Mangiare italiano: in questo momento di emergenza Covid-19, da più parti arriva la richiesta di sostenere il sistema agroalimentare italiano, che come un treno continua a lavorare sodo, per consentire alle aziende di settore di resistere alle avversità.

Al di là della campagna molto più attiva in questi giorni, lo strumento efficace per riconoscere un prodotto alimentare italiano al momento dell’acquisto è l’etichettatura, ovvero qualunque menzione, indicazione, marchio di fabbrica o commerciale, immagine o simbolo che si riferisce a un alimento e che figura su qualunque imballaggio, documento, avviso, etichetta, nastro o fascetta che accompagna o si riferisce a tale alimento (art. 2, lett. j del Reg. (UE) n. 1169/2011). L’indicazione dell’origine dell’alimento è inclusa nell’elenco delle indicazioni obbligatorie di cui all’art. 9 del Reg. (UE) n. 1169/2011, che specifica, alla lett. i: “il paese d’origine o il luogo di provenienza ove previsto all’articolo 26”. L’art. 26 prevede, in particolare, l’obbligo di indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza nei casi in cui la mancata indicazione sull’etichettatura “possa indurre in errore il consumatore in merito al paese d’origine o al luogo di provenienza reali dell’alimento, in particolare se le informazioni che accompagnano l’alimento o contenute nell’etichetta nel loro insieme potrebbero altrimenti far pensare che l’alimento abbia un differente paese d’origine o luogo di provenienza”, oltre che per le carni dei codici della nomenclatura combinata (NC) elencati all’allegato XI” del medesimo regolamento. Al paragrafo 3 dell’art. 26, viene inoltre riportato l’obbligo di indicazione dell’origine dell’ingrediente primario quando il paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento riportato sull’etichetta non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario, attraverso due modalità diverse:

  • indicando l’origine dell’ingrediente primario, oppure
  • indicando che il paese d’origine/luogo di provenienza è diverso da quello dell’alimento.

L’applicazione del paragrafo 3 è soggetta ad un atto di esecuzione, ovvero il ben noto Reg. (UE) n. 2018/775 sull’origine dell’ingrediente primario, che sarà applicabile dal 1° aprile 2020. L’art. 1 del regolamento definisce l’ambito di applicazione, in particolare quello già tracciato dall’art. 26.3 del Reg. (UE) n. 1169/2011, con l’esclusione da tale ambito di quei prodotti alimentari protetti da indicazioni geografiche [riferimenti normativi: Reg. (UE) n. 1151/2012, Reg. (UE) n. 1308/2013, Reg. (CE) n. 110/2008 o Reg. (UE) n. 251/2014] o protetti in virtù di accordi internazionali o marchi d’impresa registrati, laddove questi ultimi costituiscano un’indicazione dell’origine, in attesa dell’adozione di norme più specifiche riguardanti l’applicazione dell’art. 26.3 per tali indicazioni. Negli art. 2 e 3 troviamo, rispettivamente, le modalità di indicazione del paese d’origine o luogo di provenienza dell’ingrediente primario e la presentazione di tali informazioni sull’etichettatura degli alimenti.

Siamo quindi “agli sgoccioli” per quei decreti interministeriali che, a livello nazionale, hanno imposto l’obbligo di origine per prodotti come il latte, il grano, il riso o il pomodoro, perché, con l’entrata in vigore di un atto normativo europeo quale appunto il Reg. (UE) n. 2018/775, vincolante per tutti gli Stati membri dell’Unione europea, tali norme nazionali perderanno di efficacia; ricordiamo inoltre il DM MiPAAF del 7 maggio 2018, che ha avuto come effetto quello di legare la cessazione dell’efficacia dei decreti sopra citati e specificati qui di seguito alla data di applicazione del Reg. (UE) 2018/775. Nello specifico, questi decreti, emanati nel corso della XVII legislatura, sono:

  • il decreto 9 dicembre 2016 recante l’indicazione in etichetta dell’origine del latte e dei prodotti lattiero-caseari;
  • il decreto 26 luglio 2017 per l’indicazione di origine del riso;
  • il decreto 26 luglio 2017 per l’indicazione dell’origine del grano duro e per le paste di semola di grano duro;
  • il decreto 16 novembre 2017 per l’indicazione di origine del pomodoro.

