Peter T. Thomsena,*, Hans Houeb
a Aarhus University, Department of Animal Science, Blichers Allé 20, DK-8830 Tjele, Danimarca
b University of Copenhagen, Department of Veterinary and Animal Sciences, Grønnegårdsvej 8, DK-1870 Frederiksberg C, Danimarca
Informazioni sull’articolo
*Autore corrispondente.
E-mail: ptt@anis.au.dk (P.T. Thomsen).
Ricevuto il 17 aprile 2018; Revisionato a partire dal 22 giugno 2018; Accettato il 28 giugno 2018

Abstract
Introduzione
Correlazione tra la mortalità delle bovine e il benessere animale
Accessibilità ai dati sulla mortalità raccolti con regolarità
Idoneità della mortalità bovina come indicatore di benessere animale
Morte senza assistenza vs. eutanasia
Conclusione
Conflitto d’interessi
Riferimenti

 

Parole chiave: Benessere animale, mortalità bovina, bovina da latte, indicatore, dati raccolti regolarmente, review della letteratura 

Abstract

Le valutazioni del benessere animale basate sull’ispezione degli allevamenti richiedono molto tempo (di conseguenza sono molto costose) e si riferiscono solamente a momenti ben specifici. Questo rende utile l’impiego di indicatori di benessere animale raccolti con una certa regolarità. Tali indicatori dovrebbero, tra le altre cose, soddisfare i seguenti requisiti: 1) dovrebbero avere una correlazione ampiamente documentata con il benessere animale e 2) i dati sull’indicatore dovrebbero essere facilmente reperibili. Partendo da questi due requisiti, l’obiettivo dello studio era quello di valutare la possibilità di impiegare i dati sulla mortalità bovina registrati routinariamente come indicatore di benessere animale all’interno degli allevamenti di bovini da latte. Dopo una review della letteratura, abbiamo identificato 10 articoli che descrivevano vari gradi di correlazione tra la mortalità delle bovine e il benessere animale delle mandrie da latte. Secondo la legislazione dell’Unione Europea, le informazioni concernenti la mortalità delle vacche dovrebbero essere regolarmente disponibili in tutti i suoi Stati membri. Tuttavia, fino a che punto questo sia vero, e quanto questi dati siano facilmente reperibili, resta ancora da chiarire. In conclusione, la maggior parte degli studi ha evidenziato almeno una qualche correlazione tra mortalità delle bovine e benessere animale. Pertanto, l’utilizzo dei dati raccolti regolarmente sulla mortalità delle bovine come indicatore di benessere animale negli allevamenti da latte potrebbe avere una certa rilevanza, ma sono necessarie ulteriori ricerche per documentare 1) la correlazione tra questa mortalità e il benessere animale e 2) la disponibilità effettiva dei dati regolarmente raccolti sulla mortalità di questi animali. 

