Opportunità (e criticità) nel campo della ricerca sulla capacità cognitiva dei bovini da latte: un’area d’interesse chiave necessaria per progettare sistemi di stabulazione futuri ad alto benessere.

La capacità dei bovini da latte di adattarsi ai sistemi di allevamento e alle routine di gestione è fondamentale per garantire un maggiore benessere e una produzione efficiente. Tuttavia, questa capacità può essere compromessa dalla nostra limitata conoscenza delle loro capacità cognitive, che può portare a standard di allevamento e ad una gestione non ottimali. In questa review narrativa pubblicata su Applied Animal Behaviour Science, sono stati messi in evidenza tre argomenti di ricerca sulla capacità cognitiva del bestiame che attualmente sono poco studiati, eppure fondamentali per lo sviluppo futuro di sistemi di stabulazione per bovini da latte ad elevato benessere:

  • trasmissione di informazioni dalla vacca al vitello,
  • meccanismi per attenuare la paura,
  • processi cognitivi coinvolti nella relazione uomo-bestiame bovino.

Gli autori hanno esaminato la letteratura attualmente disponibile su tutti e tre gli argomenti, mettendo in evidenza aree di ricerca promettenti dal punto di vista della zootecnia e concludendo che gli studi futuri dovrebbero concentrarsi sul chiarire cosa e quanto i vitelli imparano dalla loro madre durante il contatto prolungato tra vacca e vitello nei sistemi di allevamento che si occupano di bovini da latte. Tali informazioni potrebbero costituire una parte importante della discussione sull’opportunità di tenere insieme vacche e vitelli per un periodo più lungo dopo il parto nell’industria lattiero-casearia. La sensazione di paura all’interno del gruppo dei bovini potrebbe essere ridotta grazie all’inserimento di compagni calmi e studi futuri potrebbero scoprire se l’attenuazione di tale paura potrebbe essere indotta anche dal condizionamento delle esperienze positive dei bovini con stimoli non correlati, come gli odori. Infine, la relazione uomo-bovino potrebbe trarre vantaggio dall’utilizzo di regimi di addestramento già stabiliti per altre specie, ad esempio l’addestramento con rinforzo positivo o l’addestramento mirato, che potrebbero avere il potenziale di ridurre il rischio di lesioni sia per la vacca che per l’operatore durante la manipolazione.

Di seguito, riportiamo la traduzione integrale del lavoro che può essere consultata nella sua interezza o scegliendo, attraverso l’indice qui sotto, i paragrafi di maggiore interesse (la bibliografia è disponibile nell’articolo originale).

INDICE

1. Introduzione

2. Trasmissione verticale dell’informazione dalla vacca al vitello

3. Attenuazione della paura nei bovini mediante l’utilizzo di conspecifici e di stimoli di condizionamento

3.1. Social buffering

3.2. Ruolo di stimoli condizionati sulle risposte allo stress

4. Il rapporto uomo-animale

4.1. Come i bovini percepiscono e interagiscono con gli esseri umani

4.2. Agevolare le interazioni positive

5. Una nota sulla comunicazione scientifica e sul trasferimento della conoscenza

6. Conclusione

1.Introduzione

I sistemi di produzione lattiero-casearia commerciali richiedono ai bovini di percepire informazioni sul loro ambiente fisico e sociale e di adattarsi quando questo ambiente cambia (rivisto in Marino e Allen, 2017; Rørvang e Nawroth, 2021). È stato dimostrato che i bovini da latte, in generale, si adattano rapidamente ai nuovi ambienti, ad esempio quando imparano a utilizzare un sistema di mungitura automatizzato (ad esempio, Jacobs e Siegford, 2012) o quando accedono agli alimentatori automatici (ad esempio, Collis, 1980). La capacità dei bovini di conoscere e adattarsi al loro ambiente fisico e sociale è quindi cruciale per la funzionalità del sistema di produzione, per il benessere degli animali e per la sicurezza degli operatori coinvolti. Nonostante ciò, la conoscenza delle capacità cognitive dei bovini è ancora molto limitata (George e Bolt, 2021; Marino e Allen, 2017; Nawroth et al., 2019). Questa mancanza di conoscenza rende probabile che i sistemi di stabulazione commerciale e le routine di gestione siano solo parzialmente idonei al repertorio comportamentale e cognitivo del bestiame. Un esempio di ciò è la presenza di stereotipie orali come il tongue rolling e il morso della sbarra (rivisti in Radkowska et al., 2020; Redbo, 1992), che si ritiene siano causati da opportunità insufficienti di esprimere comportamenti naturali (ad es. pascolare, ruminare, ruminare sdraiati a terra, Redbo, 1992).

