Nel corso degli ultimi tre anni (2020-2022) abbiamo imparato che l’impossibile può diventare possibile; abbiamo dovuto fare i conti con nuove incognite – sanitarie, geopolitiche – impensabili, con le montagne russe di tante variabili, e con gli impatti finanziari e sull’economia reale che hanno generato incertezza e preoccupazioni su ampie fasce della popolazione. Abbiamo anche compreso che chi si espone a prospettare il sentiment generale o a darne interpretazione tende a seguire le stesse dinamiche estreme: da eccesso di ottimismo a esagerato pessimismo e viceversa.

In questo senso, lISMEA ha cercato di fornire un quadro oggettivo dell’evoluzione dei mercati agricoli dall’inizio del conflitto in Ucraina attraverso una serie di report specifici. A un anno dall’inizio dell’invasione Russa dell’Ucraina, si è ritenuto di rifare il punto dello stato dell’arte rispetto allo scenario economico generale e alle principali variabili di mercato per il settore agroalimentare.

I mercati agroalimentari internazionali

Lo scenario internazionale e l’inflazione hanno avuto ripercussioni anche sul mercato dei prodotti agricoli e degli input in Italia. A livello nazionale, ancora nell’ultimo quarto del 2022 si registrava un incremento congiunturale dei prezzi dei mezzi correnti di produzione; in particolare, per i costi legati alle produzioni vegetali e per quelli delle produzioni zootecniche (+ 25,2%). Gli aumenti maggiori si registrano per prodotti energetici (+71,2%), lavori conto terzi (+33,9%) e mangimi (+31,5%).

In particolare, a gennaio i prezzi dei fertilizzanti sono diminuiti del 3,2% rispetto al mese precedente. Considerando i dati di sintesi del 2022 e facendo riferimento ai due macro-comparti agricoli, per le coltivazioni l’aumento dei prezzi dei mezzi correnti di produzione (+24,3%) è stato in media superiore a quello dei prezzi dei prodotti (+18,1%), determinando un peggioramento della ragione di scambio. Al contrario, per la zootecnia l’aumento dei prezzi dei prodotti (+25,5%) ha controbilanciato quello dei  mezzi correnti di produzione (+21,8%), garantendo un miglioramento della ragione di scambio rispetto al 2021.

L’aumento dei prezzi si è accompagnato, inoltre, nel caso delle coltivazioni, a un calo dei volumi prodotti nel 2022 (-2,2% rispetto al 2021, cfr. Stima preliminare dei conti economici dell’agricoltura, Gennaio 2022), riconducibile a un’annata caratterizzata da eventi climatici particolarmente sfavorevoli, con basse temperature primaverili, eccezionali ondate di calore nel periodo estivo e pressoché totale assenza di precipitazioni e un clima caldo e asciutto che si è protratto per gran parte dell’anno in molte aree del Paese. Il settore zootecnico ha invece mantenuto volumi produttivi sostanzialmente stabili rispetto al 2021 (-0,3%).

Gli effetti del clima sfavorevole si sono manifestati in maniera evidente sui seminativi; infatti, nel 2022 le rese ad ettaro si sono ridotte soprattutto per il mais (-19% a 8,3 t/ha) che, unitamente al calo delle superfici (-4,2%), ha comportato una più decisa contrazione dei raccolti (-23% a 4,7 milioni di tonnellate). Negativi sono stati anche gli esiti produttivi del frumento tenero con le rese scese del 16%, cui è corrisposta una flessione meno consistente dei raccolti (-10% a 2,8 milioni di tonnellate) grazie all’incremento delle superfici (+8%), della soia (rese in calo del 15% ma raccolti in aumento del 2% a 906 mila tonnellate grazie alla crescita del 20% delle superfici seminate), del frumento duro (rese e raccolti in calo di circa il 10% a 3,7 milioni di tonnellate per la sostanziale stabilità degli investimenti); al contrario, per l’orzo si è registrato un incremento delle superfici e dei raccolti (+6% a 1,1 milioni di tonnellate) con una stabilità dei rendimenti unitari.

Anche per i raccolti 2023, si prefigura uno scenario produttivo nazionale poco rassicurante, verosimilmente a causa del perdurare delle condizioni climatiche caratterizzate da scarse piogge nel periodo invernale; le intenzioni di semina dell’Istat (realizzate attraverso interviste a un campione di aziende condotte nel periodo autunnale), infatti, indicano una flessione delle superfici destinate a frumento duro (-1,6% sul 2022), mais (-6,2%), soia (-16,7) e girasole (-1,1); dovrebbero invece rimanere stabili l’orzo e crescere gli investimenti a frumento tenero (+6,2).

Gli scambi internazionali

Nel 2022, le importazioni di prodotti agroalimentari dall’Ucraina, contrariamente alle attese, sono cresciute in misura consistente per un valore pari a 899 milioni di euro (+72%) con aumenti dei volumi per i prodotti principali. L’Ucraina è anche, dopo l’Ungheria, il secondo  fornitore di mais dell’Italia, soddisfacendo nel 2022 il 17% in volume delle richieste all’estero; anche in questo caso, nel 2022, le provenienze dall’Ucraina sono quasi raddoppiate rispetto al 2021 oltrepassando 1 milione di tonnellate (+79,6% sul 2021) per un valore superiore a 325 milioni di euro.

I mercati agricoli nazionali

Anche il mercato del mais ha risentito della guerra tra Russia e Ucraina, in considerazione soprattutto del fatto che l’Ucraina soddisfa circa il 13% delle richieste globali configurandosi come il terzo esportatore, dopo Usa e Argentina. Il prezzo della granella di mais è sceso dal record di 382,05 euro/t di marzo 2022 a 310,13 euro/t a febbraio 2023 (-19%), mantenendosi comunque su un livello di prezzo più elevato del 22% rispetto al valore medio del 2021. Per questo prodotto, è verosimile prospettare, facendo riferimento unicamente alle variabili di base del mercato, il mantenimento di quotazioni sostenute nel breve periodo in ragione del calo globale dell’offerta e delle scorte nel 2022, anche in considerazione degli eventi climatici poco favorevoli. Con riferimento ai prodotti proteici a destinazione mangimistico-zootecnica, è da segnalare anche l’incremento del prezzo della soia, per la quale l’Italia importa in media il 70% del fabbisogno nazionale.

I principali paesi di provenienza sono Brasile (il 58% dei volumi complessivi nel 2022), Canada (il 17%), USA (il 13%) e anche Ucraina, che ha soddisfatto le nostre richieste all’estero nella misura di solo il 4%; è da rilevare che il ruolo del paese nello scenario produttivo e commerciale internazionale è del tutto marginale rappresentando solo l’1% sia dei raccolti che dell’export di soia. Dopo aver raggiunto il record superiore a 700 euro/t ad aprile 2022 – conseguente alla flessione dei raccolti sudamericani del 2021/22 – il prezzo medio nazionale si è ridimensionato a 554,83 euro/t nella terza settimana di febbraio 2023 (-20% su marzo 2022) attestandosi su un livello di prezzo più basso del 6% rispetto a quello medio del 2021.

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