Come si chiama il Parmigiano Reggiano?

Ohibò direbbe qualcuno, che domanda è questa? Si dimentica invece che il significato delle parole, soprattutto di quelle di uso comune come quelle riferite ai cibi, cambia con la storia e la geografia e questo avviene anche per il formaggio di latte bovino a lunga stagionatura. Formaggio, cacio, formadio, forma, grana, granone e altre denominazioni, quale usare per quello che è stato detto Re dei Formaggi?

Formaggio, perché ottenuto da una cagliata di latte composta in una forma (l’attuale fascera, perché fascia la cagliata). Il termine forma deriva invece dal greco formòs che indica il paniere di giunco dove era posta la cagliata per essere separata dal siero ed asciugata. Il termine passò al latino e da qui all’italiano, comparendo per la prima volta nel 994 dell’era corrente come formatico, da cui formaggio o semplicemente forma. Cacio, invece, é un termine derivato dal latino caseus.

Diverse denominazioni dei formaggi

Di formaggi ve ne sono tanti quanti i luoghi di produzione, senza dimenticare le denominazioni che si rifanno ai modi di produzione e alle loro caratteristiche di commercializzazione.

L’origine di un formaggio ottenuto da solo latte bovino e con lunga stagionatura si fa risalire almeno al XIII secolo, dopo che i monaci cistercensi, come riferisce Besana, “salirono in fama di riformatori dell’agricoltura, perché dal 1150 al 1200 estesero l’irrigazione dei prati, allo scopo d’aumentare le vacche da latte”. È a quest’epoca che bisogna porre le origini del formaggio di latte bovino, a lunga stagionatura, definibile anche come grana.

Il formaggio parmigiano lo troviamo a Firenze citato da Giovanni Boccaccio nel Decamerone (1354 circa), anche se prima a Genova si conoscevano i casei parmensi (1254) e nel 1159 nella pianura padana già si parlava di un formadio ritenuto suo antenato. Su come fossero questi formaggi ne sappiamo poco, ma il Boccaccio ci dice che era grattugiato, quindi era un formaggio stagionato, e ci fa intendere che era di alta qualità, perché si conveniva al Paese di Bengodi.

Formaggio parmigiano a Firenze e prima a Genova si è detto, ma dopo anche a Bologna dove Annibale Caracci (1560 – 1609) raffigura chi vende questo porodotto che ha una forma larga e bassa, simile all’odierna fontina. Alla fine del milleseicento, tuttavia, alla corte del Duca Ranuccio Farnese, il suo cuoco Giovan Maria Dalli preferisce il formaggio lodigiano.

Più che il nome, ci si deve anche chiedere quale era la qualità del parmigiano del passato? Non è facile saperlo, oltre quanto ci dicono le tradizioni spesso orali e talune immagini che sono state tramandate.

Il primo elemento da considerare è che la produzione era rigidamente stagionale. Dopo il periodo dei parti (febbraio-marzo) e l’allattamento dei vitelli, le mucche fornivano il latte che arrivava al casello. Il casello di solito apriva per San Giuseppe (19 marzo) e chiudeva in coincidenza delle Feste dei Morti (inizio novembre). Al di fuori di questo periodo, le mucche erano asciutte, vale a dire non producevano latte. La quantità, e soprattutto la qualità, del latte dipende dal tipo d’alimentazione ed il formaggio migliore era quello prodotto tra maggio e giugno (erba fresca e soprattutto fieno maggengo) quando le mucche erano nel pieno della lattazione ed il foraggio di massima qualità. La quantità di grasso del latte, e quindi del formaggio, era elevata. Era inoltre abbondante la presenza d’aromi, pigmenti e vitamine. Il formaggio maggengo era caratterizzato da un buon tenore di grasso, da un colore giallo e da un buon aroma e si conservava bene per uno, due ed anche tre anni. Fino a metà del secolo XX le forme di Parmigiano Reggiano erano trattate esternamente con grasso (burro) e nero fumo per preservarlo da danneggiamenti parassitari. Oggi il trattamento esterno è stato sostituito da sistemi di pulizia programmata.

Denominazioni d’origine

É opinione corrente che se il termine formaggio è ben consolidato, l’aggettivo geografico (parmigiano, piacentino, lodigiano e poi reggiano e via dicendo) sia prevalentemente commerciale e soprattutto usato fuori dal luogo di produzione. A Parma, Lodi, Reggio Emilia ecc., il formaggio locale non ha bisogno della denominazione d’origine, che invece compare nelle altre città, come Bologna, Firenze, Milano, Parigi e altre, dove lo si acquista da provenienza esterna.

A Parma, Reggio Emilia e altre zone di produzione locale il formaggio è il formaggio e basta, o al massimo è la forma, termine chiaramente derivato da formaggio. Al più si aggettiva come forma da grattugia, “forma stravecchia” e simili.

Nell’uso comune, soprattutto nel passato, non vi era soltanto il termine formaggio o forma, ma anche un altro termine: quello di grana. Nei formaggi vaccini a lunga stagionatura dove vi è una accentata scissione delle proteine con liberazione di aminoacidi, uno di questi, la tirosina, precipita unendosi al calcio di cui il formaggio è ricco. Compaiono così i tipici granelli che danno il nome “grana” a questi formaggi (formaggio grana), testimoniando la loro lunga stagionatura di alta qualità. Grana, quindi, come pregio e non come fastidio o seccatura (Una mattinata piena di grane!).

Quando nel 1934 i produttori di formaggio di Parma e Reggio Emilia, seguiti poi da quelli di piccole parti di Mantova e Bologna, si riuniscono in Consorzio scelgono la denominazione di “Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano“, trascurando quella di grana forse perché ritenuta equivoca o troppo popolare. Diversamente da questa scelta, in seguito, in altre aree italiane si costituiranno i Consorzi o si depositeranno denominazioni che fanno riferimento ai caratteristici granelli di ogni formaggio vaccino a lunga stagionatura, associando tuttavia al nome il luogo di produzione: Grana Padano, Trentingrana, Granone Lodigiano.

Mentre il termine parmigiano e sue traduzioni come parmesan sono protetti, il termine grana in sé non è protetto, e si presta anche a usi equivoci, come quelli dei formaggi Gran Kinara e Gran Moravia, dove Gran viene ufficialmente proposto come riferimento alla parola grande, ma evoca e strizza l’occhio a grana! Tutti i formaggi vaccini di buona qualità e a lunga stagionatura hanno i granellini di tirosina e calcio e quindi sono “grana”, come sono anche formaggio o “forma”, ma ognuno ha le sue caratteristiche e tra tutti, per la sua qualità, il Parmigiano Reggiano è quello più grana di tutti.

TESTIMONIANZE SUL PARMIGIANO

1254 – Il 25 aprile 1254 il notaio genovese Guglielmo Vegio per la vedova Giovanna Mureti Mallone roga un vitalizio che le assicura anche un mezzo cantaro (Kg 23,75) di casei parmensi o formaggio parmigiano.
Concari A., Testa S., 2004

1354 (circa) – In una contrada che si chiamava Bengodi… eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato.
Giovanni Boccaccio – Novella 3° della VIII giornata – Decamerone, Venezia, 1544

1477 – Per antica usanza il Comune di Parma regalava ogni anno ai Duchi di Milano una “soma de’ melone che se appellano – Schocie – con del formazo parmesano da usare con quelle”.
Pezzana A. – