E’ innegabile che ridurre all’indispensabile l’uso degli antibiotici anche negli allevamenti di Ruminanti sia giusto, auspicabile e non procastinabile, visto l’aumento esponenziale di ceppi batterici ultra resistenti a queste sostanze.

Il consumo di pomate antibiotiche endomammarie per curare le mastiti delle bovine da latte rappresenta meno dell’0.5% del consumo totale di antibiotici negli animali da reddito allevati in Europa (EU31; questo secondo il 9° rapporto ESVAC della European Medicines Agency pubblicato il 15 Ottobre 2019 e che fa riferimento al 2017); ma anche se il trattamento delle mastiti e la metafilassi alla messa in asciutta hanno una minima responsabilità, è necessario che facciamo anche noi la nostra parte, anche se il rischio di recrudescenza di questa malattia è molto elevato. Elevato perché la patologia è ben lontana dall’essere risolta.

Forte è la spinta a passare dalla terapia sistematica con antibiotici alla messa in asciutta (BDCT) alla terapia selettiva (SDCT), ossia al trattare solo le bovine con un pregresso di mastiti cliniche e subcliniche o con positività mammaria a un patogeno della mammella.

Non sappiamo quale sia in Italia la prevalenza delle mastiti cliniche, che si verificano quando il latte è visibilmente alterato, accompagnato o meno da quarti mammari caldi e dolenti e a volte anche da febbre. Non lo sappiamo semplicemente perché nessuno raccoglie sistematicamente questa informazione.

Si considera sana una mammella il cui latte ha un contenuto di cellule somatiche ≤ 200.000/ml, anche se il limite “medico” sarebbe di 100.000.

In Italia invece si misura sistematicamente la concentrazione delle cellule somatiche del latte per il pagamento latte qualità e perché un latte con un valore di cellule somatiche ≥ 400.000/ml non sarebbe commercializzabile. Grosso modo tutti i mesi nelle bovine che partecipano al programma nazionale di selezione genetica viene analizzato il latte. Nella sola Frisona, sono ben 9.896 gli allevamenti e 1.081.855 i capi (2018) che partecipano a questo programma.

“Sfruttando” la consueta disponibilità e abilità nell’elaborare i dati dell’Ufficio Studi di AIA, ed in particolare della Dott.ssa Alessia Tondo, possiamo oggettivamente valutare la reale situazione.

La sottostante Tabella 1 rappresenta la media mensile delle cellule somatiche misurate nel latte delle singole vacche di razza frisona raccolto dalle ARA durante i controlli funzionali negli ultimi 6 anni. Dal grafico si evidenzia facilmente come in nessun mese dell’anno del periodo considerato, la media delle cellule somatiche individuali sia mai scesa al di sotto delle 200.000 cs/ml, anche se il trend complessivo è in miglioramento.

Tabella 1 – Media cellule somatiche per anno/mese nella razza Frisona.

La sottostante Tabella 2 riporta la percentuale di bovine che hanno nel mese un numero di cellule somatiche > 200.000 ml. Anche in questo caso si evidenzia un trend di miglioramento, anche se la situazione risulta essere piuttosto negativa, soprattutto nei mesi estivi.

Tabella 2 – Percentuale di bovine di Razza Frisona Italiana con un alto numero di cellule somatiche per anno/mese.

La Tabella 3 riporta i risultati analitici del numero di cellule somatiche per millilitro nei campioni di latte di massa inviati all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna (IZSLER), provenienti dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna dove vengono allevate circa la metà delle bovine da latte italiane.

Tabella 3 – Numero ci cellule somatiche per millilitro.

La Tabella 4 analizza l’effetto dell’asciutta sull’andamento delle cellule somatiche, confrontando il dato individuale dell’ultimo controllo funzionale prima dell’asciutta con quello dopo il successivo parto. E’ importante ricordare che il periodo d’asciutta ha principalmente motivazioni sanitarie, dal momento che permette alla mammella di distruggere i batteri che ha eventualmente ospitato nella lattazione precedente e di esportare i grassi che inevitabilmente si sono accumulati nel fegato. Dalla lettura dei dati si possono fare le seguenti considerazioni:

  • Dal 2014 al 2019, la percentuale di bovine con la mammella sana prima dell’asciutta e dopo il parto (< 200.000 CS/ml) è passata dal 47 al 52.8%.
  • La percentuale di bovine che guariscono in asciutta è passata dal 23.1% del 2014 al 21.2% del 2019.
  • La percentuale di bovine che durante l’asciutta si ammalano di mastite o peggiorano la leucocitosi mammaria era del 20.9 % nel 2014 e del 18.9% nel 2019.

Conclusioni

  • La differenza che si nota tra l’andamento del tenore di cellule somatiche nel latte di massa analizzato dall’IZSLER e quello delle cellule somatiche individuali analizzato da AIA non deve sorprendere, anche se quest’ultimo ha una significatività “sanitaria” sicuramente superiore.
  • Il problema delle mastiti, siano esse cliniche o sub-cliniche, ad andamento acuto o cronico, è ben lontano dall’essere risolto.
  • Il passaggio dalla BDCT alla SDCT è un atto dovuto, anche se il consumo delle pomate antibiotiche endomammarie è molto ridotto.
  • Una riduzione dell’uso degli antibiotici alla messa in asciutta, se non correttamente gestita e abbinata a corrette prassi nutrizionali e zootecniche, può peggiorare un quadro sanitario già di per sé non proprio ottimale.
  • Uno dei problemi più complessi nella gestione delle mastiti sia cliniche che sub-cliniche è che cronicizzano. Spesso la cronicizzazione è dovuta ad un uso improprio degli antibiotici o all’uso di prodotti antimastitici “alternativi” di non comprovata efficacia.