Introduzione 

“Benessere animale” è una dicitura piuttosto complessa. Si è stabilito che un animale per avere un buon livello di benessere dovrebbe “essere sano, sentirsi a suo agio, essere ben nutrito, sentirsi al sicuro, essere capace di esprimere un comportamento naturale, e non dovrebbe provare condizioni spiacevoli come dolore, paura e angoscia” (American Veterinary Medical Association, 2018). La maggior parte degli autori concorda sul fatto che nella valutazione del benessere animale dovrebbero essere inclusi almeno tre differenti aspetti: la capacità di vivere una vita simile a quella naturale, il sentirsi bene psicologicamente (libero da dolore, paura e frustrazione e in grado di provare emozioni positive) e il sentirsi bene fisicamente (essere sano, entro i normali limiti fisiologici) (come detto, ad es., da Fraser et al., 1997; Hewson, 2003). Sono stati fatti vari tentativi di valutazione del benessere all’interno di un gruppo di animali – in allevamenti di bovini da latte o in altre tipologie di gruppi di animali – ed esistono numerosi approcci differenti (ad es. Andreasen et al., 2014; Burow et al., 2013; Welfare Quality, 2009). Tuttavia, misurare il benessere di un gruppo di animali non è sempre semplice. Ad esempio, valutarlo all’interno di gruppo di animali dove alcuni soggetti hanno un buon livello di benessere mentre altri un livello scadente, solleva la questione del come gestire questa distribuzione disomogenea della sofferenza tra gli animali: è da considerare importante  che “ il carico della sofferenza” sia distribuito tra pochi o molti animali? In altre parole, come possiamo paragonare una situazione che prevede un’elevata sofferenza tra pochi soggetti con una che invece prevede un basso livello di sofferenza ma distribuita tra molti di essi (Houe et al., 2011)? In molti paesi il benessere animale è diventato uno dei principali fattori d’interesse dei consumatori e dei politici. Sulla base delle richieste dei consumatori, è probabile che in futuro i rivenditori saranno ancora più attenti su questa tematica (Anonymous, 2016; Herrwagen et al., 2013; Thorslund et al., 2017). Ciò potrebbe prevedere la messa a punto di un’etichettatura dei prodotti basata sul livello di benessere animale presente nell’allevamento di provenienza. Nella maggior parte dei paesi, oltre all’attenzione sul benessere animale dettata dal mercato, anche le istituzioni pubbliche prendono in esame questa tematica. A prescindere dallo scopo, le valutazioni del benessere animale basate sulle visite in allevamento e sull’esame dei singoli animali richiedono tempi lunghi e sono costose da attuare (Andreasen et al., 2014; Laven e Fabian, 2016). Inoltre, queste valutazioni basate sull’ispezione degli allevamenti analizzano il benessere animale relativo solamente ad uno specifico lasso di tempo. Un certo numero di rilevamenti utili alla valutazione del benessere (ad esempio presenza di lesioni cutanee o zoppia) possono richiedere tempo per svilupparsi, ma una loro effettiva individuazione viene fatta solo in momenti specifici. L’impiego di dati raccolti con una certa regolarità per valutare il benessere in azienda, avrebbe una serie di vantaggi: il costo della raccolta delle informazioni utili sarebbe molto più basso rispetto a quello della raccolta fatta durante le visite di allevamento. Inoltre, tali informazioni essendo raccolte con una certa continuità non riflettono il benessere presente solamente in un dato momento temporale. Secondo l’Oxford English Dictionary, un indicatore potrebbe essere definito come  “una qualcosa che indichi lo stato, o il livello, di una cosa”. Se un indicatore risultasse essere strettamente correlato al benessere degli animali a livello di mandria, ciò potrebbe rappresentare uno strumento utile per la valutazione del benessere. L’impiego di un simile indicatore potrebbe farci risparmiare molto tempo e denaro, e renderebbe più scrupolosa la sorveglianza sul benessere degli animali. Se tale indicatore fosse una misura precisa e valida del benessere animale, potrebbe consentire un monitoraggio più affidabile e sistematico e ci renderebbe capaci di tracciare i cambiamenti avvenuti nel tempo. Questo potrebbe essere impiegato come uno strumento di analisi comparativa, utile agli allevatori, alle istituzioni e ai consumatori e, in ultima analisi, potrebbe andare a favorire il benessere delle bovine. Per essere valido e pratico da utilizzare questo indicatore, come primo requisito, dovrebbe avere una correlazione ben documentata con il benessere animale e, come secondo requisito, i dati che lo riguardano dovrebbero essere facilmente reperibili. Il primo requisito garantisce che l’indicatore ci dica qualcosa di pertinente per quanto concerne il benessere animale e il secondo requisito stabilisce se l’indicatore può essere raccolto senza troppo lavoro o costi extra. Solo se entrambi i requisiti vengono soddisfatti, un indicatore può essere considerato utile per la valutazione routinaria del benessere degli animali. Inoltre, dovrebbero essere soddisfatti anche alcuni requisiti di base, dato che dovremmo essere in grado di valutare obiettivamente questo parametro con buona robustezza e accuratezza. La robustezza è riferita alle oscillazioni intra- ed inter- osservatore o a quelle dovute a fattori esterni (ad es. momento della giornata, stagione o condizioni di luce) e l’accuratezza si riferisce a quanto la misurazione si avvicini allo stato reale del parametro in questione ( ad esempio, alta sensibilità e specificità). In questo articolo, abbiamo considerato la mortalità delle bovine come un indicatore ( o parametro) del benessere animale. La mortalità può essere rappresentata in vari modi (ad esempio includendo o meno le bovine macellate d’urgenza in azienda), ma in questo lavoro la mortalità  veniva definita come “bovine che muoiono senza assistenza” o  “bovine che vengono sottoposte ad eutanasia” (salvo diversa indicazione nei singoli studi). A causa della natura della mortalità delle bovine, la mancanza di robustezza o di accuratezza non sono state considerate un problema per questo specifico parametro: valutare se una bovina è morta o viva può essere normalmente ed obiettivamente fatto con un certo grado di robustezza e di accuratezza. Pertanto, ponendo una certa attenzione sui due requisiti (1) correlazione esistente tra mortalità delle bovine e benessere animale e (2) reperibilità dei dati sulla mortalità delle vacche raccolti regolarmente, gli obiettivi di questo documento erano quelli di analizzare e discutere la possibilità di impiegare questi dati come indicatori del livello di benessere animale negli allevamenti di bovine da latte. 

