Le spore batteriche (o endospore) sono state studiate da molto tempo in quanto sono tra le forme microbiche più resistenti. La loro resistenza ne favorisce la sopravvivenza nelle varie fasi della catena alimentare, arrivando a contaminare i prodotti finiti dove rimangono per lungo tempo. Le spore batteriche sono presenti in quasi tutti i tipi di alimenti e, per quanto riguarda il latte e tutti i prodotti derivati, si possono considerare fra le forme microbiche più rappresentative della filiera produttiva, in grado di stabilire un forte legame dal campo alla tavola.
Caratteristiche
I batteri sporigeni sono ubiquitari in natura, si trovano comunemente nel suolo e possono colonizzare il tratto gastrointestinale degli animali a sangue caldo. Sono batteri Gram-positivi, sia aerobi che anaerobi, rappresentati in decine di generi e centinaia di specie diverse, tutti accomunati dalla capacità di formare spore durante il loro ciclo vitale (o vita vegetativa). Bacillus (Gram+) e Clostridium (Gram-) sono i due generi di batteri sporigeni più frequentemente associati a difetti o problemi igienico-sanitari dei prodotti lattiero-caseari.
Il processo di formazione della spora, chiamato sporulazione, si innesca quando durante la vita vegetativa si instaurano condizioni di elevata densità cellulare e/o di modificazione del substrato di crescita (scarsità di nutrienti, acidificazione, redox, umidità, temperatura) che determinano un rallentamento del metabolismo. La cellula entra in uno stato di dormienza ed inizia una vera e propria differenziazione morfologica con formazione di diversi rivestimenti attorno al DNA (membrana, parete, corteccia, esosporio) che proteggono il materiale genetico. Questa struttura multistrato è quella che permette alla spora di sopravvivere anche per periodi di tempo molto lunghi, perchè la rende resistente a svariati fattori e condizioni ambientali avverse: temperatura (caldo o freddo estremi), pressione, siccità, irradiazione, carenza di nutrienti, agenti chimici. Le spore dormienti, quando ritrovano condizioni ambientali favorevoli (adeguate combinazioni di temperatura, pH, attività dell’acqua, redox, presenza di nutrienti) si riattivano, germinando ed iniziando un nuovo ciclo vegetativo. La germinazione consente alle nuove cellule vegetative di moltiplicarsi aumentando di numero fino a quando le condizioni ambientali non diventeranno limitanti innescando una nuova fase di sporulazione. Di conseguenza, l’alternarsi dei cicli di germinazione, crescita, sporulazione, porta ad un aumento del numero di spore nel prodotto contaminato.
Questa solida strategia di sopravvivenza, unita alle potenzialità alterative e tossigene che possono manifestarsi anche a distanza di molto tempo dal momento della contaminazione, rappresenta il rischio principale per l’industria alimentare e lattiero casearia in particolare.
Origine della contaminazione
Il terreno rappresenta la fonte primaria di contaminazione da spore batteriche per la filiera lattiero-casearia. Le spore batteriche sono presenti in numero variabile nel terreno, da poche migliaia a centinaia di migliaia per grammo, e la loro concentrazione è influenzata dai trattamenti di concimazione organica (letami e liquami, ma anche i reflui degli impianti di biogas).
Dal terreno, attraverso veicoli quali polvere, aria, acqua, le spore possono arrivare a contaminare direttamente gli ambienti, le attrezzature, le superfici dove si effettua la mungitura e la raccolta del latte alla stalla. Si può inoltre instaurare una via “indiretta” attraverso l’alimentazione animale con foraggi e alimenti contaminati con residui di terra. Dal terreno, a causa di fattori ambientali e delle pratiche operative, le spore passano sulle colture foraggere, che si “sporcano” di terra durante la crescita in campo e durante la raccolta. Ma, mentre per i fieni il grado di contaminazione è determinato solo dalla quantità di terreno raccolta, nei foraggi insilati la contaminazione può aumentare se non vengono preparati, conservati ed utilizzati con attenzione.
