Una società cooperativa agricola è una società costituita per gestire un’impresa in comune e con lo scopo di fornire agli stessi soci quei beni o servizi per il conseguimento dei quali la cooperativa è sorta, ovvero per trasformazione, conservazione, distribuzione di prodotti agricoli o zootecnici oppure finalizzate all’esercizio in comune della pesca o di attività ad essa inerenti. Ma questa definizione non rende giustizia ai reali benefici che una cooperativa può dare, soprattutto quando si trova in zone montane. L’importanza di una cooperativa agricola assume carattere sociale, culturale ed ambientale. Sociale, perché genera reddito ed occupazione lavorativa per (molte) famiglie di zone periferiche; culturale, perché mantiene in vita un bagaglio di tradizioni ed informazioni che, altrimenti, andrebbero persi; ed ambientale, perché, grazie alla mano sapiente dell’uomo che conosce la natura in cui vive, il paesaggio è conservato. E tutto questo si traduce nel più prezioso (e complesso) presidio del territorio.

Il Caseificio Pennar di Asiago, virtuosa cooperativa agricola dell’Altopiano dei Sette Comuni (o Altopiano di Asiago), é una realtà produttiva che riesce da anni, e con orgoglio, a creare le condizioni ideali per far sì che uno dei posti più eleganti del Veneto, meta ideale per il turismo sia invernale che estivo, abbia la sua identità rurale.

Nato nel 1927, Pennar, prima di essere cooperativa, è un caseificio turnario, ovvero un sistema istituzionalizzato nel 1880 e tradizione diffusasi un tempo in Friuli, nel Veneto orientale e in Trentino. Una modalità di gestione del latte facile ed economica, adatta alla struttura casearia frammentata di quelle zone, con un numero elevato di allevatori sparsi sul territorio. Il Caseificio Pennar si trasforma poi in cooperativa agricola, e, ad oggi, conta 50 soci, dai quali raccoglie il latte in un ristretto raggio d’azione (5 km). È una solida fonte occupazionale poiché, oltre alle 50 aziende che forniscono latte, vi sono circa 40 persone impiegate nella trasformazione in stabilimento. Le aziende svolgono un’importante attività ambientale, cioè di coprire e mantenere le malghe, dove pascolano i loro animali. Pascolo e sfalci sono quindi fondamentali, e peraltro sono incentivati dai rigidi protocolli di alimentazione delle vacche, che prevedono appunto pascolo ed escludono insilati e prodotti fermentati.

Siccome siamo curiosi e ci piace parlare e confrontarci con persone nuove, abbiamo intervistato Giancarlo Rigoni, presidente della Cooperativa ed anch’egli allevatore di vacche da latte, che conferisce ovviamente al caseificio. “Fino a 25 anni fa in zona c’erano 5 cooperative; di queste, nel 2001 ne erano rimaste solamente due, il caseificio Pennar ed un’altra, che è stata assorbita nella nostra struttura e la sua sede viene ora utilizzata come spaccio. La sede del caseificio Pennar è quella che era stata individuata nel passaggio da caseificio turnario a cooperativa” ci spiega Giancarlo.

Con un latte che viene da vacche allevate al pascolo, in malga, con una particolare attenzione per il benessere animali e la tutela del territorio, non si può che avere un latte speciale, di qualità, ricco di aromi, suscettibile alle stagionalità, che può dare prodotti con un grande potenziale. E quindi, cosa produce il caseificio Pennar? “Abbiamo 20 tipi di prodotti, in particolare Asiago DOP in varie stagionature, e produciamo mozzarelle, creme di formaggi. La panna prodotta in caseificio la utilizziamo per il burro”. Il caseificio Pennar fa Grana Padano DOP, oltre all’Asiago DOP: entrambi i prodotti prevedono una scrematura del latte prima della lavorazione, ed ecco che il burro diventa un buon pretesto per utilizzare una materia prima di grande pregio, ovvero la panna da affioramento.

Gli animali allevati sono di razza frisona e bruna alpina. Negli anni, per esigenze produttive, c’è stata un’evoluzione verso la frisona a discapito della bruna alpina, un tempo molto più presente sul territorio. Oggi, la tendenza è opposta: si cerca di inserire la bruna alpina in azienda perché dà un latte migliore per la trasformazione lattiero-casearia. Pare che la differenza (ed il buon motivo per un ritorno alla bruna) risieda a livello del particolare patrimonio genetico per la K-caseina nelle brune alpine. “Nel mio allevamento la proporzione è di 1:1 per frisone e brune alpine. Anche a livello di Consiglio d’amministrazione si è parlato di tornare alla bruna, ma non è semplice perché gli allevamenti sono molti, anche se piccoli. La dimensione media delle mandrie è di 30 capi, nessuna arriva a 100, solamente una ha 80 capi, ma sono presenti anche aziende da due/tre capi” ci racconta Giancarlo, facendoci capire la reciproca importanza tra le aziende e la cooperativa.

Essere così rigorosi è un’esigenza della cooperativa, poiché la loro capacità di competere sul mercato è legata alla grande peculiarità dei prodotti ed ai valori di tradizionalità, artigianalità e presidio. Questi prodotti si distaccano molto dai più industriali. Sono dei satelliti di gusto, che pretendono di distinguersi dal resto per sapori e profumi, legati indissolubilmente alla stagionalità e ai luoghi. Il casaro ha quindi un grande compito: quello di saper leggere, individuare ed interpretare queste grandi differenze, gestendo i gusti e percependo i cambi di colore. I prodotti non sono mai tutti uguali, ed è proprio questo che li rende unici. Ed ancor più, compito dell’allevatore é quello di far sì che l’animale sia soddisfatto in tutte le esigenze. Il benessere che l’animale ricava pascolando e vivendo in malga è la sintesi di quello che Giancarlo dice, cioè che “le vacche vanno in malga a far le signore“.