Correlazione tra la mortalità delle bovine e il benessere animale 

Abbiamo condotto una review della letteratura allo scopo di identificare gli articoli che analizzavano la correlazione esistente tra mortalità delle bovine e benessere animale. La ricerca bibliografica è stata effettuata nel febbraio 2018 utilizzando i database Web of Science, Scopus e CAB Abstracts basandoci sulle indicazioni di Grindlay et al. (2012). Le ricerche si basavano sui termini (vacca* o bestiame o bovino*) e (mortalità* o morto o morte * o fatalità* o eutanasia*) e (benessere). I termini di ricerca sono stati cercati nel titolo, nell’abstract e nelle parole chiave dei vari articoli. Non sono state poste restrizioni relative all’anno di pubblicazione e sono stati inclusi solo articoli in inglese. Oltre alla ricerca in letteratura, sono stati esaminati anche i riferimenti bibliografici degli articoli identificati,  al fine di individuare ulteriore letteratura pertinente, infatti tutti i lavori che citavano gli articoli individuati sono stati a loro volta controllati per verificare la pertinenza. Dalla review della letteratura abbiamo estrapolato 10 studi che valutavano la correlazione tra la mortalità delle bovine e il benessere animale all’interno degli allevamenti da latte. La Tabella 1 mostra una sintesi delle informazioni su questi 10 studi. Alcuni di questi si concentravano sull’esistenza di una correlazione  tra la mortalità delle bovine (ed altri parametri) e il benessere animale, mentre altri studi includevano informazioni su questa correlazione solo come parte minore di un lavoro con un focus generale diverso. Anche la metodologia utilizzata differiva tra gli studi: sono stati impiegati metodi quantitativi e qualitativi. Metà dei 10 studi si basava su metodi quantitativi che utilizzavano una varietà di test statistici e l’altra metà degli studi si basava sull’impiego di interviste fatte a commissioni di esperti/focus group. L’impiego di differenti metodologie dovrebbe essere tenuto in considerazione quando si interpretano i risultati degli studi. Krug et al. (2015) hanno analizzato se fosse possibile che gli allevamenti di bovine da latte, con bassi livelli di benessere, venissero identificati tramite una banca dati nazionale. Il loro studio comprendeva 1930 bovine provenienti da 24 allevamenti da latte portoghesi. Il benessere animale è stato valutato utilizzando il protocollo Welfare Quality. Cinque allevamenti sono stati classificati come aventi uno scarso livello di benessere (“non classificabile” secondo il Welfare Quality) e 19 come aventi un buon livello di benessere (“maggiore” o “accettabile” secondo il Welfare Quality).  

Tabella 1 Riepilogo dei 10 studi (ordinati cronologicamente) che descrivono la correlazione tra la mortalità delle bovine e il benessere animale negli allevamenti di bovini da latte. 