L’insilamento permette di conservare foraggi umidi se vengono rispettati due principi semplici ma fondamentali, una corretta fermentazione lattica, con produzione di acidi organici in grado di ridurre rapidamente il pH, e la creazione di condizioni anaerobiche (assenza di ossigeno). Il raggiungimento di queste condizioni in tutta la massa insilata ed il loro mantenimento nel corso della conservazione, inibiscono lo sviluppo di microrganismi contaminanti e nel preservano la qualità igienica e microbiologica.
Quando negli insilati vengono a mancare queste condizioni inibenti, per un’acidificazione lenta o insufficiente in fase di fermentazione o per presenza di aria, l’attività microbica può riprendere. Prima si sviluppano microrganismi aerobi acidotolleranti (lieviti, muffe batteri acetici) che utilizzano per crescere sia gli acidi organici prodotti dalla fermentazione che l’ossigeno. Il consumo di acidi organici causa un innalzamento del pH, favorendo la crescita dei microrganismi contaminanti sopravvissuti. Il consumo di ossigeno determina, sotto le parti più deteriorate (ammuffite), nuove condizioni di anaerobiosi che stimolano e facilitano lo sviluppo di batteri sporigeni anaerobi come i clostridi, causando un aumento del numero di spore. Questo fenomeno, noto come “deterioramento aerobico“, si manifesta quindi nelle zone della massa vegetale che entrano maggiormente in contatto con l’ossigeno: o durante la conservazione nelle zone periferiche meno compattate e meno protette, o durante il consumo quando il fronte dell’insilato viene a diretto contatto con l’aria e vi rimane per troppo tempo.
Fra i foraggi, gli insilati presentano quindi maggiori rischi per quanto riguarda la contaminazione da sporigeni anaerobi, ma sono soprattutto gli insilati di cattiva qualità ed in particolare le zone che presentano chiare evidenze di ammuffimento che possono apportare nella miscelata elevate cariche di spore. I numerosi studi su questo argomento e le conoscenze acquisite hanno oramai dimostrato che i progressi tecnologici e strutturali, e l’adozione di corrette pratiche di gestione e utilizzo consentono di ottenere insilati di elevata qualità con contenuti di spore molto bassi, simili a quelli dei foraggi secchi.
Le spore veicolate dagli alimenti transitano nel tratto gastro-intestinale degli animali e vengono escrete con le feci che contaminano la lettiera, la cute delle mammelle e gli ambienti di mungitura. Il numero di spore nelle feci dipende dal numero di spore ingerite con gli alimenti. Ma il numero può anche essere maggiore, perché alcune forme vegetative possono sporificare durante il transito nel tratto digerente delle bovine. La cura all’igiene in fase di mungitura è fondamentale per rimuovere i residui di sporco e le spore in essi contenuti. Purtroppo, la pulizia e la disinfezione delle mammelle, delle attrezzature e degli ambienti, anche se eseguite correttamente, non assicurano la completa rimozione di tutto lo sporco e la distruzione di tutti i microrganismi. Nei residui di sporco invisibili ad occhio nudo possono rimanere delle spore, resistenti anche agli agenti sanificanti, che sono tanto più numerose quanto più elevato è il numero nelle feci e nello sporco. Pertanto, oltre alla corretta esecuzione delle operazioni di pulizia e sanificazione in mungitura, è fondamentale operare a monte della filiera per prevenire e ridurre il più possibile i rischi di contaminazione e proliferazione degli sporigeni.
Le feci, e le spore in esse contenute, ritornano poi nel terreno attraverso lo spandimento del letame, del liquame o dei digestati degli impianti di biogas, perpetuando il ciclo di contaminazione degli sporigeni.
Nella seconda parte dell’articolo approfondiremo quali sono le problematiche che la sporulazione può far insorgere nella filiera lattiero-casearia e valuteremo quali possono essere le metodiche di prevenzione e controllo da adottare.
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