I bovini sono motivati ad impegnarsi per raggiungere oggetti o aree che mancano a molti sistemi di allevamento attuali, ad esempio per usufruire di una spazzola automatica (McConnachie et al., 2018) e per accedere al pascolo (von Keyserlingk et al., 2017; Charlton et al., 2013). Dare ai bovini l’opportunità di utilizzare le loro capacità cognitive, come l’aprire di cancelli per ottenere risorse (noto anche come contrafreeloading, Jensen, 1963; Osborne, 1977) potrebbe migliorare il loro benessere fornendo loro un senso di controllo sull’ambiente dove vivono o offrendo una via di fuga dalla noia (Mandel et al., 2016; Wechsler e Lea, 2007). Ciò evidenzia nel complesso la necessità di sistemi di stabulazione e di routine di gestione che siano più adatti al repertorio comportamentale e cognitivo dei bovini e, al fine di fornire in futuro tali sistemi, è importante comprendere la vasta gamma delle capacità cognitive dei bovini. La nostra attuale mancanza di conoscenza solleva sfide, ma può anche essere vista come un’opportunità per sviluppare sistemi stabulativi e routine di gestione migliori in futuro. I bovini hanno sviluppato un ricco repertorio comportamentale e cognitivo e si sono adattati ad essere sotto la cura dell’uomo nel corso dell’addomesticamento. Le interazioni sociali con i conspecifici e con gli esseri umani fanno parte della vita quotidiana dei bovini da latte nei sistemi di stabulazione liberi. Le prime esperienze nella vita di un vitello sono spesso cruciali per il suo successivo sviluppo (ad esempio, von Keyserlingk et al., 2009), e quindi fornire precocemente adeguate esperienze di vita è importante per la produzione (rivisto in Jensen, 2018). Nei sistemi a stabulazione intensiva commerciali, vacca e vitello vengono spesso separati subito dopo la nascita del vitello (von Keyserlingk e Weary, 2007; Vasseur et al., 2010). In tali sistemi, i vitelli vengono spesso spostati in box singoli, dove vengono allevati durante il periodo di allattamento, che ad oggi si è dimostrato vantaggioso per l’aumento di peso (Maatje et al., 1993), per ridurre l’incidenza di malattia (Tomkins, 1991) e per ridurre il cross-sucking (Van Putten, 1982). Questa tipologia di gestione differisce nettamente da quello che accadrebbe in natura (ad esempio, nei gruppi di bovini selvatici) o nei sistemi di gestione estensivi, dove i vitelli vivono in gruppi sociali formando legami sia con vacche adulte che con altri vitelli (Kilgour e Dalton, 1984; Vitale et al., 1986). Privare i vitelli della possibilità di interagire con i loro pari può avere un impatto negativo sul loro benessere e sulla successiva produttività. Ad esempio, studi recenti indicano effetti negativi della stabulazione singola sull’ingestione di alimento e sull’aumento di peso (Bernal-Rigoli et al., 2012; Costa et al., 2015), ma anche problemi comportamentali (Jensen e Larsen, 2014). È stato dimostrato anche che la stabulazione individuale causa dei deficit cognitivi nei vitelli allattati (Gaillard et al., 2014; Meagher et al., 2015), indicando una ridotta flessibilità comportamentale che può influenzare la capacità dell’animale di adattarsi alla variabilità di ambienti dell’allevamento. Allevare i vitelli lasciando libero accesso alle loro madri (o ai coetanei) può avere ulteriori vantaggi, poiché i soggetti più anziani spesso hanno più esperienza nell’interazione con l’ambiente in cui vivono (ad esempio, Costa et al., 2016a) – esperienza che potrebbe essere benefica per i soggetti più giovani e più naïve.

Le bovine vengono sottoposte a una miriade di manipolazioni durante la lattazione, quando vengono spostate nell’area maternità prima del parto, durante la mungitura e le cure veterinarie, o quando vengono raggruppate in un nuovo recinto o trasferite al pascolo. Inoltre la gestione del bestiame può essere un lavoro pericoloso (Douphrate et al., 2012) e la ricerca indica che, nell’industria lattiero-casearia, molte lesioni sia agli esseri umani che al bestiame si verificano in relazione alla movimentazione manuale degli animali (Pinzke e Lundqvist, 2007; Douphrate et al., 2006; Boyle et al., 1997; Pratt et al., 1992). I momenti ritenuti particolarmente associabili a un elevato rischio di lesioni comprendono quelle situazioni in cui gli esseri umani e il bestiame interagiscono direttamente, ad esempio durante la movimentazione (Erkal et al., 2008; Rasmussen et al., 2000) e il pareggio degli zoccoli (Boyle et al., 1997). In uno studio svedese che prendeva in esame gli infortuni degli allevatori e l’impedimento alla capacità di lavorare nel 2004, sono stati riportati 5000 incidenti, il 30% dei quali si è verificato negli allevamenti da latte (Douphrate et al., 2006). Inoltre, Lindahl (2014) ha riportato che in Svezia le aziende da latte hanno subito la maggior parte degli infortuni rispetto al resto del settore agricolo e che questi infortuni erano spesso gravi con lunghi periodi di congedo o addirittura mortali. Dagli Stati Uniti, Layde et al. (1996) hanno riportato che i bovini erano coinvolti nella maggior parte delle lesioni di origine animale e Douphrate et al. (2006) hanno riferito che il rischio di lesioni in seguito alla manipolazione del bestiame aumentava durante le operazioni che richiedevano più personale (> 10 lavoratori). Con l’attuale tendenza all’aumento delle dimensioni delle aziende in tutto il mondo (Barkema et al., 2015), è prevedibile che questo tasso di incidenti andrà ad aumentare. Si ritiene che la principale ragione alla base dei numerosi incidenti negli allevamenti siano le reazioni di paura dell’animale (Boyle et al., 1997; Lindahl, 2014). Sebbene la paura nei bovini contribuisca negativamente sia al benessere degli animali che alla produttività (Hemsworth e Coleman, 1998), aumenta anche il rischio di lesioni per gli addetti alla loro gestione. Quindi, vi è una chiara necessità di ottimizzare le interazioni uomo-animale per ridurre sia le lesioni umane che quelle animali. L’obiettivo di questa review narrativa è quello di approcciare le conoscenze disponibili sulla cognizione sociale dei bovini da latte da un punto di vista zootecnico per quanto concerne tre argomenti distinti derivati dalle questioni sopra riportate: la trasmissione di informazioni dalla vacca al vitello, i potenziali meccanismi generali per attenuare la paura nei bovini e il rapporto uomo-bovino durante i processi di manipolazione e gestione. Di seguito, andremmo a mettere in evidenza anche le sfide e le possibilità per ciascun argomento all’interno della produzione commerciale di bovini da latte. Partendo da questa conoscenza, vogliamo inoltre proporre future domande chiave di ricerca, che abbiano il potenziale di migliorare la funzionalità degli attuali sistemi di stabulazione/gestione, a vantaggio sia del benessere degli animali che della sicurezza umana. La review si concentra sui sistemi di produzione da latte, ma le aree di interesse suggerite potrebbero essere rilevanti anche per i sistemi di allevamento dei bovini da carne.

