Sembra che, nella trasformazione degli allevamenti in “allevamenti di precisione”, ormai il “dado è tratto”, almeno per quelli più evoluti. I vantaggi sono tanti: minori costi di produzione, maggiori performance, minore produzione di gas serra e sostanze eutrofizzanti e miglior benessere animale. In questi allevamenti di bovine da latte, tutto viene programmato e poco è lasciato alla causalità e ai “capri espiatori”. Il dogma metodologico della medicina “anamnesi-diagnosi-terapia-prognosi” (ADTP) viene integralmente clonato anche nelle pratiche agricole e zootecniche.

La nutrizione minerale è un aspetto fondamentale del ciclo di produzione del latte, ma anche della carne, non tanto perché in grado di modulare direttamente (nel bene e nel male) i profitti, ma perché una sua non gestione professionale può condizionare molto sensibilmente le produzioni, la salute e la fertilità delle bovine da latte.

Seguendo il dogma ADTP, prima di decidere le concentrazione dei macrominerali (calcio, fosforo, sodio, cloro, zolfo, magnesio e potassio) e dei microminerali (zinco, manganese, selenio, rame, molibdeno e ferro) della dieta si può procedere in due modi. Il primo, tradizionale, si avvale di tabelle ed esperienza personale per decidere quali e quanti minerali apportare a prescindere dall’analisi delle prevalenze delle patologie metaboliche e dalla concentrazione minerale degli alimenti zootecnici effettivamente disponibili in allevamento. Una volta questo metodo aveva una qualche giustificazione perché quantificare i singoli minerali di un alimento era estremamente costoso. Ora, con la spettrofotometria XRF, è possibile quantificare, con accuratezza e a bassi costi,  gli elementi di un campione attraverso la radiazione di fluorescenza emessa. Il secondo metodo, ossia quello delle “precision farming”, è apparentemente più complesso ma più preciso. Prima però di addentraci nella nutrizione minerale di precisione è bene fare il punto della situazione sulle patologie derivanti dai disturbi minerali, che hanno il picco di prevalenza nella fase di transizione e condizionano l’attitudine casearia del latte.

Le malattie metaboliche sono un gruppo di patologie non trasmissibili, ossia non causate da organismi patogeni, che rappresentano ben il 75% delle malattie nelle bovine da latte e che si manifestano nel periodo che va dalle ultimissime settimane di  gravidanza alle prime tre settimane di lattazione. Tali patologie hanno inoltre un’insorgenza molto legata alla distanza dal parto e sono estremamente interconnesse tra loro. E’ nell’asciutta che si concentrano i relativi principali fattori eziologici e di rischio.

Il bilancio energetico negativo (NEBAL), il bilancio proteico negativo (NPB) ed eccessi e carenze di minerali e vitamine in asciutta, sono i principali fattori di rischio ed eziologici delle malattie metaboliche. Una non esatta conoscenza della concentrazione dei minerali negli alimenti destinati alle ultime 8 settimane di gravidanza o apporti erronei possono causare gravi malattie metaboliche, come la sindrome ipocalcemica (che ha nel collasso puerperale la sua più evidente forma clinica), l’edema mammario patologico (che interferisce anche a lungo termine sulla mungibilità della bovina e sul sistema difensivo del capezzolo) e lo stress ossidativo. Quello che potrebbe succedere in asciutta è un eccessivo apporto di calcio, fosforo, potassio e sodio contemporaneamente, oppure, circostanza che si verifica più frequentemente, di uno o più di questi.

I foraggi rispecchiano la composizione minerale della terra in cui sono coltivati. Esiste quindi una forte variabilità tra zone anche limitrofe. Inoltre, nelle diete destinate alle bovine, ma anche agli altri ruminanti, la proporzione di foraggi è molto elevata (≥80%) per cui è la loro concentrazione minerale a condizionare gli apporti giornalieri agli animali. Di converso, si possono presentare, per le stesse ragioni, carenze di magnesio, cloro e zolfo.

I fabbisogni minerali delle bovine nelle ultime settimane di gravidanza sono ormai noti e condivisi da moltissimi anni. Di conseguenza, conoscere con precisione quanti minerali vengono naturalmente apportati aiuta a preparare piani alimentari corretti e ad evitare sia le malattie metaboliche che derivano direttamente dai disordini minerali sia quelle ad essi correlati. La procedura che consigliamo è la seguente:

  • in primis, si devono determinare i fabbisogni minerali e vitaminici utilizzando le tabelle contenute nel Nutrient Requirements of Dairy Cattle (ed. 2001) oppure fonti ricavabili da riviste scientifiche;
  • successivamente, è necessario quantificare la concentrazione dei macrominerali e degli oligoelementi dei foraggi utilizzabili sia per la dieta d’asciutta che per quella di preparazione al parto;
  • va eseguito un esame ematochimico su un campione di bovine da latte (manze, secondipare e pluripare) o altro al fine di quantificare il calcio, il fosforo, il magnesio, il sodio, il cloro e il potassio nel sangue. Se, a fine gravidanza, si sospetta uno stress ossidativo a decorso cronico ed endemico, è possibile anche determinare lo “status” di vitamine come la E e la A e degli oligoelementi che partecipano al sistema antiossidante.

Con queste informazioni è possibile formulare la dieta d’asciutta e di preparazione al parto più appropriata per prevenire i disordini minerali e le malattie metaboliche ad essi correlate.