Negli ultimi anni, c’è stato un rapido sviluppo dell’allevamento biologico nell’UE. Nella scelta di prodotti zootecnici biologici i consumatori sono guidati dalla convinzione che agli animali vengano offerti standard maggiori di benessere e la possibilità di accedere al pascolo. 

Lo scopo di questa review pubblicata sulla rivista Animals era quello di tracciare i principi dell’allevamento biologico vigenti nell’UE per quanto riguarda la produzione di latte. E’ stato inoltre effettuato un confronto tra i sistemi di allevamento di bovini da latte biologici e convenzionali in termini di valutazione del benessere, selezione della razza e qualità del prodotto.

Di seguito, riportiamo la traduzione integrale del lavoro che può essere consultata nella sua interezza o scegliendo, attraverso l’indice qui sotto, i paragrafi di maggiore interesse (la bibliografia è disponibile nell’articolo originale).

INDICE

1. Introduzione

2. Benessere

3. Pascolamento

4. Alimentazione di base e produttività

5. Selezione

6. Qualità del latte

7. Conclusioni

1. Introduzione

Attualmente, nel settore dell’allevamento, viene via via posta maggiore attenzione sul fatto che agli animali venga garantito il miglior benessere possibile, che si ottiene offrendo migliori condizioni di stabulazione ed evitando malattie mediante la prevenzione. Questa tendenza ha portato al rapido sviluppo di varie tipologie di standard di produzione, il cui obiettivo principale è quello di generare prodotti di alta qualità, con una particolare attenzione al benessere degli animali. Uno degli standard più popolari associati al benessere degli animali e alla produzione di alimenti di qualità senza residui di antibiotici è la certificazione biologica. L’allevamento biologico non è un modo di produrre cibo nuovo: il suo sviluppo risale infatti all’inizio del XX secolo nei paesi di lingua tedesca e inglese. Questo trend rappresentava una forma di critica alla rivoluzione industriale predominante all’epoca [1,2]. Il principale pioniere di questa tipologia di allevamento fu J. von Liebig. Egli ha creato il concetto di un sistema agricolo chiuso basato sulla coltivazione di colture utilizzando carbonio e azoto atmosferici, nonché minerali del suolo. Inizialmente, il progetto dell’agricoltura biologica non era molto popolare. La svolta è arrivata negli anni ’70, quando, insieme alle crescenti preoccupazioni riguardanti la qualità dei prodotti alimentari che acquistavamo, si è sviluppato un grande interesse per questo metodo di coltivazione e di allevamento degli animali. Molti paesi, in risposta a questo grande interesse, hanno introdotto vari sussidi per la promozione del cibo biologico, soprattutto nell’Unione Europea, dove questo sostegno è ora implementato nell’ambito del programma della PAC [3]. Attualmente, sia in Europa che nel resto mondo, l’agricoltura biologica sta vivendo un periodo di rapido sviluppo. La quantità di terra certificata come terra biologica aumenta ogni anno.

Nel 2019 sono stati certificati 72.3 milioni di ettari di terreno in tutto il mondo, pari all’1.5% di tutte le colture. In Europa, intanto, la percentuale del territorio interessato dal biologico rappresenta il 3.3% di tutte le colture. Nell’ultimo decennio la superficie utilizzata dalle colture biologiche è aumentata del 102.4% a livello mondiale, mentre in Europa l’incremento è stato del 64.8%. Il settore dell’allevamento del pollame ha registrato la crescita più rapida. La riserva totale di polli da carne e di galline ovaiole è aumentata del 110% tra il 2010 e il 2019. Anche il settore del latte biologico ha registrato una crescita dinamica. Le popolazioni di bovini da latte e da carne sono aumentate dell’81% in un lasso di tempo simile [4]. Nei diversi paesi del mondo, le normative per l’agricoltura biologica possono variare. I prodotti biologici realizzati in un paese potrebbero non ottenere lo status di biologico se esportati in un altro paese con norme legali diverse. All’interno dell’Unione Europea, le leggi sull’agricoltura biologica sono unificate e rigorosamente sanzionate. A livello di diritto comunitario nell’Unione Europea, il documento legale più importante relativo alla produzione biologica è il Regolamento (UE) 2018/848 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, che abroga Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio [5]. Questo documento definisce cos’è un prodotto biologico e specifica gli obiettivi e i principi della produzione biologica. Al Capo II, artt. 4 e 5 del suddetto regolamento, sono previste le disposizioni che affermano la necessità di assicurare livelli elevati di standard di benessere animale, ovvero la capacità di soddisfare le esigenze comportamentali caratteristiche della specie animale in questione. Inoltre, la legge richiama l’attenzione sulla necessità di utilizzare razze rare o locali a rischio di estinzione. Altri requisiti richiesti dall’allevamento biologico sono i seguenti: limitare l‘utilizzo di medicinali allopatici, vietare l’uso di sostituti del latte e limitare le procedure di routine che causano dolore, come la decornazione dei bovini e la castrazione dei tori. In un sistema di allevamento biologico, anche gli spazi messi a disposizione degli animali sono maggiori rispetto a quelli dei sistemi convenzionali, l’utilizzo di poste fisse è limitato e deve essere presente la lettiera nelle aree di riposo. Inoltre, gli animali devono avere libertà di movimento e, nella stagione estiva, possibilità di uscire al pascolo. La tabella 1 mostra i principali requisiti dell’allevamento biologico da latte nell’UE. Molti dei requisiti imposti nel sistema biologico vengono adottati volontariamente anche nei sistemi che allevano bovini secondo metodi convenzionali. 

Tabella 1. Principali requisiti per l’allevamento biologico dei bovini da latte nell’UE.

Le misure volontariamente adottate dagli allevatori convenzionali includono l’aumento dell’area disponibile per gli animali nella stalla, l’accesso al pascolo e [3] l’impiego di lettiera naturale. Indubbiamente, i sussidi governativi per i requisiti di welfare e la preferenza di alcuni caseifici per l’acquisto di latte da vacche allevate al pascolo sono incentivi per tali misure. Tuttavia, questa non è la norma e i prodotti biologici non certificati possono essere ottenuti da un mix di materie prime provenienti da stalle ad alto benessere e con accesso al pascolo e da stalle a basso benessere. Questa situazione è inaccettabile per molti consumatori. Gli alimenti con certificazione biologica danno al consumatore la certezza che i requisiti specifici vengano soddisfatti in ogni fase della produzione, dalla produzione della materia prima alla vendita al dettaglio del prodotto finito. Tutte le restrizioni elencate sopra hanno lo scopo di garantire il miglior benessere possibile per gli animali, la capacità di esprimere il loro comportamento naturale e una produzione di alimenti di alta qualità. Un tale approccio comporta alcuni compromessi tra la libertà degli animali, la qualità del prodotto e la redditività della produzione. Lo scopo di questo articolo era quello di tracciare i principi dell’allevamento biologico vigenti nell’Unione Europea per quanto riguarda la produzione di latte e l’allevamento del bestiame. Verranno descritti i principali obiettivi dell’allevamento biologico, come la selezione dei capi per tale sistema di allevamento, la garanzia di un elevato benessere degli animali, l’accesso al pascolo e la valutazione dell’impatto di questo sistema di produzione sul latte. Il sistema biologico verrà messo a confronto con le regole vigenti negli allevamenti convenzionali. La letteratura è stata selezionata sulla base di parole chiave correlate all’argomento di questo articolo in diversi database bibliografici della Warsaw University of Life Sciences, tra cui Web of Science e Scopus.