2. Trasmissione verticale dell’informazione dalla vacca al vitello

Nella produzione lattiero-casearia commerciale è pratica comune rimuovere il vitello dalla madre entro i primi giorni dopo la nascita (rivisto in Flower and Weary, 2003). Questa pratica è di crescente interesse per l’opinione pubblica (Busch et al., 2017) e, di conseguenza, sono stati studiati diversi nuovi sistemi di stabulazione che prevedono un contatto vacca-vitello aumentato o prolungato (ad esempio, Mutua e Haskell, 2022; Johnsen et al., 2021; Meagher et al., 2019; Wenker et al., 2022). Sono necessarie ulteriori ricerche sui potenziali benefici per il benessere dei sistemi di allevamento  che prevedono il contatto vacca-vitello (Weary e von Keyserlingk, 2017; Wenker, 2022) al fine di garantire un migliore allineamento dell’allevamento da latte con i valori dell’opinione pubblica, ma anche per garantire l’attuabilità di questi sistemi per la vacca, per il vitello e per l’allevatore. Sebbene quest’area di ricerca sia relativamente nuova, il numero di studi è in crescita, con indicazioni di molteplici benefici per il benessere nonostante la perdita di latte da vendere (Meagher et al., 2019). I bovini, in quanto animali che vivono in gruppo, nell’arco della loro vita quotidiana fanno affidamento sulle informazioni sociali. Il lavoro condotto su altre specie fornisce alcune prove del fatto che la rottura del legame materno alla nascita può essere dannosa per lo sviluppo comportamentale (ratti: Lévy et al., 2003; Melo et al., 2006), e studi condotti sui vitelli da latte suggeriscono che un contatto prolungato con un altro vitello (Gaillard et al., 2014) o con la madre (Meagher et al., 2015) migliora la flessibilità dell’apprendimento. Secondo la nostra conoscenza, nessun lavoro ha studiato altri potenziali benefici di un contatto materno prolungato.

Esiste quindi il rischio che i vitelli da latte non riescano a sviluppare adeguate capacità di apprendimento quando vengono isolati in tenera età e, di conseguenza, che possano mancare delle capacità chiave per adattarsi in modo ottimale ai cambiamenti del sistema di stabulazione commerciale nelle fasi successive della loro vita. In questo studio proponiamo come ulteriore importante argomento il ruolo che la madre gioca nella trasmissione delle informazioni alla sua prole. Gli studi disponibili sulle capacità di apprendimento sociale dei bovini, in generale, indicano che i meccanismi cognitivi coinvolti sono principalmente la facilitazione sociale e il potenziamento degli stimoli (Rørvang e Nawroth, 2021) – abilità importanti per l’esplorazione di nuove risorse alimentari (Howery et al., 1998; Pfister et al., 2002). Se il bestiame faccia affidamento anche su meccanismi di apprendimento sociale più complessi (ad esempio, l’emulazione degli obiettivi (Boesch e Tomasello, 1998) e l’imitazione (Galef, 2013; Nicol, 1995)) è relativamente poco conosciuto. Secondo la nostra conoscenza, soltanto uno studio ha tentato di indagare su questo argomento di ricerca mettendo a confronto le vacche con un’attività di deviazione spaziale. A metà delle vacche è stato mostrato il percorso verso la ricompensa da un’altra vacca (osservatori), mentre l’altra metà non ha avuto dimostrazioni (controlli). Gli osservatori non avevano più successo o erano più veloci nella deviazione rispetto ai controlli, ma gli osservatori di successo tendevano ad essere più veloci dei controlli di successo. I risultati indicano quindi che i meccanismi di apprendimento coinvolti erano più probabilmente meccanismi di trasmissione sociale, come il potenziamento dello stimolo (Stenfelt et al., in corso di stampa). Le capacità di trasmissione sociale (che possono essere definite come i processi cognitivi che comportano un semplice trasferimento di informazioni e/o di comportamenti tra individui della stessa specie o di specie diverse, Rørvang et al., 2018a) potrebbero essere vantaggiose in un contesto commerciale quando le vacche, per esempio, devono imparare a far funzionare le mangiatoie per l’alimentazione automatica o altri dispositivi automatici presenti nel loro ambiente. Sebbene in molti casi i meccanismi associati al trasferimento delle informazioni sociali rimangano poco chiari (esaminati in Rørvang et al., 2020), ci sono alcune prove che la facilitazione sociale e gli effetti di miglioramento possono portare ad un adattamento più rapido verso nuove situazioni (ad esempio, Costa et al. al., 2014; De Paula Vieira et al., 2012; Stenfelt et al., 2022). Tali esempi possono includere la capacità di apprendere come utilizzare le spazzole automatiche per bovini o le mangiatoie automatiche, e l’osservare un’altra vacca che interagisce con l’attrezzatura/l’apparecchiatura si tradurrà in una maggiore motivazione a impegnarsi con l’oggetto stesso, cosa che alla fine potrà portare ad una più rapida acquisizione del compito da parte della vacca naïve attraverso l’apprendimento associativo individuale. Da questo punto di vista, la capacità di acquisire informazioni dai pari è vantaggiosa per la vacca da latte: la trasmissione sociale si traduce in un aumento del tempo di pascolo (Phillips, 2004) e dell’assunzione di alimento (Babu et al., 2003, 2004; Jensen et al., 2015). Esiste una pletora di prove che suggeriscono che i vitelli da latte traggono grandi benefici, anche dal punto di vista cognitivo, quando viene data loro la possibilità di avere contatti sociali nelle prime fasi della vita (vedi review di Costa et al., 2016b).

