L’ambiente di coltivazione è dominante

La grande influenza che gli ambienti di crescita hanno sulla qualità degli insilati è rappresentata in Figura 1. Il grafico mostra la resa in tonnellate di trinciato verde, il contenuto di amido e la digeribilità della fibra (NDFD a 24 ore) ottenute con lo stesso ibrido coltivato in 14 località del Michigan nel 2009. Il grafico mostra le ragioni per cui, quando si confrontano ibridi coltivati in aziende diverse, non è corretto attribuire alla sola genetica vegetale le differenze nutrizionali fra insilati. È anche per questo motivo che le società sementiere e le università effettuano confronti tra ibridi con parcelle dello stesso campo e nelle stesse condizioni (fianco a fianco).

Figura 1

Si può fare un’analogia con il seme di toro. Prima dell’introduzione di sistemi di indicizzazione genomica più sofisticati, l’industria dell’inseminazione artificiale si affidava a procedure statistiche che prendevano in considerazione la genetica della madre e l’ambiente (stabulazione, igiene, nutrizione, ecc.) per valutare le differenze produttive tra vacche nate in diverse località dal seme dello stesso toro. Questo era importante perché non esiste una limitazione agli ambienti in cui il parto può avere luogo.

Questo non è però possibile con la genetica del mais, perchè gli ambienti di coltivazione sono limitati. Di conseguenza, le società sementiere devono confrontare ibridi coltivati l’uno accanto all’altro in campi multiparcellari (quindi posti tutti nello stesso ambiente o comunque con una limitata variabilità). È altrettanto importante confrontare gli ibridi all’interno della medesima classe di maturità, con lo stesso trattamento del seme, per tipologia di pianta, per densità di semina (un esempio: campi con minor densità produrranno un più alto valore di NDFD).

L’influenza delle condizioni di crescita, osservate fra ibridi in diversi anni e in diverse località sperimentali (soprattutto per l’umidità ambientale), sono le principali fonti di variabilità per i parametri nutrizionali. Un articolo dell’Ohio Farmer ha citato il dott. Fred Below, professore di fisiologia vegetale dell’Università dell’Illinois, che attribuisce il 19% della resa alla genetica, il 27% all’ influenza del clima, il 26% alla disponibilità di azoto, il10% alla rotazione, l’8% alla densità, il 6% alla preparazione del terreno, e il 4% ai regolatori di crescita.

Asciutto e moderatamente caldo

Van Soest and Hall (1998) hanno evidenziato come le annate fresche e secche siano le migliori per la qualità del silomais. Le temperature fresche, specialmente di notte, tendono a inibire lo sviluppo delle pareti cellulari secondarie mentre i gradi di calore accumulati dopo la fioritura sono più importanti nel determinare il valore del silomais, favorendo una maggiore produzione di granella. Anche un leggero stress ambientale durante la formazione della pianta di mais (tra la sarchiatura e la fioritura) sembra essere importante.

Gli studi di Mertens (2002) indicano come le condizioni atmosferiche prima e dopo la fioritura possano influenzare il valore nutritivo di un silomais. Mertens ha analizzato campioni di trinciato di mais appena raccolti, prodotti con ibridi diversi e, conoscendone la georeferenziazione, ha elaborato una correlazione fra analisi nutrizionale e dati delle stazioni meteorologiche. Le condizioni di crescita prima della fioritura hanno influenzato l’altezza, la resa della pianta e la sua digeribilità, mentre le condizioni di crescita dopo fioritura hanno esercitato un maggiore effetto su produzione in granella e sulla digeribilità totale della sostanza secca (Mertens, 2002).

In passato è stato suggerito che per le colture irrigue, gli agricoltori potessero stressare le piante limitando l’apporto idrico in pre-fioritura per aumentare il NDFD, distribuendo poi l’acqua risparmiata in modo più abbondante durante la fase di riempimento della granella. Tuttavia, uno stress eccessivo durante la crescita vegetativa, può ridurre le rese complessive, con piante più basse, internodi raccorciati e minori rese in granella. Allo stadio di sesta foglia, infatti, la pianta differenzia già la spiga, determinando la numerosità dei ranghi. Il numero di cariossidi per rango, ovvero la lunghezza della spiga, viene invece determinata alla fioritura. Diventa quindi difficile pensare di togliere e mettere acqua a piacere senza il rischio di compromettere irrimediabilmente le rese. Sono necessarie molte più ricerche su tempi e modi di irrigazione del mais per riuscire a influenzare positivamente sia la produzione di insilato che il suo valore nutrizionale.

