispetto al C. tyrobutyricum. Di solito non è un problema, a meno che l’insilato non sia contaminato da carcasse di uccelli o piccoli mammiferi o che il raccolto sia venuto a contatto con pollina, che è nota per contenere spore di C. botulinum.

Ricerche europee mostrano come le concentrazioni di spore di batteri produttori di acido butirrico varino con il livello di contaminazione da terreno da 10 a 100 spore per grammo e come le concentrazioni medie nel silomais siano inferiori di circa 0,5 unità log rispetto all’erba, probabilmente a causa della minore contaminazione del suolo durante il raccolto e della bassa capacità tampone. La rapida formazione di acido lattico e il basso pH (3,8-4,0) nel silomais contrastano la crescita di C. tyrobutyricum. Si ritiene che la causa dell’instabilità aerobica sia l’aumento delle concentrazioni di batteri butirrici piuttosto che il contrario, ovvero che sia la scarsa stabilità aerobica, determinata da una lenta acidificazione, a permettere lo sviluppo di batteri butirrici. Questo poichè studi più recenti mostrano che un elevato numero di spore è presente nelle aree dell’insilato in cui lieviti e muffe stavano già aumentando attivamente la temperatura e il pH. La crescita del C. tyrobutyricum, strettamente anaerobico, in aree dell’insilato aerobicamente deteriorate è probabilmente dovuta ai vari micro-ambienti aerobici e anaerobici che possono coesistere nella massa dell’insilato. Nella cascata di eventi che portano all’instabilità aerobica, i lieviti acido-tolleranti utilizzano il lattato e crescono lentamente mentre l’ossigeno penetra nel fronte di desilazione. All’aumentare della popolazione di lieviti, aumenta anche il loro consumo di ossigeno, che porta all’instaursarsi di condizioni anerobiche in alcune aree dell’insilato dove C. tyrobutyricum può prosperare.

Immagine di trincea e foto termica corrispondente in cui è evidente il riscaldamento della zona superiore. Il prodotto alterato è in grado di inquinare al desilameto l’intero foraggio prelevato.

Microrganismi aerobi produttori di spore

Le spore di batteri aerobici possono essere isolate da una vasta gamma di substrati tra cui terreno, insilato, lettiera e letame. La contaminazione nel latte può essere un problema se le temperature di conservazione non sono abbastanza basse da ostacolare la crescita dei ceppi psicrotrofi. Bacillus cereus è il principale organismo responsabile del deterioramento del latte che causa fenomeni di coagulazione acida e odori indesiderati. I ceppi psicrotropi sono noti per svilupparsi nel latte e nei prodotti lattiero-caseari con temperature fino a 5°C. Varietà altamente resistenti al calore come Bacillus sporothermodurans e Geobacillus stearothermophilus possono causare problemi di stabilità anche in prodotti lattiero-caseari dove il latte viene coagulato a temperature molto elevate. Come per gli organismi anaerobici, la fonte primaria di queste specie di bacilli è la contaminazione del foraggio con suolo o carichi elevati di spore provenienti dal letame utilizzato come fertilizzante. Possono anche essere isolati dalle aree porose di insilato aerobicamente instabile in cui i lieviti hanno ridotto i livelli inibitori di acido lattico.

Le spore presenti nelle deiezioni e nel suolo rappresentano una potenziale minaccia di contaminazione del latte per la loro resistenza al calore e ad altre condizioni ambientali avverse durante il processo di caseificazione.

L. monocytogenes

L. monocytogenes è un batterio anaerobico facoltativo, Gram-positivo e responsabile della listeriosi, in particolare nei bambini, nelle donne in gravidanza, negli anziani e nelle persone a bassa immunità. Una caratteristica importante di L. monocytogenes è che può crescere a temperature fino a 0°C ed è piuttosto resistente allo stress, sopravvivendo per lunghi periodi in ambienti avversi. La Listeria può svilupparsi nei formaggi sia a temperatura ambiente che a temperatura di frigorifero e può anche essere diffusa ad altri formaggi che vengono tagliati e serviti sullo stesso tagliere o conservati nella stessa area di quello contaminato. Una buona notizia è che L. monocytogenes è abbastanza sensibile al trattamento termico e viene effettivamente devitalizzato con la pastorizzazione. L. monocytogenes può essere rinvenuto in insilati scarsamente fermentati e nelle feci di animali alimentati con insilato contaminato. Si trova più comunemente in insilati aerobicamente instabili, ad alto pH (maggiore di 4,2), a bassa densità e in balle fasciate inadeguatamente sigillate.