L’acquisizione di informazioni dai pari può modellare la flessibilità comportamentale (Gaillard et al., 2014; Meagher et al., 2015), ma quello che rimane poco chiaro è se vi siano ulteriori benefici quando viene permesso anche il contatto materno. Pertanto, vogliamo promuovere la realizzazione di studi sugli effetti a lungo termine del contatto vacca-vitello e vitello-vitello nei primi anni di vita per quanto concerne la capacità dei vitelli di fare affidamento e di seguire correttamente le informazioni sociali a breve e a lungo termine, cioè nelle fasi più avanzate della vita. Un altro aspetto importante dell’acquisizione sociale di abilità dalla madre è quello di imparare dove e come nutrirsi o pascolare. Poiché la produzione lattiero-casearia si basa su vacche con un’ingestione alimentare efficiente e con un comportamento alimentare specifico, questo specifico comportamento gioca un ruolo centrale nel contesto produttivo. Sappiamo che le manze naïve traggono vantaggio dall’essere messe in gruppo con una vacca esperta nelle prime ore dopo essere state introdotte al pascolo (Costa et al., 2016a) e che i vitelli sviluppano preferenze dalla loro madre (o dalla madre adottiva) per specifiche posizioni di pascolo nelle fasi più avanzate della loro vita (Howery et al., 1998; Provenza et al., 1992). Le capacità di trasmissione sociale sono quindi importanti anche per lo sviluppo del comportamento alimentare dei vitelli; un vitello senza precedenti esperienze di pascolo potrà sfruttare le informazioni sociali dei coetanei con conseguente riduzione della latenza impiegata per avvicinarsi e per toccare l’erba e con tempi di apprendimento più brevi per pascolare. È quindi corretto affermare che questi meccanismi sono importanti anche per lo sviluppo di un comportamento alimentare idoneo durante la stabulazione al chiuso delle vacche da latte in allevamenti commerciali, come potrebbe essere il consumo di nuovi alimenti (ad esempio concentrati o paglia). Quindi, sapere di più su come e da chi i vitelli imparano a nutrirsi e su come questo possa essere influenzato dal contatto prolungato tra vacca e vitello dovrebbe essere un obiettivo di ricerca futuro. Per i vitelli, potrebbe anche essere importante acquisire dalla madre informazioni sull’essere umano presente nell’ambiente. La ricerca sui cavalli, ad esempio, mostra che i puledri traggono benefici dall’osservare le reazioni delle loro madri in situazioni potenzialmente spaventose, cosa che consente loro di imparare quando non essere spaventati (Christensen, 2015) e aumenta la loro accettazione degli esseri umani (Christensen et al., 2020). I vitelli sono maggiormente in grado di adattarsi a nuove circostanze se tenuti con compagni durante il periodo di allattamento (Bolt et al., 2017; Costa et al., 2016b; Gaillard et al., 2014; Meagher et al., 2015) e sebbene alcuni risultati siano contrastanti, gli studi indicano una riduzione delle risposte allo stress o alla paura del vitello quando viene loro consentito un contatto più prolungato con la madre dopo la nascita (rivisto in Meagher et al., 2019). Gli studi che mettono a confronto i vitelli allevati con e senza le loro madri mostrano che i vitelli allevati con le loro madri esprimono maggiormente il comportamento di gioco e di interazione sociale (Waiblinger et al., 2020), indicando potenzialmente abilità sociali più sviluppate per la vita futura. Una maggiore competenza sociale nei vitelli allevati con la madre è stata riscontrata anche negli studi in cui i vitelli venivano messi a confronto con una vacca sconosciuta (Buchli et al., 2017) e quando le manze sono state integrate nella mandria delle vacche (Wagner et al., 2012). Può quindi essere vantaggioso tenere insieme vacca e vitello per ridurre la paura e per sviluppare maggiori competenze sociali. Studi futuri potrebbero concentrarsi su tali aspetti e indagare se la diminuzione delle reazioni di paura nella prole possa essere mantenuta nel tempo e con diversi oggetti o in diverse situazioni in grado di suscitare tale paura.