La Figura 2 mostra come cinque ibridi, raggruppati in base alle condizioni medie di crescita in Michigan durante la fase di levata, differivano per il parametro NDFD. Su tutti gli ibridi, l’umidità e il calore hanno esercitato un effetto sull’NDFD, ma l’umidità ha avuto un’influenza maggiore. Alcuni ibridi (per esempio l’ibrido C) sembrano essere più suscettibili all’influenza ambientale.

Figura 2 (dati del Dr.Dann Bolinger, Pioneer Dairy Specialist, 2009)

La Figura 3 illustra altri dati provenienti da prove parcellari della Michigan State University, confrontando trinciati raccolti in una stagione di crescita relativamente umida (2006) con gli stessi ibridi raccolti nella medesima località in una stagione di crescita relativamente secca (2007). Gli ibridi hanno registrato una media di 6,5 punti in più di digeribilità della fibra a 24 ore durante l’anno asciutto. È interessante notare che, come previsto, il valore più alto in NDFD per entrambe le stagioni era ottenuto da un ibrido BMR, ma quasi la metà degli ibridi convenzionali cresciuti durante l’anno “asciutto” erano più alti in NDFD rispetto all’ibrido BMR coltivato nel anno umido.

Figura 3

Interazioni

I genetisti sono molto interessati a comprendere l’interazione tra genetica e ambiente. Se questa è significativa (in senso statistico), vuol dire che gli ibridi cresciuti in ambienti diversi potrebbero essere classificati diversamente per ogni particolare carattere. Per contro, potrebbero essere classificati in modo simile in tutti gli ambienti, ma la differenza relativa per un carattere sarebbe minore o maggiore a seconda del particolare ambiente.

Mentre l’interazione tra genetica e ambiente è un effetto reale, sperimentato in molte prove per determinare l’area di adattamento degli ibridi, non vi è alcuna indicazione che le caratteristiche nutrizionali siano più suscettibili alle interazioni ambientali rispetto ad altri caratteri connessi alla resa in granella o di massa (Coors, 1996).

Ricerche condotte da breeders del mais indicano che per avere una probabilità del 95% di scegliere l’ibrido migliore per la produzione di insilato o per caratteristiche nutrizionali, sono necessari circa 20 confronti diretti negli stessi appezzamenti, preferibilmente su più anni, per tenere conto di effetti ambientali. I dati di un singolo appezzamento sono pressoché privi di significato a causa della variabilità causata da fattori quali la compattazione del suolo, la rotazione, il valore di fertilità, la storia delle concimazioni, il tipo di suolo, la disponibilità di acqua, la tecnica di coltivazione e il danno degli insetti.

In sintesi

Quando si parla di selezione genetica per ibridi da insilato, i campi prova delle università e delle aziende sementiere hanno dimostrato che le differenze genetiche per NDFD tra ibridi non BMR sono minime (3- 4%). La grande variabilità notata dai nutrizionisti per l’NDFD da una trincea all’altra e da una stagione all’altra è più il risultato di fattori ambientali come le condizioni di crescita e il momento di raccolta. In generale, le condizioni secche durante lo sviluppo della pianta (fra la sarchiatura e la fioritura) aumentano la digeribilità, mentre le condizioni di umidità migliorano la resa (piante più alte) e tendono a ridurre la digeribilità della fibra.

È bene che gli alimentaristi partecipino al processo di selezione genetica e che abbiano un ruolo nella scelta degli ibridi da seminare in azienda. Per la medesima ragione è altrettanto importante che siano informati del ruolo della genetica e dell’ambiente nel determinare la caratteristiche nutrizionali del foraggio.

Pubblicato su Feedstuff vol.82, N.24, 06-10

 

A cura di Bill Mahanna,
Iowa State University Global Nutritional Sciences Manager,
DuPont Pioneer