Avere la possibilità di prevedere alcune performance del proprio allevamento permette agli allevatori di programmare le attività, di non prendere “lucciole per lanterne” e di non perdere la razionalità nelle decisioni.

A chi è un attento osservatore non è sfuggito come la produzione di latte e la sua qualità, il numero dei parti e la fertilità della bovina da latte cambino di mese in mese. E’ evidente anche come l’incidenza di alcune patologie sia più o meno accentuata in alcuni mesi dell’anno. Analizzare i dati che ci fornisce l’Ufficio Studi dell’Associazione Italiana Allevatori dà un’oggettiva conferma a queste “impressioni”, almeno per i “fenotipi” che vengono raccolti negli allevamenti di bovine da latte che partecipano al programma nazionale di miglioramento genetico. Fenotipi che purtroppo e inspiegabilmente sono sempre troppo pochi rispetto a quelli che potrebbero essere raccolti per seguire al meglio gli allevamenti e “affinare” la selezione genetica per i caratteri funzionali.

La produzione media mensile di latte della popolazione delle bovine di razza Frisona non è uguale nei mesi dell’anno a causa dei diversi giorni medi di lattazione, perché i parti non si distribuiscono uniformemente nell’anno, perché diversa è la durata giornaliera delle ore luce e a causa dei mutamenti di temperatura e umidità dell’ambiente (THI) durante l’anno.

In Italia, la massima produzione di latte si verifica nei mesi primaverili (20-21 marzo – 20-21 Giugno), ed in particolare nel mese di Aprile, nonostante, nei 6 anni considerati, i giorni medi di lattazione (DIM) siano stati mediamente lunghi (193). La primavera è caratterizzata da un THI che coincide con l’area di comfort termico della bovina da latte ed è un periodo in cui le ore di luce giornaliere aumentano, a partire dal giorno più corto dell’anno che è il solstizio d’inverno (20-21 Dicembre) a quello in cui le ore luce sono le più lunghe che è il solstizio d’estate (20-21 Giugno). Il sorpasso della durata delle ore luce rispetto a quelle di buio avviene proprio all’equinozio di primavera (20-21 Marzo) mentre dopo l’equinozio d’autunno (22-23 Settembre) le ore notturne superano quelle diurne. Sempre in Italia, la produzione minima si verifica in autunno ed in particolare ad Ottobre che ha, nel periodo e nella razza considerata, grosso modo gli stessi DIM di Aprile. Tra Aprile e Ottobre, nei 6 anni analizzati, a parità di DIM e generalmente di THI, c’è una differenza di ben 2.4 kg di latte.

Nella figura sottostante viene riportata la quantità di latte prodotta in Italia negli anni 2016-2017-2018-2019 secondo la Commissione Europea. In questo caso, l’elaborato si basa sull’intero patrimonio di bovine da latte italiane che conta 2.581.392 capi adulti in produzione, ospitati in 26.816 allevamenti (BDN 30/6/2019). Le brusche flessioni che si notano nel mesi di Aprile, Giugno, Settembre, Novembre e Febbraio sono dovute al fatto che i primi 4 mesi menzionati sono di 30 giorni mentre Febbraio ne conta 28.

Figura 2 – Quantità di latte prodotta in Italia negli anni 2016-2017-2018-2019. Fonte: Milk Market Observatory.

Analoga la situazione dell’andamento della produzione mensile di latte bovino nell’Unione europea (Figura 3) e negli USA (Figura 4).

Figura 3 – Produzione di latte in UE negli anni 2016-2017-2018-2019. Fonte: Milk Market Observatory.

Figura 4 – Produzione di latte in USA negli anni 2016-2017-2018-2019.

Spiegare questa forte differenza produttiva tra primavera e autunno nelle bovine da latte allevate nell’emisfero boreale è alquanto complesso. In un articolo di Alessia Tondo, dell’Ufficio Studi di AIA, e Alessandro Fantini, pubblicato a Maggio 2015, questa situazione fu denominata “Sindrome della bassa Produzione di Latte in Autunno” (SBPLA) proprio a testimonianza delle tante variabili in gioco nella determinazione di questo andamento produttivo. Una di queste si evidenzia facilmente osservando la Figura 5. Si può notare come nelle pluripare di razza Frisona la percentuale di animali con una produzione superiore ai 40 kg sia massima in primavera e minima verso la fine dell’estate. Nelle primipare invece la massima percentuale di animali con produzioni superiori a kg 40 sia ha a Maggio mentre quella minima si verifica a fine estate.

Conclusioni

Il poco tempo di cui dispongono gli allevatori e i consulenti che li assistono rende difficile consultare e riflettere sugli ormai tanti dati prodotti in azienda o disponibili nel sistema AIA-ARA. Questo crea il rischio di male interpretare le situazioni e di non prendere in tempo i giusti provvedimenti per gestire i mesi più difficili del ciclo produttivo delle bovine, ovvero quelli estivi ed autunnali. Succede spesso che da Giugno a Novembre si “brucino” la buona produzione, la salute e la fertilità che accompagnano le bovine in inverno e primavera. Una mancata consapevolezza dei dati può però portare a scelte irrazionali. Tentare di aumentare “a tutti i costi” la produzione di latte in estate e in autunno senza avere fatto le opportune operazioni nell’inverno e nella primavera precedenti è rischioso, inutile e antieconomico. Nei prossimi articoli discuteremo i dati relativi alla stagionalità della concentrazione di grasso, proteine, cellule somatiche e urea nel latte, sia nel latte individuale che in quello collettivo. Non sarà invece possibile effettuare uno studio epidemiologico sulla fertilità perché in Italia i tanti dati riproduttivi prodotti negli allevamenti non vengono sistematicamente raccolti oppure se lo sono, lo si fa con metodi e criteri tali da non poter eseguire elaborati omogenei su scala nazionale.