Qual è lo scopo dell’allevare vacche da latte? Oltre alla passione e all’ovvia produzione di latte e derivati, possiamo considerare tra i “prodotti” anche la rimonta, la genetica e la carne. Di qualsiasi prodotto si tratti, la finalità ultima è comunque quella di ottenere un ritorno economico, il quale, per far sì che l’azienda rimanga competitiva sul mercato, deve essere ottenuto nel modo più efficiente possibile. L’efficienza, quindi, è l’elemento cardine che deve contraddistinguere ogni aspetto del processo produttivo. Ne consegue che allevare una vacca da latte in modo efficiente permette di ottenere un maggior ricavo al netto di minori sprechi, qualsiasi essi siano: materiali, energia, sforzi, soldi o tempo.

In tutto il mondo, alcuni allevatori sono focalizzati quasi esclusivamente sull’ottenere la più alta produzione di latte media giornaliera possibile, essendo questa la componente più diretta del ritorno economico. Tuttavia, ciò non implica che la massima produzione ottenibile sia al contempo quella più efficiente. Infatti, anche se dovrebbe essere un concetto evidente, sovente si dimentica che non è possibile ottenere produzione senza riproduzione. Troppo spesso non viene posta sufficiente attenzione all’efficienza riproduttiva che costituisce le fondamenta su cui si basa la redditività di tutto l’allevamento. Il ciclo riproduttivo di una vacca da latte infatti, per essere efficiente, deve “girare come un orologio svizzero”, generando un parto e conseguente lattazione ogni anno. Ogni giorno di ritardo accumulato è, a tutti gli effetti, una perdita economica.

Il periodo di transizione, il parto ed il primo mese di lattazione, sono i momenti di tutto il ciclo produttivo della vacca da latte che comportano i rischi maggiori. Pur essendo la chetosi una problematica considerata “fisiologica” di questo periodo, non è certo l’unica e andrebbe considerata solo come la punta dell’iceberg. Il 70% delle problematiche che si possono riscontrare nella vita produttiva della vacca da latte si manifestano, infatti, nel primo mese dopo il parto. È ormai scientificamente provato che esiste una forte correlazione tra l’aumento dopo il parto degli acidi grassi non esterificati (NEFA) e dei corpi chetonici nel circolo sanguigno e la maggior incidenza di problematiche quali: distocia, ritenzione placentare, mastite, chetosi, dislocazione dell’abomaso e ridotta fertilità. Tutte queste criticità sono infatti riconducibili alla gestione del bilancio energetico negativo (NEBAL) dopo il parto, che, se non affrontato in modo ottimale, può fortemente incrementare l’incidenza delle problematiche sopra citate. Queste non sono solo un costo diretto (farmaci, trattamenti, intervento del veterinario, ridotta produzione, …), ma hanno anche un forte impatto sul ciclo riproduttivo, rallentandolo e riducendone l’efficienza; effetto negativo che non riguarda solo i primi mesi di lattazione ma può estendersi sino al parto ed alla transizione successivi.

Già di per sé la transizione è per la vacca un momento estremamente critico, dovendo passare in un brevissimo lasso di tempo da uno stato di “gravida – non producente latte”, durante il quale accumula riserve energetiche, ad uno stato di “non gravida – producente latte”, nel quale si ritrova in forte carenza energetica e quindi mobilita le proprie riserve corporee. Questo cambio di stato, dal punto di vista metabolico e fisiologico può essere considerato una vera e propria metamorfosi. Di per sé, la vacca riuscirebbe anche a superare questo momento difficile senza troppi intoppi se la nostra “gestione” non aggravasse la situazione. Principalmente si tratta di errori riconducibili alla gestione alimentare o logistica degli animali. Se una vacca arriva al parto con una condizione corporea (BCS) non ottimale, non è colpa sua, ma nostra! È risaputo che una vacca “grassa” al parto avrà sicuramente più problemi di una in condizioni ottimali. Prevenire, dunque è la miglior strategia per mantenere alta la “salute economica” dei nostri animali.

L’utilizzo della colina rumino-protetta, grazie ai suoi effetti sulla salute epatica, è ormai parte della routine giornaliera della maggior parte degli allevamenti. Tuttavia, rimangono forse ancora sconosciuti i molti benefici che il suo utilizzo durante il periodo di transizione può portare non solo nella prevenzione della chetosi, ma anche sul ciclo riproduttivo e, conseguentemente, sull’economia di stalla.

Una recente indagine condotta su più di 10.000 vacche da latte in allevamenti commerciali, trattate con colina rumino-protetta durante il periodo di transizione, ci aiuta a far luce su questi aspetti.

