Si sta sempre più delineando la certezza che per dare un futuro alla zootecnia italiana bisogna dare una precisa identità ai prodotti del latte e della carne perché competere sia sul mercato interno che estero con il prezzo per noi italiani è impossibile.
L’arrosticino è una preparazione gastronomica italiana che dall’Abruzzo si sta diffondendo sia in Italia che all’estero perché soddisfa molti desiderata della gente. Ha un buon sapore, si può cuocere in molti modi e la preparazione è veloce. Si può trovare nei ristoranti ma anche tra i cibi da strada, e se viene preparato come la tradizione abruzzese vuole, ossia con carni di pecore abruzzesi o dei territori limitrofi, ha anche non pochi aspetti salutistici a suo favore.
Dal 2018 l’Arrosticino d’Abruzzo è un marchio collettivo come lo è l’agnello d’Abruzzo. E’ ormai passato del tempo da quando l’Associazione Regionale Produttori di Arrosticini, costituita da industrie che lavorano carni ovine, fece richiesta di riconoscimento come IGP.
Ruminantia con l’articolo dal titolo Gli arrosticini e l’equivoco delle IGP del 14 febbraio 2022 sollevò alcune perplessità sul fatto che non ci fosse un’obbligatorietà, per fare questa specialità, ad utilizzare solo carne abruzzese o tutt’al più delle regioni limitrofe dove si pratica la transumanza.
Le obiezioni erano, e sono, che la carne locale era insufficiente e comunque di scarsa qualità organolettica. Se si fosse continuato a percorrere quella strada si sarebbe continuato ad appannare l’immagine di determinati prodotti a denominazione e a creare precedenti negativi nel mercato agro-alimentare perché l’origine della materia prima è anche per i consumatori molto importante.
Abbiamo visto in tempi recenti come nelle carni la gente, guardando l’etichetta, preferisca acquistare tagli di animali nati, allevati e macellati in Italia e la GDO asseconda, giustamente, questo interesse. L’Associazione Regionale Allevatori d’Abruzzo, in qualità di capofila, e con il partner scientifico dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo, unitamente a aziende agricole e industrie di trasformazione, ha invece avviato l’iter di richiesta della DOP con il chiaro intento di proteggere l’Arrostino d’Abruzzo e soprattutto la produzione locale di carne.
Per approfondire questo importante argomento abbiamo incontrato il direttore e il vicepresidente di ARA Abruzzo, rispettivamente Francesco Cortesi e Gabriele Di Giammartino.
Con Cortesi e Di Giammartino, nel corso di una lunga e piacevole chiacchierata sia sullo specifico argomento dell’Arrosticino d’Abruzzo DOP e più in generale sull’importanza che ha per il nostro Paese l’arricchire di contenuti il nostro agroalimentare, abbiamo condiviso il fatto che l’Arrosticino d’Abruzzo DOP affiancherà quello non a denominazione ed essi avranno due mercati diversi e paralleli, come di fatto succede con altri prodotti agroalimentari come ad esempio con la Mozzarella di Bufala e la Mozzarella di Bufala Campana DOP.
Se “andrà” di più l’una o l’altra tipologia di prodotto dipenderà da molti fattori, come il prezzo, l’azione promozionale e la capacità delle DOP di valorizzare le possibili superiori caratteristiche organolettiche e narrative. Sicuramente le DOP hanno un potente ombrello di protezione nei confronti della concorrenza sia italiana che straniera e, a quanto risulta dal report Osservo Immagino GS1 Italia (2/2023), tra i claim sulle etichette e le confezioni che richiamano l’italianità, quello relativo alle DOP è l’unico in crescita.
Coinvolgere gli allevatori abruzzesi nel progetto Arrosticino d’Abruzzo DOP oltre ad essere una grande opportunità richiede però una partecipazione tecnica attiva. Le carni che servono per questa DOP devono essere di elevata qualità organolettica e per questo servono razze o linee selettive dedicate. Inoltre, il pascolo può dare un contributo sia salutistico che tecnico alla carne prodotta per questa specialità.
Ruminantia seguirà con molta attenzione l’evoluzione che avrà questo progetto e fa un plauso ad ARA Abruzzo per questa iniziativa “concreta” di dare una prospettiva e un futuro agli allevamenti di pecora abruzzesi.
Il futuro della zootecnia italiana, soprattutto delle aree non di pianura e non irrigue, sarà puntare alle tante filiere che si possono creare intorno alle tradizioni locali proteggendole con marchi collettivi o marchi comunitari come quelli a denominazione d’origine, sempre che ci sia l’obbligatorietà che la materia prima principale sia di limitrofa provenienza.