L’Istituto Nazionale di Fecondazione Artificiale (INFA) Cadriano dell’Azienda Agraria dell’Università di Bologna riprende la sua attività di produzione di materiale seminale ovino.

Nato negli anni ’70 come centro dedicato alla produzione di seme bovino congelato e autofinanziato dal Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna, ha visto la sua attività nel campo bovino ridursi nel tempo con il sorgere di numerose strutture dedicate sul territorio nazionale. Dopo aver maturato anche un’esperienza di circa cinque anni sulla raccolta di seme ovino congelato, nell’ambito di un progetto gestito in collaborazione con l’Associazione Provinciale Allevatori di Siena e conclusosi da più di dieci anni, l’INFA Cadriano attualmente offre servizi rivolti alla riproduzione equina.

     

Con la giornata odierna viene però introdotta una novità, ovvero la ripresa dell’attività in campo ovino anche se in condizioni piuttosto diverse dalle precedenti, come ci ha illustrato il prof. Gaetano Mari, responsabile dell’Istituto stesso.

Laboratorio

«Questo progetto – spiega il professor Mari – nasce a seguito di una profonda ristrutturazione di edifici e strutture del nostro centro che abbiamo potuto attuare grazie al finanziamento “Dipartimenti di eccellenza”, un intervento del Ministero dell’Istruzione destinato a quei dipartimenti che spiccano per la qualità della ricerca prodotta e per la qualità del progetto di sviluppo (info QUI). L’opera di ammodernamento ci ha permesso di accogliere le richieste presentate da alcuni allevatori di ovini in merito alla produzione di seme fresco o congelato per effettuare le inseminazioni artificiali».

Si sa infatti che il mondo delle tecniche riproduttive artificiali in campo ovino presenta molti ambiti ancora da esplorare, e proprio per questo un gruppo di allevatori di ovini di razza Lacaune (di cui abbiamo parlato in questa scheda tecnica), rappresentati da Marco Zanetti dell’azienda Fattorie Rabboni e Zanetti (che abbiamo intervistato qui), sapendo di avere a disposizione sul territorio una simile struttura, ha manifestato grande interesse e richiesto un supporto scientifico all’Università per attuare una sperimentazione in campo. La domanda è stata accolta molto positivamente e oggi viene dato l’avvio ufficiale alle attività.

Istituto Nazionale di Fecondazione Artificiale Cadriano dell’Azienda Agraria dell’Università di Bologna

Considerando che in Italia esiste solo un centro autorizzato alla produzione di seme ovino situato in Sardegna, in quanto regione con il più alto numero di ovicaprini, la ripresa di questa attività rappresenta un’importante svolta sotto tanti punti di vista, motivo per cui abbiamo voluto chiedere maggiori dettagli al prof. Mari che ci ha gentilmente illustrato il progetto.

Box arieti Lacaune

«Il lavoro sarà focalizzato su arieti di razza Lacaune ma è aperto anche ad altre collaborazioni, tanto che in mezzo ai primi partecipanti abbiamo oggi il campione della mostra di Parigi 2019 della razza Berrichon du Cher.

Ariete Berrichon du Cher

Gli allevatori acquisteranno gli arieti dai centri genetici e li manderanno al nostro Istituto dove verrà loro prelevato il materiale seminale che sarà restituito fresco o congelato ai proprietari. Questi ultimi decideranno se usarlo tutto sul loro gregge o in parte commercializzarlo. Le principali sfide riguardano essenzialmente due aspetti: da una parte la ricerca finalizzata ad aumentare il tempo di conservazione del seme fresco, e dall’altra l’utilizzo della tecnica di i.a. transvaginale.

Riguardo la prima ricordiamo infatti che in letteratura si parla di  24 ore di tempo per l’utilizzazione del seme fresco, ma nella realtà per avere dei buoni risultati attualmente dobbiamo rientrare nelle 10-12 ore dal prelievo. A tal proposito lavoreremo in collaborazione con Spagna e Tunisia per affinare le tecniche di conservazione e cercare di arrivare alle 24 ore. Per ciò che concerne invece l’affinamento della tecnica transvaginale, si tratta di una scelta legata a diverse motivazioni prima tra tutte la possibilità di evitare la tecnica laparoscopica, che richiede un’attrezzatura costosa, un importante expertise da parte dei tecnici operatori, nonché un approccio spesso malvisto dalle associazioni animaliste. Dunque, ricapitolando, gli obiettivi a breve termine del progetto sono: il prelievo e la distribuzione, l’affinamento della tecnica transvaginale e l’aumento della conservabilità del seme fresco».

Chiaramente il fine ultimo del progetto è quello di rendere più agevole l’utilizzo della fecondazione artificiale nel campo ovino per ottenere, come già avvenuto per le altre specie, un più rapido progresso genetico e miglioramento delle razze. Tutto ciò dovrà necessariamente essere supportato da un’attenta attività di raccolta ed elaborazione dati, ma per il momento essere ripartiti con una nuova struttura rappresenta già un grande passo in avanti in questa direzione.