3. Attenuazione della paura nei bovini mediante l’utilizzo di conspecifici e di stimoli di condizionamento

3.1. Social buffering

Le razze bovine da latte sono state selezionate per vari tratti di personalità o indole al fine di garantire un cosiddetto temperamento di mungitura funzionale, descritto da elevata socievolezza con bassa aggressività intraspecifica e bassa reattività in risposta alla novità e alla separazione sociale (vedi ad esempio, Haskell et al., 2014). Questa selezione viene effettuata con l’obiettivo di avere vacche tranquille e docili, ma alcune situazioni (ad esempio, se vengono esposte a stimoli nuovi o potenzialmente minacciosi) potrebbero comunque far reagire le vacche con paura. Le reazioni di paura nei bovini sono spesso brusche e imprevedibili e quindi possono rendere gli animali pericolosi da maneggiare (Grandin, 1996; Lindahl et al., 2016).  Uno dei motivi alla base delle reazioni imprevedibili delle vacche può derivare dal fatto che spesso non è chiaro quali stimoli o quale contesto possano suscitare la paura nei singoli animali. Le informazioni su come ridurre il comportamento di paura nei bovini sono generalmente carenti nella ricerca sui bovini, nonostante gli studi sulle reazioni di paura siano relativamente numerosi in altre specie di grandi mammiferi custoditi dall’uomo, come i cavalli (Christensen et al., 2008, 2005; Rørvang et al., 2015). Le vacche timorose non sono solo una minaccia per la sicurezza dell’uomo (Boyle et al., 1997; Lindahl et al., 2016), ma la paura è dannosa anche per il benessere degli animali (Broom, 2014; Mota-Rojas et al., 2020) e per la produttività (Hemsworth e Coleman, 1998; Mota-Rojas et al., 2020). Su scala più ampia, livelli elevati di paura tra i bovini possono avere un impatto sulla sostenibilità della produzione lattiero-casearia attraverso 1) diminuzione della produttività e maggior rischio di abbattimento o 2) aumento del rischio di malattia o di infortuni che si traducono anche in un aumento del rischio di abbattimento involontario, tutti aspetti che riducono la longevità (vita più breve nella mandria; rivista in Mota-Rojas et al., 2020). In aggiunta a ciò, le reazioni di paura sono spesso “contagiose” all’interno di un gruppo di animali (Griffin, 2004). La paura può quindi colpire anche gli animali che non entrano in contatto diretto con gli stimoli che suscitano paura, anche a distanza, rendendo le reazioni di paura individuali difficili da prevedere per gli operatori umani coinvolti. Sono quindi necessari modi innovativi per ridurre il comportamento di paura nei bovini al fine di migliorare il benessere degli animali e la sicurezza degli operatori. Il social buffering, che fa riferimento all’idea che la presenza di un pari riduca l’effetto negativo di un evento stressante (Rault, 2012), potrebbe essere un meccanismo appropriato per ridurre lo stress durante le pratiche di manipolazione. È stato dimostrato che i vitelli da latte vocalizzano di meno ed esplorano di più se posti in una nuova stanza con un compagno rispetto ai vitelli posti in una nuova stanza ma da soli (Duve e Jensen, 2011; Færevik et al., 2006). Le manze si avvicinavano più facilmente a un essere umano e mangiavano di più se accompagnate da una compagna in un posto per loro nuovo (Veissier e le Neindre, 1992), e la presenza di conspecifici sembrerebbe ridurre le risposte comportamentali all’isolamento, indipendentemente dall’identità (cioè dalla familiarità) del compagno (Boissy e Le Neindre, 1997; Veissier e le Neindre, 1992). Ricerche recenti suggeriscono che la paura può essere ulteriormente attenuata socialmente in gruppi di animali tramite compagni addestrati e calmi. Nei cavalli, è possibile ridurre la paura all’interno di un gruppo di tre cavalli naïve inserendo soltanto un compagno calmo (rapporto dimostratore-osservatore 1:3) (Rørvang e Christensen, 2018). Allo stesso modo, l’utilizzo di compagne calme in gruppi di vacche potrebbe avere il potenziale di ridurre le reazioni di paura. Quando gruppi di vacche da latte naïve (n = 3) sono stati testati in una situazione che suscitava paura (ad es. apertura improvvisa di un ombrello colorato, come utilizzato nello studio sul cavallo (Rørvang e Christensen, 2018)) o con un compagno addestrato calmo o con un compagno non addestrato (cioè non calmo), le vacche naïve accompagnate dal compagno calmo hanno reagito con meno paura, sono tornate più velocemente al secchio del mangime dopo essere state spaventate e hanno avuto un aumento significativamente inferiore della frequenza cardiaca durante il test (Stenfelt et al., 2022, figura 1). La ricerca futura dovrebbe indagare se i diversi rapporti dimostratore-soggetto possano alterare anche l’efficienza della riduzione della paura poiché l’efficacia dimostrata utilizzando gruppi più numerosi consentirebbe una più facile trasferibilità ai contesti aziendali. Sono inoltre necessarie ulteriori informazioni sulla costanza nel tempo e in diversi contesti, comprese situazioni pratiche come l’addestramento delle manze naïve per entrare nell’unità di mungitura automatica.

