Fare gruppo e collaborare non è semplice, ma il risultato e i vantaggi, se si lavora bene, sono condivisi. E la soddisfazione va di pari passo con i risultati. La cooperativa marchigiana Bovinmarche è un esempio importante nel panorama zootecnico italiano.

La Bovinmarche, cooperativa di allevatori delle Marche con sede ad Ancona, nasce nel 1988 e quest’anno ha compiuto i suoi primi 30 anni di attività. Tre decadi durante le quali ha saputo imporsi e diventare punto di riferimento del comparto anticipando regolamenti, dettando linee etiche, garantendo prodotti di alta qualità, promuovendo e tutelando l’attività di piccole aziende locali. Nata con l’obiettivo di trasformare il punto di debolezza della Marchigiana – la polverizzazione degli allevamenti (ad oggi la media stalla è di 24 capi) – nel suo punto di forza, Bovinmarche conta oggi 500 soci, per la gran parte allevatori di bovini di razza Marchigiana che operano nel territorio regionale e 20 mila capi allevati e iscritti all’albero genealogico nelle Marche.

Il consumatore di oggi è attento a quello che porta in tavola. È informato e capace di riconoscere un prodotto dalla qualità certificata, che rispetta principi etici e di gusto. Compra meno, ma predilige prodotti sani, sicuri, genuini e di provenienza italiana. Proprio come quelli proposti da Bovinmarche”.

La distribuzione è rivolta in prevalenza alla GDO (38% del fatturato), di cui da quasi 20 anni, è autorevole interlocutore, come testimoniano i punti vendita Coop Allenza 3.0, che propongono le carni IGP di Bovinmarche. La ristorazione (mense collettive, scolastiche, ospedaliere e private) occupa circa il 22% della distribuzione, la vendita al dettaglio (20% del fatturato) coinvolge circa 70 macellerie che vendono esclusivamente carne bovina certificata Marchigiana (fonte Bovinmarche).

Noi di Ruminantia abbiamo intervistato il Direttore di Bovinmarche, Paolo Laudisio, che ci ha raccontato esperienza e soddisfazioni raggiunte nel suolo lungo percorso all’interno della cooperativa.

Dott. Laudisio, come è arrivato in Bovinmarche e come ha contribuito in prima linea alla sua evoluzione?

Mi sono laureato in agraria ed ho iniziato a fare ricerca. Il passo successivo è stato quello di diventare tecnico Coldiretti, poi nel 1987 mi chiamarono in Bovinmarche, che allora era un’associazione di categoria, per sbrogliare le cartacce. All’epoca le associazioni di prodotto erano l’unico espediente per ottenere premi. All’inizio eravamo 3980 soci. E si cominciò così. La cosa intelligente dell’associazione fu quella di scegliere 11 consiglieri per il direttivo che erano tutti allevatori, e da lì nacque l’idea di fare qualcosa di più. La scommessa più bella fu quella di fare gruppo e di riuscire a dialogare creando un obiettivo comune anche con la parte commerciale, provando a superare la guerra al prezzo più basso. Ci siamo detti: “visto che siamo piccoli, mettiamoci insieme e affrontiamo questa cosa più grande di noi!”.

Il percorso della cooperativa parte dal voler trasformare il punto di debolezza della Marchigiana (polverizzazione degli allevamenti) in punto di forza. Oltre a questo aspetto, quali altre criticità avevate notato per gli allevatori di Marchigiana al momento di far partire la cooperativa?

Le difficoltà iniziali sono state principalmente riuscire a fare massa critica e ad avere un prodotto uniforme dato il numero e le piccole dimensioni degli allevamenti. Inoltre, anche l’organizzazione della commercializzazione del prodotto non è stata semplice, essendo questi piccoli allevamenti sparsi sul territorio marchigiano. Queste difficoltà però sono state il nostro punto di forza poiché vendevamo il prodotto in zona e quello che è sempre stato detto al consumatore è che il prodotto era artigiano, quindi non standardizzato. Di fatto, c’era una problematica strutturale e, non avendo la carne un’etichetta o una certificazione, il rivenditore vendeva sì carne comprata all’allevamento vicino, ma comunque senza una precisa tracciabilità. Da lì è nato l’insieme di sforzi verso un vero e proprio sistema di tracciabilità e verso lo sviluppo di nuovi sistemi di certificazione. Considerando che la cooperativa nacque nel 1988, con questi sistemi abbiamo anticipato tutte le norme e gli standard di tracciabilità, certificazione ed etichettatura in materia di carne. All’epoca il consumatore aveva informazioni sulla “storia” della carne, ed è stato un primo passo per far conoscere il prodotto ma anche per farlo riconoscere sul mercato. La certificazione, attualmente, è su tutta la filiera, da quando il bovino nasce fino alla fase di vendita: anche sulle ultime fasi della filiera si ha certificazione e controllo.

