Ai ruminanti viene attribuito un ruolo importantissimo nel riscaldamento globale. Al di là delle stime fatte nell’ambito del programma della UNFCCC (United Nation Framework Convention on Climate Change), si sottolinea sovente il fatto che il metano ha una capacità di riscaldamento dell’atmosfera 25 volte superiore a quella dell’anidride carbonica. Questo è il semplice messaggio rivolto all’opinione pubblica che ha poi indotto cittadini, governi e organizzazioni varie a ritenere che la riduzione delle emissioni di metano in atmosfera sia l’obiettivo prioritario per raggiungere la neutralità del carbonio e contenere il riscaldamento globale. Se poi si associa tutto ciò al fatto che la fonte principale di emissioni di metano in atmosfera sono i ruminanti, i quali possono essere utilizzati per la produzione di carne e latte, e che spesso ciò avviene in allevamenti di dimensioni tali da garantire un reddito all’allevatore, si comprende perché vi sia un certo ingiustificato accanimento nei confronti di queste produzioni.

Il sistema attualmente utilizzato dalla stragrande maggioranza di paesi per quantificare le emissioni di gas ad effetto serra è basato sul Global Warming Potential (GWP), che mette in rapporto la forza radiante di un gas serra con quella dell’anidride carbonica. Da qui il valore di 25 per il metano.

Questo sistema, indubbiamente molto efficace per la comunicazione vista la sua semplicità, non tiene conto del fatto che vi sono grandi differenze nel comportamento dei gas ad effetto serra, in particolare per ciò che riguarda la persistenza. L’anidride carbonica ha un’emivita (tempo in cui si dimezza la sua concentrazione in atmosfera) di vari millenni, il protossido d’azoto ha un valore di 100-120 anni e il metano di circa 9-10 anni. Ciò significa che l’anidride carbonica si accumula nell’atmosfera anche se le sue emissioni diminuiscono. In parte ciò avviene anche per il protossido d’azoto, ma nel caso del metano se si riduce o si stabilizza l’emissione la sua concentrazione diminuisce. L’anidride carbonica è un “gas d’accumulo” ed il metano è un “gas di flusso”. In termini pratici di programmazione, per il raggiungimento della neutralità di carbonio bisognerebbe considerare non solo le emissioni di gas ad effetto serra ma, nel caso di quelli che hanno una emivita breve, anche se c’è un incremento o una diminuzione rispetto al passato.

Due gruppi di ricerca dell’Oxford University hanno proposto un correttivo al sistema del GWP per tener conto della diversa dinamica dei gas ad effetto serra, denominato Global Warming Potential Star (GWP*), che tiene conto del fatto che ci sono gas che hanno un’emivita breve (Short Lived Climate Pollutant, come il metano) rispetto a quelli che hanno un’emivita lunga (Long Lived Climate Pllutant, come l’anidride carbonica). Il sistema si basa non più su l’anidride carbonica equivalente (CO2e) per equiparare i gas, ma sull’anidride carbonica temperatura equivalente (CO2we). Permette quindi di mettere in evidenza come nel caso del metano sia sufficiente anche una piccola diminuzione delle emissioni, o addirittura una loro stabilizzazione, per avere una significativa riduzione dell’incremento di temperatura terrestre, mentre non è sufficiente una riduzione delle emissioni di anidride carbonica, ma è necessario adottare misure di sequestro.

La complessa materia è illustrata, in un linguaggio accessibile anche ai non specialisti, in una pubblicazione di Roger Cady, commissionata dalla Global Dairy Platform.

La pubblicazione fornisce poi molte altre informazioni sul comportamento dei gas ad effetto serra, su altre metriche alternative e sulla natura del metano di origine antropica.