2. Benessere

2.1.Valutazione del benessere

Sia nella produzione biologica che in quella convenzionale, la priorità è garantire un elevato benessere animale. Nel caso della produzione biologica, il benessere è stato indicato come uno degli obiettivi principali di questo sistema di allevamento. La sfida è rappresentata dal riuscire a misurare il benessere, tenendo conto delle esigenze delle diverse razze che vivono in ambienti diversi. In passato, i veterinari e gli allevatori consideravano il benessere animale principalmente in termini di salute e di prestazioni degli animali, prestando meno attenzione agli aspetti comportamentali [6]. Attualmente, viene posta molta attenzione sugli aspetti psicologici come le relazioni sociali tra gli individui all’interno di una mandria, la presenza di consanguineità e la disponibilità di spazio nella stalla. Le discrepanze nella definizione del termine “benessere” possono essere rilevate confrontando le percezioni dei consumatori e degli allevatori. Per il consumatore, la convinzione che gli animali allevati in sistemi biologici abbiano migliori condizioni di vita rispetto a quelli provenienti dalla produzione convenzionale è il motivo principale che li spinge ad acquistare i prodotti biologici solitamente più costosi [7]. I consumatori vedono come priorità l’accesso all’aria aperta da parte degli animali, il comportamento naturale generale e il fatto che gli animali vengano trattati bene [8].

Ciò è dovuto alla tendenza dei non allevatori di antropomorfizzare gli animali. Per i produttori, invece, è più importante mantenere gli animali sani e ridurre al minimo il dolore che provano [9]. Pertanto, il benessere è una questione complessa e il modo in cui viene percepito può variare tra i diversi gruppi sociali [10]. Era quindi necessario creare una definizione generale di benessere. Attualmente una delle definizioni più utilizzate è quella pubblicata dall’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (WOAH): “Per benessere animale si intende lo stato fisico e mentale di un animale in relazione alle condizioni in cui vive e muore. Un animale sperimenta un buon benessere quando è in salute, a suo agio, ben nutrito, al sicuro, non soffre di condizioni spiacevoli come dolore, paura e angoscia ed è in grado di esprimere comportamenti importanti per il suo stato fisico e mentale” [11]. Sono state sviluppate diverse tipologie di protocolli in modo da poter valutare il benessere animale negli allevamenti. Si tratta di questionari che valutano in linea di massima il benessere di un’intera mandria descrivendo la salute, il comfort, le relazioni sociali e l’accesso al pascolo. I protocolli attualmente utilizzati negli allevamenti di bovini da latte sono i seguenti: AssureWel, Farmers Assuring Responsible Management (FARM) e Welfare Quality Network (Welfare Quality®, progetto UE). Per eseguire questa valutazione in modo affidabile, la persona che conduce l’audit deve avere conoscenze ed esperienza adeguate. Comunque, redigere un protocollo di valutazione del benessere può dirci molto sulla condizione degli animali. Wagner et al. [12] hanno confrontato il benessere delle vacche presenti negli allevamenti convenzionali e in quelli biologici utilizzando il protocollo Welfare Quality®. I risultati medi hanno suggerito che le aziende biologiche effettivamente mantengono le vacche a livelli più elevati di benessere, anche se c’erano aziende con valori anomali significativi in questo senso. Risultati simili sono stati ottenuti in un altro studio che utilizzava lo stesso protocollo, ma gli autori hanno notato che l’effetto positivo del pascolo potrebbe non verificarsi quando altri bisogni degli animali non vengono soddisfatti [13]. Queste tipologie di protocolli sono utili per acquisire conoscenze generali sugli animali, ad esempio quali siano le condizioni di una vacca in un momento specifico. Tuttavia, il loro benessere può essere alterato a causa di vari fattori esterni, ad esempio la periodica mancanza di accesso al cibo o l’aumento della temperatura nella stalla. Grazie alla nanotecnologia, è possibile ottenere dati sempre più accurati non solo sull’ambiente in cui vivono gli animali ma anche sul comportamento delle vacche stesse e persino sulle alterazioni all’interno dei loro corpi [14]. Un esempio di miglioramento del benessere delle vacche grazie all’impiego dell’automazione è il monitoraggio delle condizioni nella stalla e il controllo appropriato di ventilatori, irrigatori e di altre strutture che controllano il microclima al suo interno [15,16]. Questo può in larga parte prevenire certe condizioni all’interno della stalla che possono causare stress da calore negli animali. Un altro esempio di monitoraggio del benessere è l’utilizzo di sensori che misurano il comportamento della vacca, come CowManager SensOor (Agis Automatisering BV, Harmelen, Paesi Bassi) e RumiWatch (RWS; Itin e Hoch GmbH, Liestal, Svizzera).