 

 

Le informazioni sulla mortalità delle vacche sono state estrapolate dalla banca dati nazionale dei bovini portoghesi. I criteri utilizzati comprendevano il tasso di mortalità delle bovine (incidenza delle morti in azienda e delle macellazioni d’emergenza, morti/100 animali-anno) e la percentuale di vacche decedute in azienda tra tutte quelle abbattute (numero di capi morti in azienda/(numero di capi morti in azienda + vacche macellate + vacche “scomparse”)). Non è stata trovata alcuna correlazione significativa tra tasso di mortalità e benessere degli animali, ma la percentuale di capi morti in azienda era significativamente più elevata (p = 0.01) in mandrie con uno scarso livello benessere (media 85.4%) rispetto alle mandrie con una qualità di benessere superiore (media 55.2%). Gli autori hanno suggerito un albero di classificazione che impiegava la percentuale dei capi morti in azienda e la durata media del periodo interparto per classificare le mandrie come aventi un buono o un inadeguato benessere. Questo albero di classificazione aveva una sensibilità di 0.70 e una specificità di 0.79. de Vries et al. (2014) hanno visitato 194 allevamenti da latte olandesi ed hanno riportato 41 indicatori di benessere utilizzando il protocollo Welfare Quality per i bovini. Dati raccolti regolarmente su, ad es. la composizione del latte, l’intervallo interparto, la distribuzione per età degli animali, la biosicurezza, le infezioni della mammella e la mortalità provenivano da un certo numero di banche dati nazionali. Questi dati sono stati utilizzati come predittori per 22 dei 41 parametri registrati e relativi al benessere (19 indicatori di benessere sono stati invece esclusi dalle analisi a causa, ad esempio, di una bassa prevalenza). La mortalità delle bovine era la misura regolarmente registrata e più frequentemente associata ad un indicatore di benessere: la mortalità era significativamente correlata a 15 dei 22 parametri relativi al benessere. Guardando in maniera più dettagliata alla mortalità delle vacche durante le diverse fasi della lattazione, la mortalità prima dei 60 giorni di lattazione era associata ad otto dei parametri relativi al benessere, il numero più alto tra tutti i criteri regolarmente registrati. In uno studio che coinvolgeva  55 allevamenti da latte svedesi, Sandgren et al. (2009) hanno definito il benessere sulla base di nove criteri relativi agli animali: pulizia e condizione corporea dei vitelli, delle vacche e degli animali giovani; presenza di zoppia, lesioni e aumento di comportamenti inusuali nelle vacche. Un allevamento aveva uno scarso livello di benessere animale se presentava un punteggio inferiore al 10% in due o più criteri basati sugli animali. Secondo questa definizione, 13 dei 55 allevamenti da latte sono stati classificati come aventi un inadeguato benessere animale. Le informazioni regolarmente raccolte dai database nazionali sono state utilizzate per stabilire il livello di benessere degli allevamenti. L’insieme delle informazioni sulla mortalità delle vacche, sulla mortalità dei capi giovani e sulla mortalità dei vitelli ci hanno permesso di classificare correttamente il 77% degli allevamenti (con una sensibilità di 0.62 e una specificità di 0.87) come aventi uno scarso livello di benessere. Nyman et al. (2011) hanno utilizzato gli stessi allevamenti per valutare se i dati registrati regolarmente in una banca dati nazionale potevano essere impiegati per identificare gli allevamenti con un buon livello di benessere animale. In questi allevamenti il benessere animale veniva definito buono quando il punteggio non era inferiore al 10% in nessuno dei nove criteri basati sugli animali citati. Sulla base di questa affermazione, 28 dei 55 allevamenti da latte avevano un benessere animale considerato buono. La mortalità delle bovine è stata identificata come uno dei sei parametri in grado di stabilire, di comune accordo, che 27 dei 28 allevamenti garantivano un buon benessere animale. La sensibilità era di 0.96 ma la specificità era solo 0.56. Otten et al. (2014) hanno analizzato la correlazione