Fig. 1. Immagine proveniente da uno studio di Stenfelt et al., (2022). Un compagno calmo (vacca addestrata) diminuiva con successo la paura in un gruppo di vacche naïve in un contesto di provocazione della paura. Il contesto di provocazione della paura è rappresentato nella fotografia dalla brusca apertura di un ombrello bianco e rosso, mentre le vacche stanno mangiando dai loro secchi gialli. Il rapporto dimostratore osservatore era di 1:3 in questo test. Foto concessa da: Johanna Stenfelt.

3.2. Ruolo di stimoli condizionati sulle risposte allo stress

Un altro importante mediatore nel controllo della paura sociale è l’apparato sensoriale delle vacche. È stato affermato che i segnali visivi sono la modalità principale che media l’attenuazione della paura (ad esempio, Guzmán et al., 2009), ma è molto probabile che anche altri sensi abbiano un ruolo in questo (Nielsen, 2018). È stato visto che i bovini reagiscono in modo più pauroso quando esposti a segnali olfattivi provenienti da conspecifici stressati (Terlouw et al., 1998) e possono essere addestrati a differenziare tra conspecifici basandosi solo su segnali olfattivi (Baldwin, 1977). È quindi possibile che i bovini facciano affidamento sull’olfatto in più situazioni di quelle attualmente conosciute (Wyatt, 2003). La ricerca sulle capacità sensoriali dei bovini è generalmente scarsa, e mette in evidenza la necessità di raccogliere maggiori conoscenze su come le informazioni sensoriali vengano elaborate e prioritarizzate dalle vacche e su come i diversi sensi potrebbero essere utilizzati per attenuare la paura nei gruppi di vacche (Nielsen, 2018). Una potenziale linea di indagine potrebbe essere quella di determinare se i bovini siano in grado di imparare ad associare un odore a una situazione piacevole. Se i bovini sono in grado di modulare una risposta condizionata, gli odori potrebbero potenzialmente essere utilizzati per mitigare i fattori di stress associati a determinati eventi stressanti noti, come il caricamento sul camion dei trasporti. Un’altra opzione potrebbe essere quella di utilizzare odori calmanti come la lavanda, che si è scoperta abbassare i livelli di cortisolo nei cavalli trasportati (Heitman et al., 2018) e ridurre la malattia indotta dal viaggio nei suini (Bradshaw et al., 1998). Secondo la nostra conoscenza, fino ad oggi non è stato svolto alcun lavoro su questo argomento nei bovini da latte. Un altro aspetto del condizionamento, che è importante considerare per ridurre la paura nei bovini, è la possibilità che le reazioni di paura possano funzionare come stimoli condizionanti. Tali meccanismi sono stati studiati nei roditori (rivisti in Curzon et al., 2009) e nell’uomo (Vervliet et al., 2013). Ciò significa che quando una vacca è esposta ad un compagno timoroso, può imparare ad associare la paura vissuta con una situazione specifica, con un oggetto o con un conspecifico (Olsson e Phelps, 2007). Questi aspetti sono importanti nella gestione del bestiame bovino in quanto significano che tale bestiame può reagire in modo imprevedibile a determinate situazioni, oggetti o persone. Ad esempio, una vacca può avere una reazione di paura nei confronti di una mangiatoia automatica, nonostante non abbia avuto alcuna esperienza di interazione con la mangiatoia automatica: la reazione potrebbe essere causata dall’osservazione di un’altra vacca che reagisce con paura vicino alla mangiatoia automatica. Gli studi futuri dovrebbero quindi includere questi aspetti in quanto rimangono piuttosto inesplorati nelle specie di animali d’allevamento.