I sensori di questo tipo consentono un monitoraggio abbastanza accurato della quantità di tempo che le vacche trascorrono a mangiare, ruminare e muoversi. Alcuni sensori sono in grado di monitorare la posizione di una specifica vacca nella stalla, come Smartbow (Smartbow/Zoetis LLC, Weibern, Austria). Ciò consente di conoscere il comportamento naturale delle vacche e di avvisare rapidamente gli allevatori di situazioni anomale. È possibile rilevare rapidamente una zoppia, l’infiammazione della mammella e le malattie metaboliche, spesso anche prima della comparsa dei segni clinici [17,18]. Oltre ad aspetti facili da misurare, ci sono anche aspetti difficili da quantificare, come il rapporto uomo-animale o gli effetti sul comportamento animale di qualsiasi tipologia di automazione della stalla. Questi aspetti, dal punto di vista comportamentale, sono ancora poco conosciuti, sebbene sia stato dimostrato che le interazioni negative con l’uomo possono causare timidezza [19] oltre che una diminuzione della produttività dell’animale [19,20]. La progressiva automazione dei sistemi di allevamento ha ridotto sempre più la necessità di contatto con gli animali; tuttavia, molte attività devono ancora essere eseguite manualmente, rendendo inevitabile l’interazione uomo-animale. È importante che questo contatto sia appropriato fin dalla nascita. Kruhn et al. [21] e Jago [22] hanno dimostrato che un contatto positivo dell’uomo con i vitelli pochi giorni dopo la nascita può influenzare le successive interazioni con gli addetti alla manipolazione. Pertanto, una parte importante del mantenimento di elevati livelli di benessere animale è l’adeguata formazione del personale dell’allevamento addetto alla manipolazione degli animali. Un altro aspetto interessante del benessere riguarda la possibilità di accedere ad elementi che arricchiscono l’ambiente dove vive l’animale. Un esempio di tale elemento potrebbe essere rappresentato dalla spazzola che consente agli animali di pulirsi da soli. In natura, le vacche si puliscono usando i tronchi degli alberi. Questa è una forma naturale di comportamento che serve a fronteggiare lo stress [23]. Nella stalla, le vacche non possono espletare questo procedimento, cosa che può portare ad una serie di comportamenti indesiderati. DeVries et al. [24], nel loro studio, hanno dimostrato che le vacche hanno un fortissimo bisogno di pulirsi grattandosi. Sette giorni dopo l’installazione di una spazzola meccanica nel recinto, il tempo di strofinamento è aumentato di oltre il 500%. È stato dimostrato che il bisogno di grattarsi è tanto forte quanto il bisogno di nutrirsi [25]. Anche la messa a disposizione ai vitelli di un dispositivo per grattarsi in un recinto di gruppo ha avuto un effetto positivo riducendo il tempo di inattività. Oltre alle attività di toelettatura, i vitelli dedicavano più tempo a nutrirsi [26]. Non esiste ancora un metodo per determinare in modo univoco il benessere delle bovine. Gli allevatori che desiderano migliorare il benessere dei loro animali dovrebbero lavorare su più livelli. L’utilizzo di protocolli di valutazione del benessere aiuta a fornire una comprensione generale delle condizioni degli animali e delle infrastrutture, consentendo agli allevatori di individuare le aree che richiedono maggiore attenzione. Di contro, i sensori per il monitoraggio del comportamento consentiranno una risposta più rapida agli stati patologici e ai problemi perinatali e consentiranno un controllo più preciso del microclima in stalla. Solo un approccio completo alla valutazione del benessere nell’ambiente della stalla, che combini le valutazioni delle condizioni di vita con i comportamenti dei singoli animali nella mandria, potrebbe fornire l’opportunità di studiare il benessere animale e reagire rapidamente al verificarsi di una serie di fattori che possono influire sul benessere degli animali.

2.2. Procedure che causano dolore

In quanto erbivori, i bovini tendono a non manifestare il dolore che provano [27]. Questo comportamento è un modo per difendersi dai predatori, che di solito concentrano la loro attenzione sull’animale più debole del branco che è sotto attacco. Non manifestando dolore, tali animali non si distinguono dalla mandria e non attirano l’attenzione di potenziali predatori. Il naturale mascheramento dei sintomi del dolore può, erroneamente, dare l’impressione che i bovini siano insensibili ad esso [27,28]. Pertanto, è difficile riconoscere e valutare l’intensità del dolore percepito nei bovini basandoci sul comportamento. Le procedure che inducono dolore come la castrazione nei bovini da carne, la rimozione delle gemme cornuali nei vitelli e la decornazione delle vacche adulte sono parzialmente limitate ai sensi dei regolamenti sull’allevamento biologico ((UE) 2018/848 Allegato II ai punti 1.7.10 e 1.7.8) [5]. La produzione biologica consente di eseguire queste procedure solo in determinate situazioni. Nel caso della decornazione, è necessario giustificare la necessità di tale trattamento e, su tale base, in alcuni casi, viene rilasciato un apposito permesso. Lo stesso vale per la castrazione, infatti questo procedimento fisico è ammesso in casi che giustificano il mantenimento della qualità del prodotto; ma deve essere eseguito utilizzando anestetici, analogamente a quanto succede negli allevamenti convenzionali. Negli allevamenti convenzionali, la decornazione e la castrazione non sono limitate e, nel caso dei vitelli, la decornazione può essere eseguita senza anestesia. Le attuali raccomandazioni includono la somministrazione di analgesici a tutti gli animali, per tutte le procedure chirurgiche e per la rimozione di corna e di gemme cornuali. Tuttavia, non è ancora un obbligo legale. Limitare l’adozione di queste pratiche significa diminuire il numero di bovini che devono soffrire il dolore provocato da queste procedure, ma, di conseguenza, può portare ad un aumento del rischio di sofferenza dovuto, ad esempio, all’incidenza di malattie o di lesioni cutanee che derivano da vacche con le corna che litigano per questioni gerarchiche. Pertanto, sono necessarie ulteriori raccomandazioni per gli allevamenti in cui non vengono utilizzate le suddette procedure. Il processo di decornazione è molto comune negli allevamenti convenzionali. Secondo uno studio [29] condotto nell’UE, viene praticato nell’81% degli allevamenti. Il motivo principale per cui viene eseguita questa procedura è l’aumento della sicurezza degli operatori e della sicurezza degli animali stessi, principalmente nei casi che prevedono la stabulazione all’aperto, dove si verificano combattimenti per la gerarchia. Stafford e Mellor [30], in un documento di review completo, sottolineano che tutti i metodi per la decornazione del vitello causano dolore che può persistere a lungo dopo che l’effetto dell’anestetico, se utilizzato, svanisce. A causa della prevalenza di questa pratica e del dolore che provano i vitelli durante e dopo tale procedura, la decornazione è stata fortemente criticata dalle organizzazioni per i diritti degli animali come PETA (People for the Ethical Treatment of Animals). Pertanto, nonostante le restrizioni legali applicate alla produzione biologica, l’esecuzione delle suddette procedure incontra una certa resistenza da parte dell’opinione pubblica. Di conseguenza, è emersa l’esigenza di selezionare individui con un gene “senza corna“. Gli animali senza corna sono sempre esistiti nelle popolazioni bovine, ma la selezione intensiva per i tratti produttivi ha eliminato questo gene dalla popolazione. Questa situazione è particolarmente evidente nella razza Frisona, dove la selezione per i tratti inerenti alla produzione di latte è la più forte [31]. Di conseguenza, il numero limitato di individui senza corna limita la possibilità di un lavoro di selezione più efficace utilizzando tori senza corna con un elevato potenziale genetico. Un’altra soluzione per ottenere individui senza corna è l’utilizzo di metodiche di ingegneria genetica. Tali metodiche sono potenzialmente significative per i produttori e possono incrementare il benessere degli animali [32], nonostante il pubblico sia piuttosto diffidente nei confronti della modificazione genetica. Un sondaggio condotto da Funk et al. [33] ha rilevato che il 57% del pubblico in generale considera gli alimenti geneticamente modificati non sicuri. Inoltre, quando si tratta della possibilità di applicare queste soluzioni all’allevamento biologico, è possibile implementare la selezione di individui che hanno il gene senza corna presente in natura, mentre l’esecuzione delle stesse tecniche molecolari sui bovini biologici è legalmente vietata in ((UE) 2018/848 Articolo 2(f) [5]. Attualmente, le normative sull’allevamento biologico non vietano l’utilizzo dell’inseminazione con seme di tori convenzionali nati con tecniche molecolari. In questo modo, individui eccellenti provenienti da allevamenti convenzionali potranno trasmettere i loro tratti agli animali che verranno allevati in condizioni biologiche. Rimane la questione di garantire la sicurezza degli operatori e degli stessi animali con le corna. La presenza delle corna modifica il comportamento delle vacche all’interno della mandria. Nelle mandrie senza corna, la struttura gerarchica è principalmente influenzata dal peso della vacca, che può fluttuare, portando a continui cambiamenti gerarchici. La presenza delle corna significa che la vacca dominante, indipendentemente dal peso corporeo, può mantenere il suo status sociale nella mandria [34]. Ciò garantisce una struttura gerarchica più stabile. La presenza di animali con le corna condiziona anche l’infrastruttura della stalla; e questo dovrebbe essere tenuto in considerazione quando si progetta una stalla, soprattutto in termini di rastrelliere delle mangiatoie e di recinti.

