Il principio della saggezza sta nel dare alle cose il loro giusto nome

Un proverbio cinese afferma che il principio della saggezza sta nel dare alle cose il loro giusto significato e trova riscontro nel detto nostrano di pane al pane e vino al vino. Giustamente tra gli agricoltori e produttori di alimenti vegetali, e tra questi il vino, ha suscitato scalpore e una levata di scudi dei consumatori l’idea di produrre il vino senza uva, e quindi di creare un vino sintetico, al quale si è per esempio dedicata la start-up Ava Winery di San Francisco, lavorando ad un progetto che mira a trovare il giusto mix di ingredienti per produrre il vino in maniera del tutto artificiale. La ricerca per avere bevande liofilizzate, dal Chianti al Barolo, spacciate per vini DOC, e le bustine di polvere per fare il vino sono l’ultima trovata delle truffe in campo enologico, con la produzione e vendita dei cosiddetti wine kit, sempre più diffusi nei paesi anglosassoni. Contro queste truffe ai danni del Made in Italy, l’ordine degli Avvocati di Roma ha creato una commissione speciale per contrastare anche il pericolo dell’italian sounding, che provoca un danno non da poco alla nostra economia e soprattutto all’immagine di una buona cucina, naturale e a base di alimenti del territorio. Quello che avviene per gli alimenti d’origine vegetale ora sta avvenendo in quelli d’origine animale e già in televisione vi è la pubblicità di hamburger vegetali.

Alimenti vegetali che imitano la carne

Il fenomeno delle preparazioni a base di vegetali che imitano la carne non è di oggi. Già l’8 Ottobre 2018 Federalimentare si era espressa contro una carne sintetica in Italia con un workshop nel quale, dopo l’annuncio di una imminente diffusione anche in Italia della carne in provetta, dell’hamburger sintetico e dei succedanei vegetali della carne, a nome anche di un primato della biodiversità alimentare dell’Italia, produttori e scienziati chiedevano al Ministero della Salute un blocco per colmare i pesanti vuoti normativi e di conoscenze. Tra questi, quello riguardante la denominazione di questi prodotti, il citato meat sounding, ossia l’utilizzo fraudolento di denominazioni commerciali tipiche di prodotti carnei per prodotti di origine vegetale.

Già nel 2018 si era denunciato che il meat sounding è in contrasto con le indicazioni della Commissione Europea in base alle quali le informazioni per il consumatore riguardo alle caratteristiche dell’alimento e, in particolare, alla loro natura e composizione (Reg. (CE) 1169/2011) non devono essere fuorvianti, un principio che non contrasta con altri problemi, come quelli dell’impatto ambientale e della sostenibilità degli allevamenti, del benessere animale od altri.

Come già avvenuto per altri alimenti d’origine animale, come nel caso delle denominazioni di latte e formaggio che non possono essere applicate ad alimenti costituiti da vegetali quindi denominati bevanda a base di soia, mandorle ecc,. o con nomi di fantasia, per gli stessi motivi è necessario che anche in Italia, come già in Francia o negli Stati Uniti, e soprattutto a livello di Comunità Europea, vi siano leggi per impedire l’uso fraudolento del termine carne. Senza questi interventi normativi si ingannano i consumatori ai quali, in sostituzione di un prodotto naturale come la carne, si offrono alimenti di sintesi, artificiali e con ingredienti sostitutivi.

