Il 29 Dicembre 2017 abbiamo pubblicato tra le news di Ruminantia un articolo dal titolo “Servono i lieviti nell’alimentazione dei ruminanti? Meglio vivi o spenti”.

Ci ha spinto a fare questa revisione narrativa il fatto che molti allevatori amino il Saccharomyces cerevisiae e ritengono faccia bene ai loro animali, anche se spesso un oggettivo riscontro sull’efficacia in allevamento non c’è.

La competizione commerciale crea spesso confusione agli allevatori ed ai professionisti quando si tratta di scegliere una marca rispetto ad un’altra, e soprattutto tra lieviti vivi, ossia in grado di replicare nel rumine, oppure le culture di lievito, che apportano solo sostanze nutritive al microbioma ruminale.

Nello scrivere il nostro articolo abbiamo consultato l’abbondante letteratura scientifica disponibile ed abbiamo evitato di consultare i depliants commerciali dei prodotti. E’ oggettivamente difficile farsi un idea sull’efficacia dei lieviti, se sia meglio utilizzare quelli vivi o quelli spenti e se utilizzarli per trattamenti limitati nel tempo o in forma continuativa.

In questa seconda fase cercheremo di farci delle idee più chiare possibili sui così detti lieviti vivi.

Sappiamo che in Europa tutti gli additivi utilizzabili nell’alimentazione animale devono essere inclusi nel “Registro comunitario degli additivi” secondo quanto stabilito dal reg. CE 1831/2003. In questo registro attualmente sono stati registrati 5 ceppi di lieviti vivi utilizzabili nell’alimentazione dei ruminanti. Per cui abbiamo il ceppo CBS 493.94 (Yea-Sacc) della Alltech, il ceppo NCYC Sc 47 (Biosaf Sc47) della Lessafre, il ceppo MUCL 39885 (Biosprint) della Prosol, il ceppo NCYC R404 (MycoCell) della Micron Biosystem ed il ceppo CMCM I-1077 (Levucell Sc) della Lallemand.

Tutti e cinque i fabbricanti hanno chiesto all’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) un’opinione scientifica.

Nonostante questi “meritevoli” passaggi ci sono alcuni dubbi da risolvere prima di utilizzare eventualmente, e con consapevolezza, i lieviti vivi nell’alimentazione dei ruminanti. Appartenendo a ceppi diversi avranno effetti e caratteristiche diverse. Abbiamo quindi contattato la Prosol, la Alltech, la Lessafre e la Lallemand rivolgendogli le domande che i lettori ci hanno posto e che ci hanno spinto a scrivere questo articolo. Non abbiamo contattato la Micro Biosystem perché (forse erroneamente) non ci risulta operi in Italia.

Le domande che abbiamo posto ai produttori sono:

  • Qual’è esattamente il meccanismo d’azione di un lievito vivo nel rumine di un ruminante adulto? L’obiezione più comune è che nel rumine non c’è, o c’è pochissimo, ossigeno; per cui come fa il Saccharomyces cerevisiae a sopravvivere ed a replicare in considerazione anche del bassissimo dosaggio d’impiego che in genere è consigliato?
  • Gli allevatori che utilizzano lieviti vivi li somministrano come componente di un mangime complementare all’interno del quale ci sono altri alimenti, sia organici che inorganici. I vostri ceppi sono in grado di rimanere intatti e quindi vitali? E per quanto tempo?
  • Esiste la possibilità in laboratorio, o in allevamento, di verificare che i lieviti siano ancora vivi dopo il contatto, a volte molto prolungato, con altri alimenti nei mangimi complementari?

A queste domande hanno risposto la Lallemand e la Prosol, probabilmente perché hanno argomenti tecnico- scientifici convincenti e nessun timore ad esporsi ad un confronto “asettico” e non commerciale. Oppure semplicemente gli altri non hanno ricevuto la nostra email.

 

La risposta del Dott. Paolo Carcano della Lallemand

Le azioni di Levucell SC all’interno del rumine sono:

  • Fermentazione degli zuccheri, e conseguente competizione con i batteri produttori di lattato.
  • Rafforzamento delle condizioni di anaerobiosi nel rumine: essendo vivo, il lievito consuma l’ossigeno presente nel rumine. L’ossigeno arriva nel rumine tramite gli atti di deglutizione e di ruminazione, cioè quando l’animale mangia, beve, rumina e produce saliva. L’azione del lievito di abbassamento della concentrazione di ossigeno nel rumine è un fattore chiave poiché previene l’azione tossica dell’ossigeno sui batteri ruminali ed in particolare sui batteri cellulosolitici.
  • Produzione di nutrienti per la flora ruminale, ed in particolare per i batteri utilizzatori di acido lattico.

In conseguenza di queste diverse azioni, i benefici che si ottengono sono:

  • Limitazione dei rischi di acidosi, in quanto aumenta e stabilizza il pH ruminale.
  • Migliora la degradazione della fibra.

Per quanto riguarda la replicazione del lievito nel rumine, attualmente questo non è stato dimostrato. Levucell SC sicuramente sopravvive in uno stato metabolicamente attivo: esso stesso consuma l’ossigeno presente nel rumine. Occorre però notare che il basso tasso di inclusione non è così basso se confrontato con altre comunità di microrganismi ruminali fondamentali per il funzionamento del rumine. Con 10¹º cellule viventi somministrate quotidianamente, andiamo molto vicini alla concentrazione dei protozoi nel liquido ruminale e siamo oltre la concentrazione di cellule fungine, microrganismi che, come noto, hanno un’importante azione nel rumine. Somministrare quotidianamente il lievito aiuta a mantenere un numero stabile di cellule attive nel rumine.