La razza Marchigiana è una razza bovina che, di per sé, riveste un ruolo importante a livello territoriale. Perché?

La Marchigiana è una razza che riesce a dare il massimo soprattutto nelle zone pedemontane. Grazie alla filiera che abbiamo creato, l’allevamento prevede un’alimentazione con prodotti aziendali o locali, principalmente fieno, orzo, granturco se gli agricoltori riescono ad ottenerlo in collina. La vera potenzialità sta nel fatto che viene allevata su queste colline con il rispetto dei valori ambientali, creando presidio del territorio. Poi da una carne particolare, con delle speciali caratteristiche nutrizionali.

Parliamo dell’IGP Vitellone bianco dell’Appennino Centrale, che nel disciplinare include anche la Marchigiana come razza da allevare, oltre a Chianina e Romagnola. Quanto Bovinmarche ha contribuito alla realizzazione di questa IGP? Si è trattato di un percorso lungo ed impegnativo?

La Cooperativa Bovinmarche ha contribuito in modo significativo nell’istituzione dell’IGP, soprattutto grazie all’attività dell’allora Presidente Bovinmarche Giannalberto Luzi, che è stato anche per i primi 14 anni in Bovinmarche presidente del Consorzio 5R. Luzi è stato membro della commissione per l’istituzione dell’IGP. La sua presenza, in rappresentanza di Bovinmarche, ha inciso in maniera importante nel percorso lungo, anche se per certi aspetti breve, se si pensa ai tempi burocratici italiani, ma gratificante ai fini della realizzazione dell’IGP. È stata una scelta fondamentale e molto positiva, perché ha unito l’esperienza degli allevatori alle competenze e professionalità del personale accademico, garantendo un ancora di salvezza per gli allevamenti.

Quali sono i progetti per il futuro per la Cooperativa?

Le nuove sfide sono di diverso tipo, riguardano tanto la necessità di una modifica a livello di impianti di macellazione quanto quella di espansione verso mercati esteri. Recentemente, abbiamo rilevato un laboratorio di sezionamento che fa forniture alla ristorazione collettiva, nell’ottica del progetto di investimento su ristorazione commerciale, agriturismi, ristoranti. Ci serve un sistema di trasporto refrigerato adeguato alla copertura di un servizio di distribuzione capillare sul territorio. E poi abbiamo aperto le porte a nuove tipologie di carni, includendo quella ovina e puntando a un nuovo progetto sulla valorizzazione di un incrocio locale di suino: attualmente viene prodotto in alcuni allevamenti, l’obiettivo è realizzare un allevamento di tipo semi-brado.

Per quanto riguarda la distribuzione su mercati internazionali, abbiamo contatti con l’estero, ma il problema di base riguarda le strutture di macellazione che sono ormai obsolete per poter affrontare questa nuova realtà commerciale. La situazione nella regione Marche è quella di tante piccole macellerie che tuttavia non riescono a dare risposte al mercato estero, quindi la nostra difficoltà sta nel trovare strutture adeguate all’espansione su scala internazionale. La reale necessità è di due o quattro punti di macellazione da rafforzare in maniera importante per affrontare queste nuove sfide. Ne abbiamo discusso anche con il Ministro delle politiche agricole Centinaio, ma le problematiche è più a livello regionale e locale. L’obiettivo è riuscire a fare massa critica per poter giustificare investimenti importanti su scala commerciale più grande.

E per la serata di celebrazione dei 30 anni di cooperativa si ritiene soddisfatto?

La serata è andata benissimo, con ringraziamenti e segni di soddisfazione da più parti. Questo soprattutto per il racconto fatto sulla cooperativa in maniera semplice, leggera. Abbiamo affrontato tutte le realtà che ci hanno sostenuto nel tempo, con grande orgoglio per la zootecnia marchigiana. Sono stati premiati i vari presidenti, le macellerie, il gruppo Coop Allenza 3.0 che è stato la prima realtà a credere nel loro progetto, e poi il Consorzio di tutela dell’IGP Vitellone bianco dell’Appennino centrale che li ha aiutati a valorizzare il prodotto da razza marchigiana, con le varie istituzioni di supporto all’implementazione dei vari piani di sviluppo rurale.