I succedanei vegetali della carne attualmente in commercio sono sottoposti a controlli di sicurezza alimentare ma va sottolineato che, per quanto riguarda l’eventuale aggiunta di additivi, singolarmente autorizzati e certificati come innocui, non è noto l’effetto sinergico dal punto di vista dell’impatto sulla salute. Da un punto di vista nutrizionale, questi succedanei della carne sono una miscela di ingredienti vegetali scelti per simulare la consistenza e il sapore della carne ma le proteine in essi contenute, in quantità più o meno simile, e che derivano da piselli, soia o altri vegetali, non hanno la stessa composizione aminoacidica della carne, e quindi lo stesso valore nutrizionale e funzione di alimento protettivo e di intersupplementazione della carne. Per migliorarne il gusto e la consistenza di questi succedanei vi è spesso un’aggiunta di grassi saturi superiore a quella della carne, senza considerare che il ferro e altri microelementi presenti nei vegetali non hanno la stessa biodisponibilità, e quindi valore nutrizionale, di quelli presenti nelle carni e in altri alimenti d’origine animale. In sintesi, anche se i succedanei della carne e la carne hanno valori simili nella tabella nutrizionale, ben diversa è la realtà biologica e quindi nutrizionale.

Per questi motivi le presentazioni commerciali dei succedanei vegetali della carne non devono avere indicazioni che in qualsiasi modo, esplicito o implicito, facciano credere al consumatore che si tratti di un alimento sostitutivo e equivalente alla carne, in quanto si tratta di alimenti che da un punto di vista biologico e nutrizionale sono sostanzialmente diversi.

I nomi della carne, valore da non tradire

Anche i nomi hanno un valore che non deve essere tradito o sostituito con truffaldini termini allusivi o storpiati, secondo un principio e una prassi consolidata: il formaggio Parmigiano Reggiano non può infatti essere sostituito da Parmesan o da Reggianito, il Gorgonzola da Cambozola Cheese e via dicendo, e per questo anche per i succedanei vegetali della carne non devono essere usati termini che in diverso modo e grado alludono alla carne.

Le denominazioni da vietare nelle presentazioni di succedanei vegetali delle carni sono numerose; a titolo di esempio sono da citare: hamburger e burger, polpetta, salsiccia, mortadella o altri salumi, bistecca, costoletta e cotoletta, lombo e lombetto. Hamburger e burger, come pure svizzera e medaglione, sono denominazioni che il consumatore è portato ad associare indissolubilmente alla carne. Polpetta e salsiccia sono termini intimamente collegati alla carne, considerando che la polpa è la parte tenera della carne e soprattutto che salsiccia è un termine che deriva da “sale” più “ciccia” o “carne”. Mortadella e tutti i salumi significano inseparabilmente carne, anche nel caso dei molto rari salumi di pesce. Bistecca è un termine che contiene l’etimo beef (manzo), costoletta e cotoletta, lombo e lombetto sono termini che fanno preciso riferimento a tagli di macelleria, e sono quindi inscindibili dalla carne. Ovviamente i succedanei vegetali delle carni possono essere denominati con nomi di fantasia, come avviene per tanti altri alimenti e bevande.

Necessità di una normativa italiana a protezione dei consumatori

Il 23 ottobre 2020 il Parlamento europeo ha respinto gli emendamenti (165, 264, 275, 281, 254), presentati nel quadro di riforma della Politica agricola comune (PAC), che chiedevano di eliminare l’uso delle denominazioni di carne per i prodotti a base vegetale. In Europa rimane quindi la possibilità di impiegare i termini “hamburger”, “salsiccia”, “mortadella” o altro salume “vegetariani”, o altri termini similari come bistecca, scaloppina ecc. vegetariani o vegani, che dovrebbero essere utilizzati solo per alimenti esclusivamente a base di carne.

Considerata la sostanziale differenza tra la carne e i suoi succedanei, per impedire una concorrenza sleale, e soprattutto per tutelare dai messaggi ingannevoli i consumatori, che hanno il diritto di sapere cosa mangiano e di non essere truffati da denominazioni non trasparenti e fraudolente, è necessaria una norma italiana. Questo anche per evitare l’inganno ai danni dell’oltre 90% dei consumatori che in Italia non seguono un regime alimentare vegetariano o vegano.

 

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.

Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti ed originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia ed in particolare all’antropologia alimentare e danche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e 50 libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.