Le vacche con le corna, sia al pascolo che al chiuso, hanno bisogno di più spazio rispetto agli animali privi di corna [35]. La mancanza di spazi adeguati provoca un aumento della competitività della mandria con conseguenti lesione cutanee dovute ai combattimenti. Le aree più soggette sono quelle in cui gli animali vengono ammassati, cioè i recinti e l’area di attesa per la sala di mungitura. Irrgang et al. [36] hanno dimostrato che l’aumento dello spazio di più di 1.7 m2 per vacca nell’area di attesa davanti alla sala di mungitura ha avuto un effetto benefico sul comportamento della mandria con le corna. Uno dei concetti dell’allevamento biologico è quello di promuovere aziende agricole diversificate nelle loro attività. Quindi, se un’azienda è impegnata nella produzione di latte, è naturale che un ramo separato sia la produzione di carne bovina basata sull’ingrasso di tori. Ciò è particolarmente giustificato quando si scelgono razze locali spesso utilizzate per la produzione di latticini e di carne bovina. La procedura della castrazione è associata alla produzione di carne bovina. I maschi castrati (manzi) hanno una carne di qualità migliore poiché l’aggressività, il comportamento sessuale e le lotte per il dominio si attenuano dopo tale procedura e quindi c’è un rischio molto inferiore di contusioni e lesioni [37]. Inoltre, il contenuto di grasso intramuscolare e la tenerezza della carne aumentano dopo la castrazione [38], il che influisce positivamente sulla qualità della carne bovina anche se ottenuta da una tipica razza da latte. Di contro, la castrazione riduce l’aumento di peso medio giornaliero e la conversione alimentare [39]. La castrazione può essere eseguita in diversi modi: con rimozione chirurgica dei testicoli, tramite schiacciamento del dotto seminale deferente o tramite interruzione dell’afflusso di sangue ai testicoli in seguito all’apposizione di un anello elastico permanente. Inoltre, esistono anche metodi farmacologici che non sono approvati per l’utilizzo nell’allevamento biologico. Diversi studi hanno dimostrato che, indipendentemente dalla scelta del metodo, la procedura di castrazione provoca dolore [40-42]. La gravità e la durata di questo dolore dipendono da molti fattori e aumentano con l’età, con l’aumento di peso e con la dimensione dei testicoli dei vitelli [43]. La castrazione chirurgica si è dimostrata essere la più dolorosa, come evidenziato dall’aumento dei livelli di cortisolo plasmatico [43]. Come soluzione si possono somministrare antidolorifici; tuttavia, quando i loro effetti svaniscono dopo poche ore, i vitelli continuano a provare dolore. Bretschneider [44] ha dimostrato che le reazioni allo stress osservate indicavano che più giovane era il vitello castrato, meno stressante era la procedura e che lo stress associato alla castrazione era indipendente dal metodo utilizzato. L’autore ha indicato che il metodo migliore di castrazione era quello di utilizzare un metodo senza spargimento di sangue basato sull’impiego di un anello elastico. Conclusioni simili sono state raggiunte da Becker et al. [45]. Sulla base dei report della letteratura e delle norme dell’allevamento biologico, potremmo concludere che la castrazione dei vitelli dovrebbe essere eseguita a circa 4-6 settimane di età, e il metodo d’elezione dovrebbe essere l‘applicazione di un anello elastico sopra i testicoli: questo approccio riduce la sofferenza dei vitelli al minimo.

  1. Pascolamento

3.1.Comportamento al pascolo

È opinione diffusa che il pascolamento abbia un effetto positivo sulla salute e sul comportamento delle bovine [46,47]. Le vacche al pascolo sono in grado di manifestare pienamente il loro comportamento naturale interagendo con gli altri individui della mandria, sdraiandosi in qualsiasi posizione, o consumando naturalmente foraggio e nutrendosi selettivamente delle specie vegetali [48,49]. Tuttavia, è stato dimostrato che alcuni di questi effetti positivi scompaiono con l’aumentare della distanza percorsa dal bestiame dalla stalla al pascolo [50]. Anche il costringere le vacche a rimanere al pascolo durante la stagione calda o in altre condizioni avverse influisce negativamente sul loro benessere [51]. La ricerca suggerisce che la motivazione che ha il bestiame di rimanere al pascolo non è uniforme durante tutto l’arco della giornata. Generalmente, le vacche da latte preferiscono rimanere al chiuso durante il giorno (soprattutto quando la temperatura e l’umidità sono elevate) e trascorrere la maggior parte del loro tempo al pascolo durante la notte [52]. Una correlazione simile si osserva durante i giorni di pioggia, quando le vacche trascorrono più tempo al chiuso [53]. Crump et al. [54] hanno presentato la prova che le vacche percepiscono lo stare al pascolo come qualcosa di piacevole. Conclusioni simili sono state raggiunte da Sharma et al. [55], che, esaminando i livelli di cortisolo nel pelo delle vacche, hanno dimostrato l’esistenza di un’associazione negativa tra le concentrazioni di cortisolo e l’accesso ai paddock. Livelli più bassi di questo ormone dello stress nelle vacche che avevano accesso ai paddock indicano una diminuzione dello stress e, quindi, un migliore benessere animale. I bovini sono animali da branco e mostrano un comportamento sociale complesso e la necessità di interagire tra loro. In cima alla gerarchia della mandria ci sono una o due vacche dominanti; al di sotto di queste c’è un gruppo leggermente più grande di vacche sub dominanti. La parte centrale della piramide sociale è occupata dal gruppo più numeroso formato dalle vacche subordinate. L’ultimo livello della gerarchia spetta agli individui marginali, ad esempio gli animali malati o vecchi. Il comportamento e il movimento della mandria sono maggiormente influenzati dalla vacca più dominante. Attività come la ricerca del cibo, la ruminazione o lo spostamento nel pascolo sono avviate dalla vacca più dominante, che viene successivamente raggiunta dal resto della mandria.