In particolare per il latte e i suoi derivati, con un decreto MiPAAF pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (GU n.170 del 22-7-2019, il DM 18 marzo 2019), è stato modificato il Decreto del 9 dicembre 2016, estendendo l’applicazione del decreto dal 31 marzo 2019 al 31 marzo 2020.

Il 2 marzo scorso, il Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, e il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Teresa Bellanova, hanno scritto una lettera ai Commissari Ue alla salute, Stella Kyriakides, e all’agricoltura, Janusz Wojciechowski, con la richiesta di estendere l’obbligo di origine delle materie prime in etichetta a tutti gli alimenti, a partire da una scelta rapida sui prodotti sui quali è già avvenuta in questi anni una sperimentazione, come latte e prodotti lattiero-caseari, carni trasformate, pasta, riso e derivati del pomodoro. Con questi obiettivi, i due Ministri hanno notificato a Bruxelles la proroga fino al 31 dicembre 2021 del decreto su latte e formaggi e sono pronti ad avanzare sulla proroga degli altri decreti nazionali con la stessa scadenza.

L’Italia non è l’unica ad aver intrapreso la strada della normativa nazionale in materia di origine degli alimenti, si pensi alla strada tracciata dalla Francia proprio in merito all’origine del latte obbligatoria in etichetta, con la Spagna al seguito dell’Italia sempre sul latte. Vale la pena citare un passaggio interessante della lettera sopra citata, che sollecita i destinatari ad intervenire prima che si verifichino altre situazioni drammatiche, come quella legata alla BSE: “in passato si è scelto di prendere decisioni in tema di etichettatura solo in conseguenza di gravi scandali alimentari. Abbiamo informazioni complete sulle carni, perché c’è stata la BSE. Non crediamo sia giusto aspettare un nuovo scandalo, ma che si possa agire con coraggio nel senso richiesto dai cittadini in tutta Europa. Per questo riteniamo che il regolamento Ue 775/2018, destinato ad entrare in vigore il 1° aprile, non dia risposte sufficienti”.

D’altronde, a chiedere maggiore chiarezza sull’origine degli alimenti sono gli stessi cittadini europei che con l’iniziativa “Eat Original! Unmask your food” hanno raggiunto, il 2 ottobre 2019, oltre un milione di firme in tutta l’Unione europea per rendere tale indicazione obbligatoria su tutti i prodotti alimentari. Avvalendosi di un importante strumento di democrazia introdotto dal trattato di Lisbona, ovvero l’iniziativa dei cittadini, gli europei hanno dato chiaro segnale di una richiesta ben precisa: maggiore tutela ed informazione, peraltro con il benestare del Comitato Economico e Sociale Europeo. Va rimarcato che l’obbligo dell’indicazione dell’origine potrebbe essere uno strumento a supporto della lotta alle frodi in campo alimentare, prevenendo la contraffazione e le pratiche commerciali sleali che danneggiano il mercato interno.

Tornando alla lettera dei giorni scorsi firmata da MiSE e MiPAAF, le tempistiche di notifica per quanto riguarda la proroga del decreto sull’origine di latte e derivati non sono state esattamente ottimali. La procedura di notifica è stata definita con la Direttiva (UE) n. 2015/1535, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione. Gli Stati membri devono notificare alla Commissione ogni progetto di regola tecnica, ad eccezione di recepimenti integrali di norme internazionali o europee, per le quali è sufficiente un’informazione sulla norma stessa. Per tali regole tecniche, gli Stati membri devono astenersi dall’adozione per un periodo di tre mesi, che serve alla Commissione ed agli altri Stati membri per eventuali osservazioni: lo scopo essenziale di questa procedura è quindi evitare che si stabiliscano degli ostacoli al mercato interno per adozione di norme nazionali in contrasto con il diritto unitario. Al termine dei tre mesi, in assenza di osservazioni od opposizioni, la proroga per l’origine del latte in etichetta potrà dunque essere adottata.