Per un anno sono state monitorate, in diversi allevamenti degli Stati Uniti, le performances di 10.316 vacche da latte, di cui, 5.591 hanno ricevuto colina rumino-protetta (Ruprocol®, Vetagro SpA) alla dose di 60g/capo/giorno per 42 giorni nel peri-parto e 4.725 che non hanno ricevuto alcun trattamento. In particolare, sono stati valutati i seguenti parametri: ingestione di sostanza secca, produzione di latte, efficienza alimentare (FE), costi di razione e incidenza di metriti, ritenzione placentare, chetosi clinica, dislocazione dell’abomaso, mastite e mortalità.

I dati di quest’indagine mostrano chiaramente (Grafico 1) come il trattamento con colina rumino-protetta attuato in prevenzione sia stato in grado di ridurre in modo statisticamente significativo l’incidenza delle principali problematiche del post-parto. Non solo l’incidenza di chetosi clinica è stata ridotta del 72,1% (p<0,001), ma anche i casi di metrite (p<0,001), ritenzione di placenta (p<0,01), dislocazione dell’abomaso (p<0,05) e mastite (p<0,01) sono stati notevolmente ridotti (rispettivamente del 33,4%; 39,9%; 74,5% e 31,1%) con una conseguente riduzione della mortalità pari al 47,1%. Le vacche trattate con Ruprocol®, inoltre, hanno prodotto in media 2,12 kg di latte (ECM) in più rispetto agli animali non trattati (42,26 kg vs. 40,14 kg), ingerendo in media 1,09 kg di sostanza secca in più (24,28 kg vs. 23,19 kg). Ciò comporta un miglioramento dell’efficienza alimentare che passa da 1,73 per le vacche “controllo” a 1,74 per le vacche trattate con Ruprocol®. (ndr, revisione 6/11/2020)

Grafico 1: Monitoraggio eseguito su 10.316 vacche da latte in allevamenti commerciali per 1 anno. Incidenza delle patologie post-parto.

Figura 1: Costo delle patologie più comuni, Dr. Chuck Guard (foglio Excel disponibile su internet).

Questi dati sono già di per sé molto interessanti, ma se si valutano i costi di queste patologie, il vantaggio dell’utilizzo della colina rumino-protetta diventa ancora più evidente. Per fare ciò sono state utilizzate le tabelle sviluppate dal Dr. Chuck Guard, professore di medicina veterinaria alla Cornell University (Figura 1). Queste tabelle permettono, inserendo l’incidenza delle diverse patologie ed i numeri di capi della mandria, di calcolare non solo i costi diretti come i farmaci, ma anche i costi relativi a vacche morte, vacche riformate, latte non prodotto, latte scartato, incremento dei giorni aperti (days open, DO) e ore di lavoro dedicate.

Valutando quindi i costi annuali relativi alle patologie delle vacche considerate in quest’indagine, risulta che la mandria non trattata con colina rumino-protetta ha comportato in totale un costo pari a 635.823 $ (ca. 540.327 € al cambio attuale) mentre quella trattata con Ruprocol® ha comportato un costo pari a 407.137 $ (ca. 345.988 € al cambio attuale). Dividendo i costi per il numero di capi presi in esame, l’utilizzo della colina rumino-protetta ha consentito quindi un risparmio di 61,74 $/capo/anno (ca. 52,50 €). Proseguendo l’analisi, la mandria trattata, a causa delle patologie monitorate, ha avuto un aumento di DO stimato pari a 244 giorni, minore rispetto alla mandria non trattata (247 vs. 491), questo ad indicare un netto miglioramento dell’efficienza riproduttiva. Per quanto riguarda la produzione, le vacche non trattate hanno perso, secondo le stime, ca. 17.731 kg di latte all’anno mentre l’utilizzo della colina rumino-protetta ha consentito di perdere “solo” ca. 9.785 kg di latte, considerando sia la ridotta produzione che il latte scartato.

Effettuando una valutazione “grossolana”, considerando un prezzo medio valutato al momento dell’indagine del latte pari 0,39 $/kg (ca. 0,33 €), un costo per kg di sostanza secca medio pari a 0,27 $/kg (ca. 0,23 €) ed il costo del trattamento con colina rumino-protetta, le vacche trattate hanno ottenuto un IOFC di 0,53 $ (ca. 0,45 €) superiore a quelle controllo. Va inoltre considerato che queste valutazioni rappresentano solamente la fotografia di un “momento” a seguito di un anno di trattamento e non tengono conto degli ulteriori vantaggi che si estendono ai parti ed alle lattazioni successive.

Dalle valutazioni di quest’indagine, è quindi evidente che il trattamento con colina rumino-protetta non è un costo, ma un investimento sulla “salute economica” delle nostre vacche e ci permette di aumentare l’efficienza produttiva e riproduttiva.

Ancora una volta, la prevenzione risulta il modo migliore per mantenere alta la performance dei nostri animali.

 

Autori: Richard Paratte, Dan Cooke

Rubrica a cura di Vetagro


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