tra la mortalità delle vacche (e un certo numero di altri criteri) e la violazione delle leggi sul benessere degli animali in 73 allevamenti da latte danesi. Le violazioni prese in considerazione erano le due più comunemente riscontrate: (1) presenza di animali malati o feriti ma non alloggiati in appositi box d’isolamento/infermeria e (2) presenza di animali in condizioni tali da richiedere l’eutanasia. La mortalità media e mediana delle vacche è risultata maggiore (3.7 vs 3.1 e 3.4 vs 2.7) nelle mandrie dove erano presenti violazioni delle leggi rispetto alle mandrie dove non c’erano. Tuttavia, questa differenza non risultava essere statisticamente significativa (p=0.31). Bertocchi et al. (2018) hanno chiesto ad un gruppo di 16 veterinari italiani esperti del settore di assegnare un punteggio a ciascuno dei 18 criteri selezionati basati sugli animali, in relazione alla loro idoneità e all’entità della compromissione del benessere animale. L’idoneità si riferiva all’attuabilità dei criteri basati sugli animali e alla loro capacità di valutare correttamente i risultati del benessere. La mortalità bovina è stata giudicata il terzo criterio basato sugli animali più appropriato per misurare il benessere delle vacche da latte e l’entità della compromissione ha ottenuto il secondo punteggio più alto. Basandoci sul punteggio complessivo dell’impatto, comprendente grado di idoneità, di entità, di severità e di certezza, la mortalità bovina è stata definita essere “in grado di esercitare un forte impatto sul benessere della mandria”. Ventura et al. (2015) hanno scelto un approccio qualitativo per valutare la correlazione tra mortalità bovina e benessere animale. Hanno coinvolto cinque focus group costituiti da produttori di latte, veterinari, accademici, studenti e specialisti dell’industria lattiero-casearia per identificare i punti chiave relativi al benessere dei bovini da latte. Hanno concluso che la mortalità bovina in azienda faceva parte delle numerose problematiche relative al benessere animale presenti all’interno dell’industria lattiero-casearia. Whay et al. (2003) hanno impiegato il metodo Delphi per valutare le opinioni di un gruppo di esperti relative ai criteri basati sugli animali ritenuti più appropriati per definire il benessere animale. Il gruppo di esperti sui bovini da latte comprendeva 15 persone: cinque veterinari, quattro allevatori e sei ricercatori. Gli esperti hanno valutato l’idoneità del parametro mortalità come indicatore di benessere e la sua praticità d’impiego. Entrambi sono stati valutati utilizzando una scala di punteggio che andava da 0 (minima idoneità/praticità d’impiego) a 5 (massima idoneità/praticità d’impiego). L’idoneità ha ottenuto un punteggio medio di 3 e la praticità ha ricevuto un punteggio medio di 4. de Graaf et al. (2017) hanno chiesto ad un gruppo di esperti (23 studiosi in campo animale aventi esperienza con il protocollo Welfare Quality) di stilare una classifica di tutti e 27 i criteri del Welfare Quality in base alla loro “importanza per il livello generale del benessere di un allevamento di bovini da latte”. La mortalità bovina ha ricevuto il terzo punteggio medio più alto (dopo il punteggio relativo alla presenza di zoppia e a quello delle condizioni corporee) tra tutti i 27 criteri. Otten et al. (2016) hanno scelto un gruppo di 20 esperti, aventi una certa esperienza nel campo della buiatria, della ricerca, dell’industria, del controllo del benessere pubblico e delle organizzazioni per i diritti degli animali, per assegnare un punteggio a 49 indicatori di benessere utilizzando una scala che andava da 1 (non importante) a 5 (molto importante). Gli indicatori di benessere includevano parametri basati sulla raccolta dei dati (ad esempio conta delle cellule somatiche e mortalità bovina), sulle risorse dell’allevamento (ad esempio dimensioni delle cuccette) e indicatori basati sugli animali (ad esempio zoppia e vie di fuga). Tra tutti i 49 indicatori il punteggio più alto è stato assegnato alla “mortalità bovina”, essendo l’unico parametro ad aver ottenuto un punteggio medio di 5. 