Le vacche imitano le attività svolte dai capi branco, anche quando fisiologicamente non ne sentono il bisogno. Questo meccanismo viene definito comportamento allelomimetico. È stato dimostrato che il comportamento sincrono è più forte nei sistemi di allevamento seminaturali come i sistemi al pascolo. Qui le vacche hanno abbastanza spazio per stabilire liberamente una gerarchia ed evitare gli individui dominanti. Nelle stalle, di contro, il comportamento sincrono è molto meno pronunciato [56], specialmente quando l’eccesso di animali genera una certa competizione per le risorse. La desincronizzazione del comportamento di gruppo che si verifica nelle stalle è associata a tempi di riposo ridotti e a cambiamenti più frequenti nella posizione di riposo. Pertanto, condurre osservazioni sulla sincronizzazione dei comportamenti all’interno della mandria può essere un indicatore del comportamento naturale delle vacche [57,58]. Il comportamento delle vacche, in assenza di lotte per le risorse, cambia a seconda dell’ora del giorno. Le vacche sono animali crepuscolari e sono particolarmente attive all’alba e al tramonto. Pertanto, i periodi di maggiore assunzione di foraggio cadono principalmente intorno all’alba e al tramonto [59,60]. Tuttavia, il pascolo non è sempre il luogo migliore per il consumo di foraggio. Le vacche ad alto rendimento che hanno accesso al pascolo e ad una razione mista totale (TMR) in stalla preferiscono la TMR [61]. È più accessibile e più facile da consumare rispetto al foraggio verde [62,63]. Di conseguenza, le vacche ad alto rendimento possono consumare più mangime con un’elevata concentrazione energetica per cui hanno meno probabilità di soffrire di carenze energetiche. Alcuni autori affermano che le TMR possono persino mettere in pericolo il benessere degli animali in determinate circostanze. Ciò è legato alla naturale volontà di muovere la lingua mentre raccolgono i fili d’erba. Al pascolo, specie se diversificato dal punto di vista della vegetazione, le vacche possono avere una dieta varia. Di contro, nella stalla e con l’alimentazione TMR imposta, la vacca non può e non dovrebbe essere in grado di smistare l’alimento. Questo spesso porta a frustrazione, aumento dei livelli di stress [64] e stereotipie [65]. Inoltre, è stato dimostrato che le vacche alimentate al pascolo non sviluppano molari cresciuti troppo [66].

3.2. Rischio di stress da calore

La stagione del pascolo coincide in gran parte con un periodo di temperature elevate, che si prevede diventeranno sempre più calde con il passare degli anni [67]. Le vacche, essendo animali di grossa corporatura, hanno un rapporto sfavorevole tra volume corporeo e superficie cutanea; per questo motivo hanno difficoltà con lo scambio di calore. A causa della sempre più spinta capacità di lattazione, i processi di fermentazione nel rumine generano ancora più energia termica. Di conseguenza, le vacche sono soggette a stress da calore, che causa una diminuzione della produttività, problemi riproduttivi e, in casi estremi, collasso [68]. Influisce anche sulla qualità del latte riducendone l’idoneità tecnologica [69]. È cosa comune affermare che lo stress da calore nei bovini si verifica quando l’indice di umidità della temperatura (THI) supera i 72 punti [70]. Il verificarsi dello stress da calore è influenzato da una serie di fattori, tra cui il movimento dell’aria, la luce solare e la lunghezza e/o il colore del mantello. Le vacche a pelo scuro (comprese le Frisone) sono più sensibili al calore rispetto a quelle a pelo chiaro [71]. Attraverso l’evoluzione, i bovini hanno sviluppato diversi meccanismi per far fronte alle alte temperature. Un meccanismo che si osserva facilmente è quello di diminuire l’ingestione di alimento. Una minore ingestione di alimento riduce l’intensità dei processi di fermentazione esogena che si verificano nel rumine, cosa che a sua volta porta a una diminuzione delle performance [72]. È stato dimostrato che nelle vacche ad alto rendimento, una ridotta assunzione di cibo durante la prima fase della lattazione aumenta il bilancio energetico negativo, che a sua volta può portare a problemi per quanto concerne l’efficacia dell’inseminazione [73]. L’aumento della temperatura provoca la dilatazione dei vasi sanguigni cutanei e l’aumento della sudorazione e del respiro affannoso [74]. Nel tentativo di adattarsi alle temperature in aumento, le vacche modificano il loro comportamento riducendo il tempo che trascorrono sdraiate in favore della posizione eretta. La posizione eretta aumenta la superficie per la dissipazione del calore e riduce al minimo il contatto con il suolo riscaldato [75]. Tuttavia, l’aumento del tempo trascorso in piedi mette a dura prova gli arti e comporta un maggior rischio di zoppia. Se vi è la possibilità di accedere ad aree ombreggiate al pascolo, le vacche bramano per raggiungerle. È stato dimostrato che la motivazione delle vacche ad ottenere un posto all’ombra aumenta con l’aumentare della temperatura ambientale e della radiazione solare [76]. Tuyttens et al. [77] hanno evidenziato che l’accesso all’ombra al pascolo permetteva di mantenere elevate rese di latte, a differenza delle vacche senza accesso all’ombra, nelle quali si verificava una diminuzione della produzione di latte. Esistono vari metodi per fronteggiare le alte temperature nei sistemi di stabulazione al chiuso dove le vacche non escono al pascolo. Principalmente, questi comportano interventi per garantire la migliore ventilazione possibile della struttura attraverso pareti che si sollevano e ventilazione meccanica. Spesso vengono installati anche sistemi di irrigazione. Nel caso delle vacche al pascolo, molte soluzioni ingegneristiche non sono possibili; tuttavia, è possibile predisporre zone d’ombra che possano ospitare l’intera mandria. L’ombra può essere fornita da capannoni o da gruppi di alberi, particolarmente preziosi dal punto di vista della biodiversità. Un’idea interessante è stata presentata da Kendall et al. [76], che offrivano irrigatori e ombra alle vacche prima della mungitura pomeridiana. È stato dimostrato che l’impiego sia dell’ombra che degli irrigatori 90 minuti prima della mungitura pomeridiana era in grado di apportare una riduzione efficace e immediata della temperatura corporea delle vacche da latte al pascolo. Le diverse razze di vacche rispondono in modo differente alle temperature elevate. Pereira et al. [78] hanno visto che, tra le quattro razze studiate (Alentejana, Limousine, Frisona e Mertolenga), la Frisona era quella che mostrava più rapidamente i segni dello stress da calore, mentre la razza Portoghese Mertolenga mostrava la più alta resistenza alle temperature elevate.