4. Il rapporto uomo-animale

4.1. Come i bovini percepiscono e interagiscono con gli esseri umani

Nei sistemi di allevamento di bovini da latte, le vacche interagiscono quotidianamente con gli esseri umani. Va sottolineato che i bovini sono in grado di discriminare tra gli esseri umani fin dalla tenera età (de Passillé et al., 1996; Munksgaard et al., 1999; Rybarczyk et al., 2001). È quindi importante stabilire un buon rapporto uomo-animale fin dall’inizio della vita del vitello, che poi può durare anche per l’intero ciclo produttivo (Breuer et al., 2003; Rushen et al., 1999). Diversi studi hanno analizzato il rapporto uomo-bestiame ed hanno messo in evidenza dei modi per migliorarlo. Ad esempio, Lange et al. (2020) e Lürzel et al. (2016) hanno studiato gli effetti di un accarezzamento delicato delle manze e hanno scoperto che la distanza di evitamento diminuiva quando le manze erano state accarezzate da un essere umano quando erano dei vitelli (Lürzel et al., 2016), mentre l’esatta modalità di accarezzamento applicata sembrerebbe essere meno rilevante nella promozione di stati emotivi positivi nei bovini (Lange et al., 2020). La manipolazione precoce sembrerebbe essere cruciale anche per la successiva accettazione (cioè, consentire all’uomo di essere molto vicino) da parte delle vacche da latte degli esseri umani; ad es., Jago et al. (1999) hanno scoperto che la manipolazione nei primi due giorni dopo la nascita ha fatto sì che i vitelli si avvicinassero prontamente ed interagissero con un essere umano sconosciuto indipendentemente da eventuali successive interazioni con gli umani. Breer et al. (2003) hanno scoperto che una manipolazione tattile negativa porta a una risposta allo stress acuto e cronico sia comportamentale che fisiologico nelle manze da latte. Mentre la maggior parte di questi studi si è concentrata esclusivamente su come la stimolazione tattile possa influenzare la relazione uomo-animale, gli esseri umani e il bestiame possono interagire anche attraverso altre modalità utilizzando, ad esempio, stimoli olfattivi o acustici. I bovini sono in grado di percepire frequenze sonore simili e anche più elevate rispetto agli umani (Heffner e Heffner, 1992, 1983) e il loro senso dell’olfatto gioca un ruolo centrale nel comportamento sia sociale che sessuale (Wyatt, 2003). È quindi probabile che i bovini raccolgano molte più informazioni dagli operatori umani di quanto attualmente si ritenga. La ricerca condotta sui cavalli, ad esempio, mostra che i cavalli gestiti da esseri umani calmi e positivi mostrano una frequenza cardiaca più bassa e concentrazioni di cortisolo più basse (esaminati in Rørvang et al., 2020) e recenti ricerche suggeriscono già che i bovini potrebbero essere in grado di riconoscere chemosegnali correlati allo stress umano (Destrez et al., 2021). Se i bovini sono in grado di associare questi segnali a interazioni negative uomo-animale, possono di conseguenza modificare il proprio comportamento. Quindi questi risultati dovrebbero essere approfonditi ulteriormente su campioni più grandi e su altre razze (solamente Charolaise è stata testata in Destrez et al., 2021) per poter trarre una conclusione definitiva sul detto comune secondo il quale le vacche possono fiutare il cattivo umore di una persona.

4.2.Agevolare le interazioni positive

Sebbene si ritenga che gli animali paurosi o aggressivi siano la causa principale delle lesioni in seguito a manipolazione degli animali e siano stati studiati approfonditamente (Boyle et al., 1997; Lindahl, 2014), la possibilità di facilitare interazioni positive uomo-animale applicando la teoria dell’apprendimento per addestrare le vacche ha ricevuto scarsa attenzione (ma vedi: Lomb et al., 2021). In altre specie animali domestiche, c’è un lavoro considerevole sulla mappatura del modo in cui l’animale reagisce ai segnali dell’uomo e dei conspecifici al fine di evitare situazioni rischiose. I cavalli, ad esempio, possono essere abituati a situazioni che altrimenti sarebbero in grado di suscitare paura (Christensen et al., 2008) e l’addestramento con rinforzo positivo è uno strumento efficace per ridurre lo stress in numerose situazioni e in diverse specie animali (ad esempio, cavalli: Dai et al., 2019, leoni: Callealta et al., 2020, primati: Perlman et al., 2012, lemuri dalla coda ad anelli: Spiezio et al., 2017). L’addestramento con rinforzo positivo è diventato comune anche nella ricerca biomedica, garantendo risultati sperimentali affidabili e il benessere degli animali da laboratorio (Laule et al., 2003; Scott et al., 2003) e, recentemente, questa tecnica è stata sempre più adottata anche nei moderni zoo, per migliorare gli standard di allevamento e il benessere degli animali (ad esempio, Laule et al., 2003, Laule e Whittaker, 2007). Questi metodi sono stati applicati al bestiame solo in misura limitata, anche se tale bestiame viene maneggiato abitualmente e deve “sapersi comportare” all’interno delle routine aziendali.