Accessibilità ai dati sulla mortalità raccolti con regolarità 

Secondo la legislazione dell’UE (CE 1760/2000), i detentori di bovini devono registrare tutti i decessi avvenuti tra i loro animali e registrare l’identità, e la data del decesso del soggetto, in una banca dati telematica  amministrata dalle autorità competenti, entro e non oltre 7 giorni dalla sua morte. Inoltre, i detentori di bovini devono segnalare tutte le nascite e le movimentazioni degli animali. Queste registrazioni, obbligatorie in tutta l’UE, ci indicano che le informazioni sul numero di animali morti e sul numero totale di animali presenti in ogni mandria regolarmente registrate, dovrebbero essere facilmente accessibili. In base a queste informazioni, è possibile calcolare il rischio o il tasso di mortalità per ogni mandria. Basandoci sulla conoscenza delle nascite e dell’identità dell’animale, siamo anche in grado di identificare le vacche (definite come bestiame di sesso femminile che ha partorito almeno una volta). Queste informazioni possono a loro volta essere utilizzate per calcolare il rischio o tasso il di mortalità specifici per le diverse mandrie. Ciò implica che le informazioni sulla mortalità delle bovine dovrebbero essere regolarmente messe a disposizione in tutti gli Stati membri dell’UE. Esempi di banche dati telematiche che contengono tali informazioni sono il British Cattle Movement Service (Regno Unito), l’Irish Bovine Animal Identification System (Irlanda) e il Danish Cattle Database (Danimarca). I link alle autorità competenti presenti in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea sono disponibili su ec.europa.eu. Da notare che il livello e la disponibilità delle informazioni è significativamente variabile nei diversi paesi dell’UE. In Danimarca, le informazioni raccolte sulla mortalità bovina a livello di mandria (e di singolo capo) sono regolarmente e facilmente accessibili da, ad esempio, allevatori, consulenti, veterinari, autorità e persino dai cittadini in generale. Tuttavia, questo potrebbe non essere così in tutti i paesi dell’UE. Nell’ambito di un progetto dell’EFSA, che valutava l’impiego di criteri basati sugli animali per la valutazione del benessere delle vacche da latte, Nielsen et al. (2014) hanno adottato un questionario per valutare questi criteri registrati regolarmente negli stati membri dell’UE. A 44 esperti provenienti da nove stati membri dell’UE (Germania, Francia, Regno Unito, Olanda, Italia, Polonia, Danimarca, Belgio e Svezia) è stato inviato un questionario e gli è stato chiesto di indicare – in base alle loro conoscenze personali – se una serie di criteri basati sugli animali venissero regolarmente registrati dalla maggior parte delle aziende lattiero-casearie del loro paese. Il numero di vacche da latte decedute e il numero di vacche sottoposte ad eutanasia erano tra i criteri inclusi nel questionario. Ventuno esperti hanno risposto al questionario (tasso di risposta del 48%). Il 52% e il 48% degli intervistati ha dichiarato che – secondo le loro conoscenze – il numero di vacche da latte decedute naturalmente e il numero di quelle sottoposte ad eutanasia veniva registrato regolarmente nel loro paese. Registrazioni fatte regolarmente sulla mortalità (senza assistenza e in seguito ad eutanasia) erano disponibili anche per altri paesi come Francia, Danimarca, Italia, Svezia, Regno Unito e Germania (in Germania solo per le vacche decedute senza assistenza). Questi risultati mostrano chiaramente che anche se la registrazione della mortalità dei bovini è obbligatoria secondo la normativa UE, non tutti gli esperti partecipanti al sondaggio concordavano sul fatto che questo criterio venisse registrato regolarmente nel loro paese. Gli intervistati possedevano un background molto diverso tra di loro (ad esempio c’erano veterinari, ricercatori e dipendenti di allevamenti/ONG) ed è quindi probabile che la mortalità dei bovini sia stata effettivamente registrata regolarmente in tutti e nove i paesi rappresentati nel sondaggio senza che gli intervistati ne fossero al corrente. 