Per quanto riguarda la stabilità del prodotto, Lallemand ha una forma microincapsulata di lievito: la tecnologia TITAN. Si tratta di una tecnologia brevettata per proteggere il lievito dagli insulti termici e pressori che si hanno durante la pellettatura. Questa tecnologia protegge il lievito anche dal contatto con eventuali molecole che potrebbero diminuirne la vitalità. In allegato trova il risultato di una prova effettuata da IFF Research Institute of Feed technology, un istituto di ricerca indipendente, che ha dimostrato che la tecnologia Titan è in grado di proteggere il lievito dalla pellettatura, ma anche di mantenerlo vitale nel tempo all’interno di un mangime. E’ quindi possibile effettuare prove di vitalità: occorre cercare le UFC di lievito nel mangime. Si tratta di un servizio che noi effettuiamo per i nostri clienti: a questo proposito occorre tenere presente che il laboratorio deve essere in grado di preparare le diluizioni partendo dal substrato fornito e tenendo conto che la tecnologia di microincapsulazione deve essere degradata in modo corretto per rilevare tutte le cellule del lievito.

Il Dott. Paolo Carcano ha inoltre inviato un’ampia bibliografia scientifica disponibile per i lettori che ne facciano richiesta.

 

La risposta della Dott.ssa Nadia Pedretti della Prosol

Quando parliamo di lieviti vivi stiamo parlando di lieviti che derivano da una FERMENTAZIONE PRIMARIA, e quindi da un processo produttivo studiato e controllato per permettere al lievito vivo (additivo) di replicarsi in modo uniforme e standardizzato così da mantenere, per tutti i lotti di produzione, esattamente le stesse caratteristiche del ceppo originario.

All’interno della Comunità Europea, sono ammessi all’utilizzo solo ceppi di lieviti vivi iscritti nel registro comunitario degli additivi zootecnici (Reg.1831/2003) che, in virtù della procedura di autorizzazione da parte di EFSA, offrono garanzie di sicurezza e di efficacia.

Parlando di BIOSPRINT® ci preme sottolineare due fattori che Lei giustamente ha già toccato nel suo precedente articolo:

  • Titolo di UFC (Unità formanti colonia) per grammo di lievito vivo (cosiddetta conta vitale).
  • Resistenza del lievito vivo all’interno di mangimi complementari che possono contenere altri ingredienti organici o inorganici che potrebbero avere un impatto negativo sulla vitalità del lievito.

A riguardo del contenuto di unità formanti colonia, BIOSPRINT® ha un titolo minimo garantito di 15 miliardi di UFC per grammo di prodotto. Se comparato con gli altri lieviti autorizzati, è sicuramente uno dei prodotti che a parità di dosaggio offre il maggior numero di cellule vive all’animale. Questo offre sicuramente un vantaggio: ottimizzare i costi della razione per fornire alla bovina la giusta quantità di unità formanti colonia per una migliore attività ruminale con la minor quantità di prodotto.

Parlando invece di resistenza nei Premix minerali, molti studi dimostrano che la vitalità del BIOSPRINT® non è negativamente influenzata dal contatto con minerali o microelementi. Nel corso degli anni, prima per l’approvazione del dossier da parte di EFSA e poi lavorando direttamente in sinergia con i nostri clienti, abbiamo testato BIOSPRINT® nelle diverse formulazioni, sia per il mercato dei ruminanti che dei monogastrici, e abbiamo potuto osservare che la stabilità, e quindi la vitalità, di BIOSPRINT® è garantita per tutto il tempo di conservazione della premiscela.

Come possiamo supportare queste affermazioni? Questa domanda ci permette anche di rispondere alla domanda proposta nella sua mail “Esiste la possibilità in laboratorio o in allevamento di verificare che i lieviti siano ancora vivi dopo il contatto, a volte molto prolungato, con altri alimenti nei mangimi complementari?”

Certamente sì, il metodo ufficiale riconosciuto a livello Europeo è il seguente: EN 15789:2009.

E’ un metodo che si basa su un’analisi microbiologica che consente di contare le cellule di lievito vivo presenti nell’ additivo tal quale o in un determinato mangime per determinarne così la vitalità.

Prosol Spa ha le competenze per la determinazione di questi parametri che puntualmente verifichiamo su ciascun lotto di produzione per assicurare al cliente finale un prodotto che rispetti gli standard qualitativi attesi.

MECCANISMO DI AZIONE DEL LIEVITO VIVO NEL RUMINE:

Sintetizzando, il meccanismo di azione del lievito vivo in un ruminante adulto si può spiegare essenzialmente con la sua azione sinergica con le altre popolazioni del microbiota ruminale:

  1. Con la sua capacità di ridurre l’ossigeno garantisce un ambiente più favorevole agli anaerobi obbligati (Batteri cellulosolitici).
  2. Stimola la crescita fungina e di conseguenza migliora l’efficienza della lisi del legame ligno-cellulosolitico.
  3. Stimola la crescita dei protozoi con conseguente maggior fagocitosi dei granuli di amido.
  4. Favorisce la crescita dei batteri lattato riduttori riducendo in questo modo il rischio di acidosi.