Gli allevatori di bovini nordamericani Bud Williams (che ha proposto i principi “Low-stress cattle management” negli anni ’90, Williams, 2012) e Dylan Biggs (che ha insegnato i “Low-stress principles”, Biggs, 2013) hanno aneddoticamente indicato tali concetti indirettamente quando hanno sottolineato l’importanza del fatto che l’allevatore trascorra del tempo a camminare attraversando la mandria, al fine di ridurre le dimensioni della zona di fuga (cioè abituare il bestiame alla presenza dell’uomo, Stookey e Watts, 2014). Oltre a questo punto di vista pratico, la ricerca ha anche indicato l’addestrabilità generale delle vacche. Ad esempio, le bovine possono facilmente imparare a seguire un obiettivo utilizzando un addestramento con rinforzo positivo (Rørvang et al., 2018b). Tale principio di addestramento potrebbe essere utile in molti modi durante la manipolazione del bestiame, specialmente in situazioni in cui serve allontanare l’uomo dalla vacca, ad esempio durante lo spostamento per vari scopi, incluso il carico per il trasporto (Rasmussen et al., 2000), un metodo che si è dimostrato efficiente anche nei cavalli (Dai et al., 2019). Un altro esempio è uno studio di Lomb et al. (2021), che ha dimostrato come le manze addestrate utilizzando una combinazione di rinforzo positivo e di controcondizionamento abbiano prontamente tollerato una procedura dolorosa. Chen et al. (2016) hanno anche dimostrato che l’addestramento con rinforzo positivo è vantaggioso durante il contenimento del bestiame. Gli autori hanno anche notato che l’addestramento ha diminuito il comportamento di evitamento sia durante la procedura che dopo la procedura. In aggiunta a ciò, ci sono prove che suggeriscono che l’addestramento oltre ad andare a diminuire la paura nei bovini, potrebbe anche migliorare la qualità del rapporto tra conduttore e vacca (Ceballos et al., 2018; Lürzel et al., 2016), cosa che potrebbe essere generalizzata ad altri addetti alla manipolazione. Restano quindi molte informazioni da scoprire su questo argomento e gli studi futuri dovrebbero concentrarsi sulla mappatura di quali regimi di addestramento già stabiliti siano utili per il bestiame e in quale contesto. Gli studi dovrebbero includere anche indagini sui potenziali effetti a lungo termine che questo potrebbe avere sulla relazione uomo-animale e se possa essere generalizzato ad altri manipolatori umani. Basandoci sulla capacità dei bovini di apprendere e di ricordare informazioni su esseri umani differenti, potrebbe essere interessante chiedersi se i bovini possano avere la capacità di utilizzare le informazioni sociali provenienti da eterospecifici, come gli esseri umani. Per quanto ne sappiamo, non è noto se le informazioni possano essere trasmesse socialmente dall’uomo al bestiame (rivisto per gli animali da allevamento da Nawroth et al., 2019). Questi aspetti restano quindi da approfondire e mettono in evidenza il potenziale di adattamento delle procedure durante le pratiche di movimentazione.

5. Una nota sulla comunicazione scientifica e sul trasferimento della conoscenza

Oltre a quella della ricerca futura, vogliamo anche sottolineare l’importanza di comunicare le conoscenze derivate dalla ricerca applicata e di base sulle capacità cognitive dei bovini alle diverse parti interessate, come i partner dell’industria. Poiché l’industria è l’utente finale di queste informazioni, rendere le informazioni accessibili e comprensibili a una varietà di parti interessate è importante se vogliamo salvaguardare l’adozione di queste conoscenze durante le procedure di allevamento e di gestione. Sebbene esistano iniziative volte a migliorare la gestione del bestiame (la “Low-stress cattle management”, proposta da Guy Williams, 2012), è necessario aumentare la collaborazione tra professionisti e ricercatori su questo argomento, altrimenti ciò può rappresentare un rischio sia per l’applicabilità pratica della ricerca sia per il fondamento scientifico della conoscenza pratica. Pertanto, incoraggiamo ricercatori e professionisti a colmare ulteriormente questa lacuna per salvaguardare un’applicazione di successo delle scoperte scientifiche unitamente alle iniziative pratiche. Comunicare sia le competenze, ma anche i limiti, delle capacità cognitive del bestiame contribuirà a garantire che le aspettative umane sulla capacità del bestiame di adattarsi ai sistemi e alle routine di allevamento corrispondano alle loro effettive capacità mentali. I futuri progetti di ricerca dovrebbero quindi includere una maggiore diffusione dei risultati di studio sulle capacità cognitive degli animali d’allevamento.

Conclusione

La ricerca sulle capacità cognitive dei bovini da latte è un’area poco studiata, sebbene possa avere un potenziale non sfruttato di utilizzare tali informazioni in vari aspetti dell’allevamento e della gestione dei bovini da latte. Abbiamo qui delineato in modo esemplificativo tre aspetti centrali:

1) trasmissione verticale di informazioni tra vacca e vitello;

2) attenuazione della paura attraverso il social buffering e l’utilizzo di segnali condizionanti come gli odori;

3) miglioramento della relazione uomo-bestiame rafforzando interazioni positive mediante un addestramento con rinforzo positivo.

Gli studi futuri dovrebbero concentrarsi sul chiarimento di cosa e quanto i vitelli imparano dalla loro madre durante un contatto prolungato tra vacca e vitello. Tali informazioni potrebbero essere una parte importante della discussione sull’opportunità di tenere insieme vacche e vitelli nell’industria lattiero-casearia per un periodo di tempo più lungo dopo il parto. La paura nel gruppo dei bovini potrebbe essere ridotta dall’utilizzo di compagni calmi e studi futuri potrebbero scoprire se l’attenuazione di tale paura potrebbe essere indotta anche dal condizionamento delle esperienze positive dei bovini con stimoli non correlati come gli odori.

Infine, il rapporto uomo-bovino potrebbe trarre vantaggio dall’utilizzo di protocolli di addestramento già stabiliti per altre specie, ad esempio l’addestramento con rinforzo positivo o l’addestramento mirato, che possono avere effetti a lungo termine sugli animali e sugli esseri umani coinvolti. Il benessere del bestiame, la produttività, la sicurezza del personale in allevamento e la sostenibilità della produzione lattiero-casearia e della carne potrebbero trarre vantaggio dai progressi futuri nella ricerca cognitiva sui bovini e ci auguriamo che questa review contribuisca a spianare la strada a questi futuri tentativi di ricerca.