La storia:

Già dal 1800 si hanno notizie bibliografiche circa l’esistenza dello squacquerone, precisamente datando la lettera del Cardinale Bellisomi, Vescovo di Cesena, che dal Conclave di Venezia lo richiedeva per i pranzi durante la clausura forzata.

Il termine ‘squacquerone’, in diverse varianti, è presente in molti documenti di quel periodo in riferimento ad un formaggio di uso contadino, ma la sua origine è probabilmente molto più antica.
Questo formaggio fresco a brevissima maturazione era il risultato del latte della cosiddetta Borella (vacca da latte, per distinguerla da quella ‘da carne’, chiamata semplicemente ‘vacca’), munto alla sera e lavorato con un caglio casalingo (impresa) per formare delle cagliate da consumare da 1 a 4 giorni. Si usava servirlo nelle foglie di cavolo e accompagnarlo alla piadina, mentre più raramente veniva impiegato come ripieno nei cappelletti.

Nella civiltà contadina fra il riminese e il forlivese, alla fine del XIX secolo, era molto diffusa la vacca di razza Romagnola, portata sia per il lavoro che per la carne, ma da cui si otteneva anche il latte per preparazioni casalinghe. Alcuni animali non venivano impiegati nei campi per dare un latte di migliore qualità ed erano alimentati in modo più sano e naturale così da prevenire i difetti nel formaggio. Si trovava anche la Pezzata Rossa Italiana (PRI), razza bovina a duplice attitudine di ceppo Simmental, con una produzione di latte quanti-qualitativamente soddisfacente, resistente e adattabile anche nelle zone non pianeggianti delle province romagnole.

Poco presente era invece la Frisona, più impiegata in altre zone del nord Italia. I contadini non si spostavano per acquistare animali, quindi erano diffuse le razze di facile reperibilità nei dintorni. Oggi invece è proprio la Frisona l’animale di elezione per la produzione della DOP romagnola, da allevamenti all’interno delle Province di Forlì-Cesena, Rimini, Ravenna e alcune zone del bolognese e del ferrarese. Sono ammesse anche la Bruna Alpina e la Romagnola. In seguito ad una modifica del Disciplinare di produzione del 2016 è ammessa anche la Pezzata Rossa Italiana Essendo una DOP anche l’alimentazione è regolamentata nel Disciplinare e prevede foraggi e insilati per almeno il 60%, integrata da mangimi.

Lavorazione:

Il latte intero pastorizzato viene portato a 37 gradi con aggiunta di latto innesto e caglio liquido di vitello, dopo circa 25 minuti si rompe la cagliata in due fasi a distanza di 20 minuti, si ripone negli stampi e si procede alla stufatura: le forme vengono girate regolarmente e immerse in salamoia al 20% per 2 ore, inizia poi la fase di maturazione che dura da poche ore a 4 giorni.

Scheda di Degustazione:

Squacquerone di Romagna DOP, formaggio fresco a pasta cruda ottenuto da latte pastorizzato. Si presenta in forme che variano da pochi etti a 2 kg. La forma dipende dal contenitore in cui viene posto, in quanto la sua consistenza non gli consente di presentarsi compatto. Il formaggio Squacquerone di Romagna DOP ha pasta di colore bianco, madreperlaceo, deve presentarsi senza crosta né buccia.
Formaggio a pasta molle (- 60% acqua), grassa, caratterizzato da un aspetto gelatinoso e liquefacente, senza occhiature. Al naso presenta note lattiche di panna e yogurt, erbaceo fresco.

Dal sapore dolce, acidulo, sapido e a volte caratterizzato da una leggera astringenza. Consorzio La Dop è stata ottenuta nel 2012 dopo un lungo iter portato avanti dai produttori romagnoli certi della qualità del loro prodotto.

La produzione è delimitata in una zona geografica ben definita, compresa tra le provincie di Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Bologna e Ferrara, tra la statale 64 Porrettana e il Po.  I Caseifici che fanno parte dell’associazione Squacquerone di Romagna DOP sono sei: Caseificio Comellini, Caseificio Pascoli, Caseificio Sicla, Caseificio Mambelli, Caseificio Casa Spadoni e Centrale del latte di Cesena.

In cucina:

Miss Romagna Crostata di Squacquerone di Romagna DOP, fichi caramellati (dal libro Formaggi di Famiglia di Annalisa Raduano, Caseificio Pascoli) e Pasta Frolla.

Ripieno:

  • 150 g di ricotta,
  • 250 g di squacquerone,
  • 1 tuorlo,
  • 70 g di zucchero,
  • 5 g fecola di patate, mescolati insieme fino ad ottenere una crema omogenea. Nella teglia imburrata e infarinata stendere la pasta frolla, fare uno strato di fichi caramellati e poi coprire con la crema di squacquerone.
  • Finire con delle strisce di pasta frolla tenuta da parte e infornare per 30/40 minuti a 180°.
  • Servire con zucchero a velo o mandorle a lamelle.

Cibo/Vino:

Albana secca o amabile

Curiosità: 

La “casatella” e la “robiola fresca” piacentina

La Casatella, simile nell’aspetto allo Squacquerone, è un formaggio fresco, cremoso, dal sapore dolce e delicato, con una consistenza superiore rispetto all’altro formaggio identitario della Romagna. Più diffusa nell’imolese, in genere nella provincia Bolognese, la Casatella viene inserita nella categoria fumai murbi (formaggi morbidi).

La tecnica di lavorazione prevede la caratteristica di spianare la cagliata fino ad ottenere grumi sufficientemente grossi per mantenere una certa quantità di acqua. Il formaggio viene poi lasciato una notte in salamoia. Una volta sgrondato dal siero, si procede alla stufatura a “freddo” (12°C) per ottenere la consistenza tipica. Segue una breve stagionatura (2 giorni circa). Dall’altra parte della via Emilia, si trova un altro ‘fumai murbi’, è la Robiola fresca piacentina, ottenuta da latte di pecora, con un’intensità aromatica molto elevata, diversamente dallo Squacquerone Le Robiole vengono consumate fresche o lasciate maturare fin quando non vengono mantecate in vasi con vino bianco o grappa o cognac e ricoperti di olio.

Si consumano spalmate sul pane o come condimento.