  1. Alimentazione di base e produttività

Uno dei principi fondamentali dell’allevamento biologico è quello di unire la produzione agricola locale con la produzione di bestiame. Nell’alimentazione delle vacche da latte, gli standard biologici europei richiedono l’utilizzo di foraggi grossolani in misura pari ad almeno il 60% dell’ingestione giornaliera di sostanza secca e l’accesso al pascolo durante l’estate. L’uso di additivi per mangimi, di sostituti del latte e di ormoni è limitato. Un’estensione del sistema biologico è lo standard Bio Suisse, nel quale la base principale dell’alimentazione è l’erba, l’insilato d’erba o il fieno, mentre l’alimento concentrato può rappresentare solo il 10% [79]. Di conseguenza, i sistemi biologici dipendono fortemente dall’ambiente e richiedono animali ben adattati alle condizioni locali. Le vacche da latte nei sistemi di allevamento biologici al pascolo e convenzionale si ritrovano ad affrontare situazioni in costante cambiamento, sia dal punto di vista climatico che nutrizionale. I bovini al pascolo sono esposti alla luce solare e alle alte temperature e durante l’estate percorrono notevoli distanze dalla stalla al pascolo. Due volte all’anno si verifica un cambiamento nella dieta (pascolo estivo e razione invernale a base di fieno e insilati), che impone un cambiamento nel microbioma ruminale [80,81]. Inoltre, la composizione stessa del foraggio da pascolo cambia e dipende dalle specie vegetali, dallo stadio di sviluppo e dalle condizioni pedoclimatiche [82]. Il foraggio primaverile ha un alto valore foraggero ed è succoso e facilmente assimilabile, mentre nelle fasi successive della crescita aumenta il suo contenuto di fibra, che ne riduce l’assunzione e la digeribilità. Anche la tipologia di pascolamento influisce sulla successiva qualità del pascolo. Una densità eccessivamente bassa di vacche avrà come conseguenza il pascolamento selettivo del foraggio, per cui le piante finiranno per ritrovarsi a diversi stadi di crescita [83]. Confrontando la base foraggera disponibile nei sistemi biologici e convenzionali, si può concludere che, nei sistemi biologici, la concentrazione energetica del foraggio è molto più bassa rispetto ai sistemi di allevamento convenzionali [84,85]. Ciò è dovuto principalmente al limitato utilizzo di insilato di mais e all’impiego di fieno nella dieta invernale, in linea con i presupposti generali dell’allevamento biologico. La mancanza o la scarsa quota di alimenti energetici nella razione è dovuta anche al loro prezzo elevato e alla scarsa disponibilità di componenti certificati per l’allevamento biologico. Affinché la produzione di latte biologico sia redditizia, la maggior parte degli alimenti deve essere prodotta in azienda [86]. Di contro, la coltivazione di colture energetiche come il mais secondo il metodo biologico è estremamente difficile a causa dei numerosi vincoli posti su di essa [87]. Questo modello biologico per l’alimentazione del bestiame, sebbene guidato da ragioni economiche, fa parte del principio generale di unire gli animali alla terra. I bovini utilizzano principalmente pascoli perenni ed erbe coltivate su seminativi di qualità inferiore. Di conseguenza, le vacche non competono per la superficie coltivata con la produzione alimentare umana. Di contro, per ottenere rese più elevate, è necessario aggiungere cereali che potrebbero essere utilizzati anche come cibo per l’uomo [88]. Mantenere le vacche ad alto rendimento in condizioni di allevamento biologico pone una serie di sfide; la più importante di queste è la fornitura di alimenti ad alta energia durante la prima fase della lattazione. Di conseguenza, esiste un rischio elevato di generare un bilancio energetico negativo nelle vacche ad alto rendimento, che a sua volta porta a un calo degli indici riproduttivi [89,90]. Inoltre, le vacche negli allevamenti biologici sono più inclini alla chetosi [91]. Una dieta con poca energia ha anche un effetto sulla produzione di latte degli animali, il che significa che gli allevamenti biologici tendono ad avere una produttività inferiore rispetto agli allevamenti convenzionali [92,93]. Queste differenze sono significative, con gli allevamenti biologici che hanno una produzione di latte inferiore del 9-35% rispetto agli allevamenti convenzionali [84,94-96]. Van Vuuren e Van den Pol-van Dasselaar [97] hanno calcolato che una dieta a base di sola erba può supportare livelli di produzione di latte di 22-28 kg per vacca al giorno. È stato dimostrato che l’aumento della produzione di latte comporta rischi più frequenti di problemi agli zoccoli. Gli studi di altri autori sono concordanti e vedono anche un legame tra resa e patologie degli zoccoli che sono associate a uno scarso benessere degli animali [98,99]. Nell’allevamento biologico, qualsiasi entità patologica, specialmente quelle ricorrenti, può costringere l’allevatore a rimuovere la vacca dalla mandria. La conversione alimentare è importante anche nei sistemi di allevamento al pascolo. È stato dimostrato che razze diverse sono in grado di utilizzare il foraggio del pascolo in misura diversa. Prendiville et al. [100] hanno dimostrato che le vacche Jersey al pascolo richiedevano il 7%–8% in meno di foraggio per ogni chilogrammo di grassi e proteine del latte prodotto rispetto alle vacche HF (Holstein-Friesian). Questo effetto è particolarmente evidente nella limitata assunzione di foraggio che può verificarsi al pascolo. Anche Spaans et al. [101] hanno ottenuto risultati simili.

  1. Selezione

Quando si prende in considerazione la scelta di una razza per un sistema biologico, si dovrebbe prestare particolare attenzione ai tratti genetici e agli indici di selezione della razza. Vista la natura della produzione biologica, è necessario che gli animali siano resistenti e adatti al pascolo nei sistemi che prevedono il pascolamento all’aperto [102]. Attualmente, la maggior parte dei paesi non utilizza un sistema di valutazione delle performance separato per gli animali biologici. Ciò è dovuto all’esiguo numero di popolazioni animali e alle regolamentazioni liberali sulle tecniche riproduttive. Nell’allevamento biologico, l’utilizzo della sincronizzazione degli estri, l’induzione della superovulazione e l’embrio transfer sono vietati per gli animali a cui è stato concesso lo status di biologico. Tuttavia, è consentito l’uso dell’inseminazione con seme di tori non biologici, e quindi questi tori possono provenire da embryo transfer. Delaby et al. [102] hanno dimostrato che la completa esclusione dell’ovulazione multipla e dell’embryo transfer (MOET) dalla produzione biologica comporterebbe una perdita significativamente grande di guadagno genetico nella popolazione di animali biologici. La mancanza di una valutazione separata per gli animali biologici promuove l’utilizzo delle vacche frisone, che, a causa della loro popolarità e delle loro performance nei sistemi di produzione intensiva in molti paesi, sono la razza predominante anche nei sistemi di allevamento biologici [103-105]. Come dimostrato in precedenza, non è una razza ottimale per questa tipologia di allevamento. A causa di anni di selezione per i tratti produttivi, molti tratti di salute si sono notevolmente deteriorati, tra cui la salute degli zoccoli, la salute della mammella [106] e la fertilità [107]. Di conseguenza, sono in aumento i tentativi di creare un indice separato che tenga conto delle interazioni genotipo-ambiente. Dimostrare l’esistenza di interazioni genotipo-ambiente all’interno di un certo tratto fa sì che individui con lo stesso genotipo si comportino in modo diverso a seconda dell’ambiente. Ciò significa che l’indice dello stesso individuo può cambiare a seconda dell’ambiente. Quando gli animali sono geneticamente adattati a determinate condizioni, saranno più produttivi e i costi di produzione saranno inferiori [108]. In letteratura, è sempre più comune trovare documenti che descrivono la probabilità di un’interazione genotipo-ambiente quando si confrontano sistemi convenzionali e organici [109-111]. Il verificarsi di una tale interazione potrebbe indicare che i tori selezionati come tori riproduttori potrebbero performare bene nei sistemi intensivi ma potrebbero non essere adatti ai sistemi biologici. Un esempio potrebbe essere la produzione di latte, che è influenzata da molti geni. Se si scopre che la produzione di latte dipende da diversi gruppi di geni a seconda dell’ambiente in cui vengono stabulate le vacche, è possibile che la classifica dei tori cambi da sistema a sistema. Robertson [112] ha ipotizzato che una correlazione genetica inferiore a 0.80 dovrebbe indicare una significativa interazione genotipo-ambiente. La tabella 2 mostra i risultati del lavoro sulla stima dell’ereditabilità di diversi tratti, a seconda del sistema di stabulazione del bestiame e delle correlazioni genetiche. La ricerca non fornisce una risposta chiara su quali tratti siano correlati all’ambiente; tuttavia, indica che, in determinate condizioni, tali interazioni si verificano. 

