Per raccontarvi la storia di oggi ci siamo addentrati nell’alta Valle Brembana, e più precisamente in un paese chiamato Branzi dove dal 1700 nel mese di settembre, al momento della discesa dagli alpeggi, malghesi e commercianti si incontravano per dar luogo ad una ricca fiera di formaggi prodotti nel periodo estivo. Basti pensare che in due giorni venivano battute all’asta tra le 15.000 e le 18.000 forme prodotte in alpeggio. I malgari, infatti, durante l’alpeggio portavano i loro formaggi a stagionare nelle “casere” di Branzi, ovvero in locali di stagionatura appositamente adibiti alla maturazione di questi prodotti. La fiera, intitolata a San Matteo, nel 1877 divenne, con documento ufficiale del Comune, anche fiera del bestiame e tutt’oggi, seppur in maniera più dimessa, rappresenta un momento di ritrovo che si ripete per festeggiare il rientro a casa degli allevatori e delle loro mandrie e godere dei prodotti caseari frutto del loro lavoro. Il formaggio prodotto in questa area è chiamato “Branzi” proprio per sottolineare il forte legame con il territorio, e si presenta con un tipico colore giallo paglierino, dovuto alle essenze foraggere presenti nei pascoli di montagna, e un sapore dolce e delicato.

È in questa cornice che nel 1953, Giacomo Midali custode delle casere di San Matteo, ebbe l’idea di dare continuità a questa produzione tipica fondando la “Latteria Sociale Casearia di Branzi”, cui aderirono circa 200 piccolissimi produttori, con lo scopo di raccogliere il latte delle stalle della Valle Brembana e delle aree limitrofe, con la sua tipicità legata alla qualità del foraggio e dei pascoli, e lavorarlo secondo i metodi tradizionali usati in alpeggio.

Oggi la Latteria Sociale di Branzi è gestita dalla terza generazione della famiglia Midali, conta circa 70 aziende socie ed è caratterizzata da una visione imprenditoriale rivolta all’innovazione e alla modernità. Ritroviamo infatti questi giovani casari a partecipare agli eventi più esclusivi del mondo lattiero-caseario nazionale levandosi anche belle soddisfazioni, come quest’anno agli Italian Cheese Awards dove hanno conquistato il podio con il loro semistagionato denominato “Tipico Branzi della Latteria di Branzi”.

Curiosi di scoprire un po’ di più su come venga conciliata tanta tradizione ad altrettanta innovazione, abbiamo rivolto qualche domanda a Francesco Maroni, terza generazione della famiglia fondatrice e attuale direttore dell’azienda.

Innanzitutto, come si presenta oggi la Latteria Sociale?

Dagli anni ’50 ad oggi possiamo dire di aver portato le famiglie locali a diventare aziende agricole, focalizzando l’attenzione sulla qualità del latte e sul mantenimento delle caratteristiche organolettiche garantite dalla pratica del pascolamento. Queste realtà allevano principalmente bovine di razza bruna, con una consistenza media di 14 capi in mungitura, e sono situate esclusivamente in montagna. La posizione geografica, se da una parte dona al latte delle caratteristiche intrinseche di elevata qualità, dall’altra complica notevolmente la logistica della raccolta, se considerate che per ritirare circa 180 – 200 quintali di latte, ovvero il quantitativo lavorato giornalmente, ci impieghiamo circa 2 giorni e dobbiamo percorrere quasi 350 km di strada. La conduzione delle stalle è rimasta prettamente familiare e si ricorre ad un’alimentazione di tipo tradizionale, anche in relazione all’impossibilità di realizzare prodotti come gli insilati. Dunque, tutte le aziende rappresentano un piccolo modello di sostenibilità intrinseca e hanno un ruolo fondamentale nella tutela del paesaggio e dell’ambiente.

E per quanto riguarda la parte di trasformazione del latte?

Dunque, la principale produzione è sicuramente il Branzi, uno dei più antichi e tipici formaggi delle Orobie, che prende il nome appunto dal paese dell’alta Valle Brembana dove è nata a produzione tradizionale. Dovete sapere che storicamente Branzi, Bitto e Formai de Mut erano un’unica produzione, poi però ogni zona si distingueva per alcune peculiarità. La Valtellina ad esempio inseriva tradizionalmente anche latte di capra, perché orograficamente, essendo una valle più larga, si prestava meglio a questo animale, a differenza della Val Brembana dove invece la capra era letteralmente bandita poiché, essendo più stretta, il modo aggressivo di pascolare tipico di questo animale rovinava il sottobosco. Al di là di queste differenze, possiamo però tranquillamente affermare che la tecnica di produzione di questi tre formaggi è sostanzialmente la stessa, per il Branzi però non si è voluto intraprendere il percorso DOP ma è stato riconosciuto come “PAT”, ovvero Prodotto Agroalimentare Tradizionale. Oltre a questo, da circa 7-8 anni abbiamo voluto diversificare un pò l’offerta allargando il paniere proposto ai nostri clienti con la produzione anche di yogurt e dessert.

Dunque, Francesco, abbiamo parlato della gestione della produzione primaria e della trasformazione, puoi dirci qualcosa per quel che riguarda le vendite?

In azienda siamo una squadra di 18 addetti e siamo interessati sempre a valutare nuovi sbocchi di mercato e nuovi investimenti. Al momento vengono gestiti 2 punti vendita in zona e un locale in centro a Bergamo chiamato “Bucheese Bar”, dove oltre ai formaggi vengono serviti drink alcolici e analcolici ottenuti unendo il siero di latte ai tradizionali ingredienti come frutta, gin, vodka e bollicine. Effettuiamo anche e-commerce attraverso il nostro sito e forniamo la GDO. A latere di tutto ciò prendiamo parte ad eventi e concorsi si scala nazionale come Formaggi in Villa, Made in Malga e il sopra ricordato Italian Cheese Awards, in quanto li riteniamo un utilissimo momento di confronto per mettersi in discussione e crescere professionalmente.  Proprio per questo la Latteria è anche partner e attiva sostenitrice di alcuni tra i più importanti progetti per la valorizzazione delle risorse culturali, ambientali e umane delle Orobie, tra cui “Forme“, “B2cheese” e “I formaggi principi delle Orobie“.

Che dire, sicuramente un’azienda dove innovazione ed inventiva sono all’ordine del giorno! Prima di salutarci ci diresti come vi vedete in futuro?

Quello che ci diciamo sempre con i miei familiari è che gestiamo dei prodotti molto più longevi di noi, che hanno la necessità di non essere alterati e di essere preservati nel futuro.  Non ci vediamo più grandi o più belli, vogliamo solo portare avanti questo compito di trasferire la conoscenza di una produzione tradizionale, preservando e conservando un formaggio che affonda le sue radici nei secoli. Riteniamo inoltre fondamentale diffondere un modello di cooperazione, in cui il ricambio generazionale venga accompagnato in maniera discreta ma costante, ed è quello che cerchiamo di assicurare a tutti nostri conferenti.