Il quotidiano La Stampa del 24 agosto scorso presenta una doppia impaginazione della rubrica dedicata al Dossier Alimentazione, nella quale anche il lettore più distratto è rapito dal titolo “Animali maltrattati uguale cibo nocivo, i Pericoli nel piatto”.

La lunga descrizione trae spunto dalle recenti normative varate a riguardo delle produzioni zootecniche, ovvero il Sistema Nazionale di Certificazione di Qualità e Benessere Animale, ovvero un sistema premiante per il raggiungimento di obiettivi superiori allo standard attuale; pertanto, i riferimenti gratuiti di denuncia di una situazione di allerta dove antibiotici, antinfiammatori, patogeni di ogni natura invadono i nostri allevamenti e vivande sono assolutamente fuorvianti.

I dati e le procedure dei controlli sanitari effettuati sulla filiera conferiscono credito all’intero sistema, consapevolezza e responsabilità ai professionisti, agli imprenditori ed all’industria di trasformazione che vi operano, ma probabilmente sono disconosciuti agli autori dell’articolo.

Resta il disappunto per la scelta di una comunicazione ad effetto dirompente, del tipo “metti il mostro in prima pagina”, che è sempre vincente ma svilisce il credito per un quotidiano che si propone di rilievo nazionale.

E’ certamente molto più impegnativa e meno glamour la comunicazione finalizzata ad un corretto avvicinamento del mondo urbanizzato dei consumatori alla realtà rurale delle produzioni zootecniche: il Farm to Fork perseguito dagli obiettivi UE.

I consumatori devono essere consapevoli che gli animali allevati per le produzioni zootecniche vivono in strutture tecnologiche specializzate, custoditi da personale che ai vari livelli di responsabilità (professionisti, imprenditori, operatori), è consapevole delle strategie da attuare per migliorare il loro benessere, in evoluzione con l’acquisizione di conoscenze ed esperienze innovative e in sintonia con la disponibilità di risorse, come per ogni attività imprenditoriale.

Il rapporto tra uomini ed animali allevati ha vissuto in epoche remote sorti ben più anguste per entrambi; lo ricordo per silenziare chi riesuma i tempi passati come esempio di lieta convivenza e qualità pregiata delle produzioni.

Gli animali di allevamento zootecnico sono frutto di un processo di selezione iniziato da quando l’uomo ha smesso di cacciare ed ha scelto di allevare per nutrirsi: da allora la selezione genetica è in continuo miglioramento su obiettivi di salute, produzione e comportamento. Un errore comune è infondere nell’immaginario animali felici in corsa libera in praterie sconfinate; il loro comportamento ci dimostra invece che preferiscono disporre di mangime ed acqua in abbondanza con vicino un giaciglio comodo.

E’ necessario che gli attori della filiera, ovvero le organizzazioni dei produttori, i professionisti del settore, l’industria di trasformazione e distribuzione, si facciano carico delle iniziative di regolamentazione e della corretta informazione dei consumatori, ed di un coinvolgimento consapevole sulla sostenibilità dei costi di produzione che i diversi metodi comportano.

Dalla parte dei cittadini attendiamo un atteggiamento di curiosità e verifica su riscontri autentici: si sa tutto delle automobili, di moda e di tecnodispositivi; poco o nulla, o peggio in forma di discredito, si sa sull’alimentare, riservando smalto solo alle sue magiche evoluzioni come alchimia dello chef stellato di turno, ma disconoscendone le origini.

Nel passato l’emotività speculativa per un facile consenso politico sui temi di approvvigionamento energetico ha indotto scelte che stiamo pagando a caro prezzo. Il cibo si presenta oggi anche con il profilo del tema emergente dell’insicurezza alimentare, anche nel nostro paese lo stanno provando milioni di cittadini.

Scelte radicali possono essere deleterie, occorre essere presenti negli atti decisionali con scienza e competenza, altrimenti incombe il rischio di trovarci in situazioni paradossali del tipo: “un disciplinare del barolo dop redatto dal club degli astemi“.