Tabella 2. Correlazioni genetiche e ereditabilità negli stessi tratti tra sistemi di produzione biologici, convenzionali e convenzionali al pascolo.

Zhang et al. [111] hanno mostrato l’esistenza di un’interazione genotipo-ambiente per i tratti di fertilità. Risultati simili sono stati ottenuti da Liu et al. [110] quando hanno misurato il numero di inseminazioni necessarie per una fecondazione di successo nelle manze convenzionali e biologiche. Nguyen et al. [119] hanno confermato la possibilità di selezionare per la resistenza allo stress termico. Questo tipo di studio è importante per poter avere un gran numero di individui e di raccogliere quante più informazioni possibili su di loro. Shabalin et al. [109] hanno parzialmente confermato la validità del lavoro di selezione a seconda del sistema di produzione, ma hanno sottolineato la necessità di ottenere maggiori dati dagli allevamenti biologici. Nauta et al. [104] hanno dimostrato che con l’ulteriore inasprimento delle normative sull’allevamento biologico, è probabile che l’entità delle interazioni genotipo-ambiente aumenti. Pertanto, gli animali selezionati per essere allevati nei sistemi convenzionali potrebbero non essere più adatti per i sistemi biologici.

6.Qualità del latte

La produzione biologica dovrebbe garantire un prodotto di alta qualità. I consumatori percepiscono anche che il latte biologico sia migliore sotto molti aspetti rispetto al latte prodotto in modo convenzionale. La qualità del latte può essere valutata in termini di sicurezza del consumatore, qualità tecnologica e opinione del consumatore. Esistono norme che stabiliscono i parametri minimi che devono essere rispettati quando i caseifici ricevono la materia prima. Questi parametri includono temperatura, conta delle cellule somatiche (SCC), conta batterica e residui di antibiotici al di sotto dei livelli specificati nel regolamento (CE) n. 853/2004 [19]. Nell’ambito della qualità del latte, uno dei problemi più importanti e comuni è la salute della ghiandola mammaria (mastite). Un indicatore diretto della salute della mammella è il numero di cellule somatiche per millilitro di latte ottenuto. Lo standard europeo consente un massimo di 400.000 cellule somatiche per ml di latte di massa (regolamento (CE) n. 853/2004) [19], ma questo livello viene considerato troppo alto ed indica un’elevata frequenza di mastiti nella mandria. È stato dimostrato che il livello ottimale per questo indicatore è di circa 200.000/mL di latte di massa [120], tuttavia, anche in questo caso, alcune vacche mostrano segni di mastite [121]. La mastite è una malattia comune e si verifica sia negli allevamenti biologici che in quelli convenzionali. In letteratura esistono report contrastanti che mostrano come l’incidenza della malattia vari tra sistemi convenzionali e biologici. Alcuni autori mostrano un’incidenza di mastite più bassa nelle vacche biologiche rispetto alle vacche provenienti da allevamenti convenzionali [122-124], mentre altri autori non riscontrano alcuna differenza nella frequenza delle mastiti tra i due sistemi di stabulazione degli animali [125]. L’incidenza della mastite è influenzata da molti fattori che interessano entrambi i sistemi di stabulazione, tra cui l’igiene della stalla, l’igiene durante la mungitura e il corretto trattamento della malattia. Ci sono anche fattori specifici: gli allevamenti convenzionali che si concentrano su un’elevata produttività mostrano spesso livelli di SCC elevati, poiché la salute della mammella è correlata alla produzione di latte.

Le vacche ad alto rendimento possono essere a maggior rischio di infiammazione della mammella [126]. D’altra parte, anche un utilizzo sbagliato del pascolo, anche nel sistema biologico, può comportare un aumento del rischio di mastite [127]. Il modo migliore per mantenere la mandria in salute è aumentare l’igiene al momento della mungitura e curare le vacche malate [128]. Oltre agli aspetti legali, la salute della mammella incide sulla qualità tecnologica della materia prima. L’infiammazione provoca perdite economiche reali legate alla produzione di latte e ai costi veterinari sostenuti per le cure. Il trattamento efficace della forma clinica della mastite richiede l’utilizzo di antibiotici. Una pratica comune è somministrare antibiotici ad ampio spettro. Questo contribuisce però allo sviluppo della antibiotico-resistenza nei patogeni, che, a lungo termine, può promuovere lo sviluppo di ulteriori infiammazioni difficili da trattare [129,130]. Quando si verifica la mastite, è importante individuarla rapidamente e mettere in atto trattamenti specifici. Secondo il Regolamento 2018/848 Allegato II, Parte II, punti 1.5.1.3 e 1.5.2.2 [5], l’uso di antibiotici dovrebbe essere evitato, ma se necessario, possono essere attuati specifici trattamenti antibiotici mirati. Questi interventi assicurano un minore consumo di farmaci e tempi di trattamento più brevi, con conseguente riduzione del periodo di sospensione che, nell’allevamento biologico, è il doppio rispetto all’allevamento convenzionale. Nei casi meno gravi, vale la pena prendere in considerazione trattamenti alternativi. Angelopoulou et al. [131], nel loro lavoro, hanno dimostrato che i prebiotici e le batteriocine (in particolare la nisina) potrebbero essere utilizzati per trattare l’infiammazione subclinica.