Idoneità della mortalità bovina come indicatore di benessere animale 

Per risultare utili come indicatori regolari di benessere animale, le informazioni relative alla mortalità delle bovine dovrebbero avere una correlazione con il benessere degli animali ed essere facilmente disponibili. Una review della letteratura scientifica esistente ci indica che solo pochi studi hanno valutato l’esistenza di una  correlazione tra la mortalità delle bovine e il benessere degli animali. In molti casi, la mortalità viene associata ad altri criteri ed è quindi difficile trarre conclusioni sull’utilità di questo criterio come unico indicatore di benessere animale. Inoltre, negli studi la definizione di benessere animale variava e spesso non era molto precisa. In alcuni casi, il benessere veniva definito in maniera relativamente precisa (ad esempio sulla base del Welfare Quality o con “meno di due criteri compresi con valori al di sotto del 10%”), ma in altri casi la definizione era meno precisa (ad esempio “benessere generale di un allevamento di bovini da latte”, “compromissione del benessere animale” o “aspetti del benessere”) (Tabella 1). Secondo la legislazione dell’Unione Europea, i dati sulla mortalità delle bovine dovrebbero essere regolarmente disponibili in tutti i paesi che ne fanno parte. Tuttavia resta ancora da chiarire fino a che punto questo sia vero e quanto sia facile accedere a questi dati. Sono necessari ulteriori studi per valutare l’utilità del parametro “mortalità bovina” come indicatore di benessere animale negli allevamenti da latte e particolare attenzione dovrebbe essere posta sul suo impiego come unico indicatore di benessere. Infine, la valutazione del benessere animale dovrebbe essere fatta con grande attenzione, assicurandosi che venga misurato in maniera valida ed imparziale. 

Morte senza assistenza vs. eutanasia 

Le misurazioni fatte per quanto concerne la mortalità bovina (rischio o tasso) normalmente includono sia le bovine sottoposte ad eutanasia che quelle decedute senza assistenza. Solo pochi studi facevano una distinzione tra le due diverse tipologie di decesso (Compton et al., 2017; Thomsen e Houe, 2006; Thomsen et al., 2004). Si deve fare attenzione nei casi in cui l’elevata mortalità sia dovuta principalmente ad un numero elevato di decessi in seguito ad eutanasia. Un numero elevato di bovine morte senza alcuna assistenza è spesso conseguenza di un’elevata morbilità frequentemente associata ad una gestione subottimale. Un numero elevato di bovine sottoposte ad eutanasia può invece essere la conseguenza di una scelta gestionale intrapresa dall’allevatore. Alcuni allevatori potrebbero, per ragioni differenti, scegliere di sottoporre ad eutanasia tutte le vacche gravemente malate presenti nella loro mandria. Tale decisione potrebbe essere presa dopo aver fatto le loro considerazioni sui costi del trattamento in sé (in relazione anche alla possibilità di recupero totale dell’animale), o dopo aver valutato il costo del carico di lavoro extra associabile al trattamento e alla gestione di una vacca malata. In altre parole, alcuni allevatori potrebbero pensare che l’eutanasia sia la “soluzione” meno costosa per la gestione di una bovina gravemente malata. In tali casi, si dovrebbe avere una maggior cautela nell’interpretare la mortalità bovina come un potenziale indicatore del benessere degli animali. 

Conclusione 

In linea generale, abbiamo scoperto che all’atto pratico pochi studi valutavano la correlazione tra mortalità bovina e benessere animale a livello di mandria. Gli studi utilizzavano metodi qualitativi o quantitativi e molte definizioni diverse di benessere animale. La maggior parte degli studi ha riscontrato almeno una qualche correlazione tra la mortalità delle bovine e il benessere animale. Pertanto, l’impiego dei dati sulla mortalità delle vacche regolarmente raccolti come indicatore di benessere animale all’interno di allevamenti da latte, potrebbe essere significativo ma sono necessarie ulteriori ricerche per documentare meglio 1) l’esistenza di una correlazione tra mortalità delle bovine e benessere animale e 2) l’effettiva disponibilità dei dati regolarmente raccolti sulla mortalità dei soggetti. 

Conflitto d’interessi 

Gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi 

Riferimenti 

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doi.org/10.1016/j.rvsc.2018.06.021

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