La pubblicazione nel 1982 del libro “Nutrition Ecology of the Ruminant” di Peter J.Van Soest segnò uno spartiacque nel modo di concepire la nutrizione dei ruminanti. Oltre a introdurre nuovi nutrienti e gettare le basi che poi permisero lo sviluppo del “Cornell Net Carbohydrate and Protein System (CNCPS)”, utilizzato oggi da buona parte dei nutrizionisti del mondo, in questo testo Van Soest fece un’approfondita descrizione della posizione ecologica dei ruminanti.
Questa premessa è la condizione necessaria per capire le profonde differenze che ci sono nella fisiologia digestiva dei ruminanti domestici anche se appartengono alla medesima classe (mammalia), al medesimo sottordine (ruminantia) e alla stessa famiglia (bovidae). Durante il neolitico (10.000 – 3.500 AC), nelle steppe del medio e vicino oriente, l’uomo si trasformò da cacciatore-raccoglitore ad agricoltore-allevatore. E’ in questo periodo che avvenne la domesticazione di alcuni animali e di molti dei cereali che oggi ancora coltiviamo. L’uomo scelse tra le specie selvatiche che cacciava quelle più semplici da domesticare e più funzionali per la produzione di cibo. Dall’Uro (Bos primigenius) si sono evoluti i bovini, dall’Egagro (Capra aegagrus) la capra, dal Bubalus antiquus la Bufala e da molte specie del genere Ovis le pecore che ora alleviamo.
Questi progenitori dei ruminanti domestici vivevano allo stato selvatico, occupando nicchie ecologiche diverse in modo da poter accedere alla maggiore quantità possibile di alimenti con la minima competizione alimentare. La capra ha una grande abilità nel selezionare germogli e le parti più digeribili delle erbe e degli arbusti. La pecora ha anch’essa questa caratteristica, ma meno accentuata. Le vacche e le bufale mangiano prevalentemente l’erba che brucano. Immaginiamo la coesistenza di bufale, vacche, pecore e capre in un medesimo ambiente fatto di prati, alberi bassi e arbusti. La bufala brucherà a fondo l’erba del prato, la bovina invece pascolerà un po’ più in alto da terra lasciando la parte più dura delle specie erbacee, la pecora preferirà la parte più alta e tenera dell’erba mentre la capra sarà ancora più selettiva cercando nell’erba, negli alberi e negli arbusti le parti più tenere.
Questo preferire un essenza vegetale ad un’altra, e l’abilità o meno di scegliere le parti più tenere, deve essere ben presente al nutrizionista che si appresta a formulare diete per questi ruminanti domestici. Ognuna di queste specie ha i suoi fabbisogni nutritivi, necessita di una diversa granulometria di macinazione dei concentrati e, se si vuole adottare la tecnica dell’unifeed, richiede lunghezze differenti della fibra “lunga”.
Questi diversi comportamenti alimentari sono il frutto di una differente anatomia della bocca e del tratto digerente. Nella tabella 1 viene riportato il rapporto esistente tra l’indice ipsodontico (HI), che misura il rapporto tra l’altezza della corona del terzo molare e la sua larghezza occlusale, e il rapporto larghezza palato/larghezza muso (RMW) nelle diverse specie di erbivori.
Tabella 1 – Rapporto tra l’indice ipsodontico (HI) e il rapporto larghezza palato/larghezza muso (RMW) negli erbivori. Tratto da “Nutritional Ecology of the Ruminant” di Peter J. Van Soest.
Le bufale, che sono la specie pascolatrice per eccellenza, hanno un alto HI (grandi molari) e un alto RMW (bocca larga) che gli permettono di ingerire rapidamente grandi quantità d’erba di diversa digeribilità su cui poi praticare un’intensa masticazione ruminale. Le pecore, e le capre in particolare, sono invece “selettori”. Hanno infatti un basso HI e un basso RMW. Questo tipo di bocca le agevola nella selezione delle piante più tenere ma anche dei concentrati nelle razioni unifeed.
Anche il rapporto tra complesso rumino-reticolare e intestino è differente nelle quattro specie di ruminanti domestici considerate. La bufala ha un rumine più grande e un intestino più breve rispetto alla bovina. Nella capra il rumine è molto più piccolo e l’intestino molto più lungo. La pecora ha rapporti intermedi e si posiziona quindi tra la bovina e la capra. Nella bufala la particolare conformazione della bocca e dei denti, e l’avere un rumine di grandi dimensioni e un intestino corto, fanno sì che il transito ruminale del cibo sia molto lento. Questo consente una lenta ma molto efficiente fermentazione della fibra e, quindi, la sua massima valorizzazione nella produzione di biomassa microbica (proteina metabolizzabile) e acidi grassi volatili.
Pertanto, le peculiarità della bufala, almeno rispetto alla bovina, sono:
- Migliore capacità di utilizzazione di alimenti di bassa qualità (Norton 1979, Devendra 1983, Moran 1983).
- Più alto tasso di degradazione degli alimenti nel rumine (Infascelli 1995).
- Differenze nel microbiota ruminale (Zaki el-dine 1985), più batteri cellolosolitici (Sadhana 1992, Malakar 1995) e più protozoi (Franzolin 2006).
- Maggiore biomassa ruminale.
- Utilizzo di una maggiore quantità di materia organica per la produzione della biomassa.
- Minore velocità di transito ruminale della dieta.
- Complesso reticolo-rumine più grande e con una maggiore capacità d’assorbimento degli acidi grassi volatili.
- Tempo dedicato maggiormente alla ruminazione rispetto a quello dedicato all’ingestione.
- Maggiore concentrazione d’ammoniaca nel rumine, forse per una maggiore sintesi epatica di urea. Ciò contribuisce ad una maggiore digeribilità della cellulosa.
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