Un’altra alternativa potrebbe essere l’utilizzo di nanoparticelle di argento, oro o di chitosano nella prevenzione e nel trattamento della mastite [132,133]. Attualmente si tratta di un nuovo approccio e le formulazioni sono in fase sperimentale. Sulla base dei risultati pubblicati, si può presumere che in futuro verranno sviluppate formulazioni commerciali basate su nanoparticelle. Tuttavia, va ricordato che il processo di registrazione di un agente come farmaco veterinario è complicato e lungo. Oltre ai costi veterinari, la mastite provoca cambiamenti nella composizione del latte, specialmente in termini di frazione proteica della caseina [134]; questo a sua volta influisce negativamente sulle performance di caseificazione [135]. Ciò è particolarmente importante per le aziende che utilizzano il latte per produrre formaggi e latticini fermentati. Anche piccoli residui di antibiotici al di sotto dello standard accettabile si sono dimostrati in grado di influenzare negativamente la lavorazione del latte e, in particolare, la produzione del formaggio [136,137]. Il problema dei residui di antibiotici nel latte convenzionale è comune in alcune parti del mondo, principalmente nei paesi in via di sviluppo. Tuttavia, questa problematica è presente anche nei paesi più sviluppati (UE, USA), sebbene in misura minore [138]. Nell’UE nel 2019 è stata condotta un’indagine per il rilevamento dei residui di antibiotici nel latte: sono stati testati 9555 campioni di latte vaccino e il numero di campioni non conformi è stato dello 0.12%. Tuttavia, sono stati individuati tre campioni positivi al cloramfenicolo (un campione in tre stati), sebbene l’utilizzo di questo antibiotico sia vietato per uso veterinario. Gli studi relativi alla prevalenza di residui di antibiotici nel latte biologico sono scarsi, tuttavia, Welsh et al. riferiscono che studi condotti negli Stati Uniti hanno dimostrato l’assenza di residui di antibiotici in questa tipologia di latte [139]. La qualità del latte è significativamente influenzata dal modo in cui le vacche vengono alimentate. Il foraggio e le erbe sono importanti fonti naturali di acidi grassi e vitamine. È stato visto che il latte delle vacche al pascolo ha livelli più alti di acidi grassi polinsaturi (PUFA) inclusi acido linoleico coniugato, acido vaccenico e acidi grassi omega-3, rispetto al latte di animali alimentati con TMR [140,141]. Il latte da vacche al pascolo è inoltre caratterizzato da un maggior contenuto di vitamina A ed E. Questo risultato è significativamente influenzato dalla qualità dell’erba, poiché le concentrazioni di AG (acidi grassi) nel foraggio verde fresco variano a seconda delle specie vegetali, della stagione e dell’intensità della luce solare. Le foglie e le piante giovani hanno concentrazioni di AG più elevate rispetto alle piante con uno stadio di crescita successivo. I cambiamenti legati alla dieta nella composizione degli acidi grassi del latte possono influenzare le caratteristiche sensoriali del latte e dei prodotti lattiero-caseari. Ciò è dovuto alla diversa struttura degli acidi grassi, che influisce sulle loro caratteristiche fisiche. Nel latte, gli acidi palmitico (caratterizzato da alto punto di fusione) e oleico (caratterizzato da basso punto di fusione) si ritrovano alle concentrazioni più elevate. Le loro concentrazioni relative influenzano la consistenza del latte [142]. È stato dimostrato che il latte delle vacche al pascolo ha una consistenza leggermente diversa, essendo più cremoso e con un più intenso sapore erbaceo [143] rispetto al latte delle vacche alimentate con TMR. Alcune differenze si riscontrano anche nei prodotti lattiero-caseari. O’Callaghan et al. [144] hanno scoperto che il burro ottenuto da vacche nutrite con erba ha ottenuto il punteggio più alto in termini di aspetto, gusto e colore rispetto al burro di vacche alimentate con TMR. Coppa et al. [145] hanno dimostrato che anche l’intensità del pascolamento e la composizione del manto erboso influivano sull’aspetto e sul gusto del formaggio. Il formaggio delle vacche allevate al pascolo aveva un colore più intenso ed era più cremoso rispetto a quello ottenuto dal latte di vacche tenute in stalla. Naturalmente, le preferenze dei consumatori in termini di gusto e sensazioni alimentari variano notevolmente. Le sensazioni gustative sono fortemente influenzate dalla temperatura alla quale i prodotti vengono consumati: maggiore è la temperatura, più evidenti sono le differenze di gusto e aroma [146]. Va ricordato che la maggior parte delle differenze tra il latte convenzionale di vacche alimentate con TMR e il latte di vacche biologiche o convenzionali al pascolo sono stagionali e dovute alla base alimentare. L’alimentazione invernale, anche se a base di fieno, non fornisce le stesse concentrazioni di vitamine e di acidi grassi del foraggio verde. Quando l’erba appassisce nel campo, prima della preparazione dell’insilato o del fieno, va incontro ad una perdita di acidi grassi polinsaturi [147].

  1. Conclusioni

Si prevede che l’allevamento biologico e convenzionale basati sul pascolo continueranno a crescere. Questo è dovuto alla pressione dell’opinione pubblica, che percepisce il pascolo come un elemento necessario per il benessere del bestiame. In base agli studi sul comportamento delle vacche, tuttavia, va detto che l’aumento della temperatura media annuale e il rischio associato dello stress da calore nei bovini rappresentano una minaccia significativa. D’altra parte, gli allevatori riconoscono i benefici economici associati al pascolo. Il pascolo è la base alimentare più economica per i ruminanti, soprattutto in un momento dove c’è una crescente concorrenza per la terra coltivata con la produzione di cereali. La popolazione umana in progressiva crescita avrà bisogno di sempre più cibo e quindi, in futuro, la superficie coltivabile per la produzione di colture foraggiere ad alta energia potrebbe diminuire. Alcune specie animali come il pollame e i suini necessitano in modo assoluto di cereali per mantenere la loro produzione, mentre le vacche e gli altri ruminanti possono utilizzare degli alimenti non adatti al consumo umano. Pertanto, limitando la produzione di latte, si può allevare con successo il bestiame su terreni di qualità inferiore senza entrare in competizione con la produzione di cereali per la terra coltivata. Le vacche Frisone, a causa del loro adattamento verso le elevate produzioni di latte, potrebbero non rappresentare la razza ottimale per la produzione di latte su base estensiva. Secondo gli attuali documenti di ricerca e di review, è difficile trovare fattori specifici in grado di indicare qualsiasi razza bovina come predisposta all’impiego nei sistemi biologici [148,149]. Questo è dovuto alla grande variabilità delle razze, delle condizioni climatiche e dell’alimentazione. Tuttavia, lavoriamo costantemente per individuare caratteri adatti ai sistemi biologici o al pascolo. Ciò fa sperare sul fatto che, in futuro, verrà creato un indice di selezione separato per le vacche biologiche. Un fattore importante che motiva i consumatori ad acquistare i prodotti biologici è la convinzione che gli antibiotici non vengano utilizzati in questa tipologia di allevamento. Questo non è del tutto vero, perché, nel caso di malattia grave, la salute dell’animale è fondamentale e verrebbe messo in atto un trattamento antibiotico. La commercializzazione di prodotti biologici come provenienti da animali di razze autoctone, caratterizzati da un elevato benessere, e la concomitante percezione negativa dell’allevamento convenzionale da parte di alcuni soggetti del pubblico, hanno permesso al biologico di crescere rapidamente. Il continuo inasprimento delle normative relative all’impiego di antibiotici, di ormoni e di pesticidi ha avvicinato sempre più l’allevamento convenzionale a quello biologico. In molti casi due aziende ben gestite non si differenziano per benessere o qualità del prodotto, ma si distinguono solamente per il fatto che una di esse è certificata come biologica. In futuro, è probabile che si svilupperanno standard ancora più severi per rendere possibile la concorrenza con l’allevamento convenzionale.