Quando nel 2021 l’umanità è diventata consapevole che un nuovo invisibile nemico avrebbe cambiato, e di molto, il delicato equilibrio che l’uomo aveva creato con la natura, chi si intendeva di finanza e di economia spregiudicata ha cominiciato a presagire qualche tiro mancino sulle commodity. Con qualche goffo tentativo di speculazione sui prezzi del latte e dei formaggi, giustificato malamente con il fatto che il canale Ho.Re.Ca si era praticamente fermato, anche se il consumi dei nuclei familiari di generi alimentari erano cresciuti anche in modo vistoso, si verificò nei mesi del lockdown una tregua iniziale.

Ad un certo punto, dalla prima settimana di agosto 2020 è iniziata per tutti gli alimenti zootecnici all’unisono, a prescindere dalla provenienza, una crescita che è proseguita imperterrita anche nel 2022. Tutti i beni strumentali, sia agricoli che non, hanno inizato la loro corsa al rialzo rimpinguando (probabilmente!) le casse delle poche ma gigantesche multinazionali che controllano la finanza e l’economia del mondo. Gli allevamenti hanno dovuto fare miracoli per rimanere aperti e tante aziende non ce l’hanno fatta.

I costi di produzione in continua crescita, non controbilanciati da un aumento dei prezzi di latte e carne alla stalla, hanno messo in seria difficoltà le aziende per tutto il 2020 e buona parte del 2021 e 2022. Nel grafico sottostante relativo alla quotazioni della Borsa Merci di Bologna, elaborato da Ruminantia per una grande cooperativa di produttori di latte bovino, si vedono chiaramente le linee di tendenza dei prezzi delle principali materie prime nel 2021.

A fine 2021 sembrava che qualche speranza di miglioramento si stesse presentando all’orizzonte, ma la guerra in Ucraina, oltre ad essere una tragedia per il mondo, ha dato un nuovo assist alla finanza globale e alle multinazionali delle commodity. Questo non deve stupire perché l’etica di sostanza non appartiene a queste aziende. Semmai il loro controllo deve partire da chi ha la responsabilità della governance delle Nazioni.

Nelle successive tabelle si vede l’andamento dei prezzi delle principali materie prime (concentrati) utilizzate nell’alimentazione dei ruminanti. E’ evidente come dallo scoppio della guerra nel febbraio del 2022 sia ripresa la corsa verso l’alto di queste, e di altre, commodity.

Ma quali sono le motivazioni addotte?

La prima è che essendo la Russia un importante fornitore di combustibili fossili, le sempre più stringenti misure di dissuasione messe in atto dall’occidente verso questo paese hanno avuto un riflesso sui prezzi del gas e del petrolio. La seconda è che l’Ucraina, essendo una nazione di 603.700 km2 dotata di una delle terre tra le più fertili del mondo, è un grande produttore ed esportatore di grano, mais, girasole e concimi. La Russia e l’Ucraina sono i due più importanti operatori del mondo per la produzione e la commercializzazione di olio vegetale, cereali e concimi.

Per il solo olio di girasole queste due nazioni contribuisco per poco meno del 50% del mercato globale. Numeri importanti anche per i cereali come il grano. Dai due paesi deriva il 34.5% delle esportazioni globali di grano duro e il 27.4% di quello tenero.

In pochi sono però riusciti a capire perché il prezzo delle farine d’estrazione di soia decorticata sia aumentato dai 320 euro/ton della Borsa merci di Bologna del 23/7/2020 ai 600 euro/ton del 22/12/2022, considerando che il 50% delle 605 milioni di tonnellate di soia utilizzata nel mondo viene prodotta, nell’ordine, da Brasile, USA e Argentina, e in minima quantità da Russia e Ucraina.

Sarebbe di grande consolazione se la governance occidentale, e non solo, si occupasse di questo argomento e desse risposta ai miliardi di persone che a causa di queste (probabili) speculazioni hanno perso la dignità e il lavoro.

Non credo sia difficile indagare se e di quanto sono aumentati i profitti dei giganti della finanza e delle commodity, comprese le industrie dei combustibili fossili. L’ondata di inflazione che sta colpendo molte nazioni del mondo sta creando nuove sacche di povertà e la inevitabile recessione causerà disoccupazione e aumento della diseguaglianza sociale. Nel tempo della pandemia e della guerra Russo-Ucraina quella che è mancata è la politica.

Le multinazionali, le banche e i fondi d’investimento hanno solo fatto quello che dovevano fare. Il solo aspetto grave è che lo hanno fatto rispettando le leggi e sotto la luce del sole.