E. coli

Il tratto digestivo di ruminanti sani è riconosciuto come il principale serbatoio naturale di E. coli e la presunta via di trasmissione al latte crudo è la contaminazione fecale. Fortunatamente, E. coli perde vitalità e non cresce a un pH inferiore a 4,5-5,0 e viene effettivamente disattivato dalla pastorizzazione. La presenza di ossigeno ne prolunga la sopravvivenza e alcuni studi hanno dimostrato che E. coli può teoricamente sopravvivere e crescere in un insilato scarsamente fermentato e in un insilato aerobicamente deteriorato. Tuttavia, si ritiene che questi batteri patogeni non sopravvivano nelle normali condizioni di insilamento.

Aflatossine

Delle aflatossine si è già scritto molto ma alcuni commenti sembrano appropriati visto l’argomento trattato.

Le aflatossine sono prodotte principalmente da Aspergillus avus e Aspergillus parasiticus. Sono muffe polverulenti di un colore verde militare che sulla spiga di mais possono svilupparsi partendo dalla punta o sulle lesioni da insetti. Le cariossidi di mais infette sono generalmente brunastree e di dimensione ridotta. Le specie di Aspergillus crescono meglio con un’umidità fra il 14-30% e una temperatura ottimale di 25 °C, mentre non si sviluppano con temperature al di sotto dei 12°C o al di sopra dei 41°C. La presenza di aflatossina M1 nel latte è considerata un potenziale rischio per la salute umana a causa della sua cancerogenicità. L’aflatossina M1 è il metabolita 4-idrossilato dell’aflatossina B1 che può essere rinvenuta sia nel latte animale e umano che nei prodotti lattiero-caseari. La contaminazione da aflatossina M1 nel latte deriva principalmente dalla conversione dell’aflatossina B1 da parte degli enzimi presenti nel fegato che successivamente viene escreta nelle urine e nel latte della vacca. Mediamente, dall’1 al 3% dell’aflatossina ingerita con gli alimenti viene escreta nel latte. Gli studi indicano come i livelli di aflatossina nel latte aumentino entro 12-24 ore dal consumo di alimenti contaminati e che quando questi vengono rimossi dalla dieta i livelli di aflatossine nel latte tornano alla normalità entro uno-quattro giorni. Gli additivi per l’insilamento non possono degradare l’aflatossina presente e non devono essere considerati una possibile soluzione per gli alimenti contaminati. È stato però riportato che nel silomais l’aflatossina B1 inizia a degradarsi dopo 9 mesi di conservazione in trincea con ambiente acido.

La soluzione definitiva a questo tipo di problema è da ricercarsi nell’utilizzo di funghi atossigeni del genere Aspergillus che, sviluppandosi a scapito dei funghi tossigeni, li inibiscono e riducono la possibilità di contaminazione da aflatossine di oltre il 90%.

Conclusioni

È responsabilità di noi allevatori e tecnici del settore garantire la biosicurezza del latte e dei prodotti lattiero-caseari, anche per la salute e il benessere animale, con l’adozione di tutte quelle misure atte a produrre alimenti privi di agenti patogeni e tossine. Le strategie di prevenzione più importanti per la biosicurezza delle colture foraggere sono: ridurre la contaminazione da suolo e da feci, ritardare la crescita dei lieviti (utilizzando additivi contenenti ceppi di Lactobacillus buchneri di provata efficienza), ridurre la porosità della massa insilata (compattamento adeguato ed utilizzo anche di film barriera) e scartare qualsiasi parte dell’insilato visibilmente ammuffita o mal conservata.

Pubblicato su Feedstuff vol. 85 12-08-‘13

 

di Bill Mahanna, Ph.D., Dipl. ACAN
CORTEVA Global Nutritional Sciences Manager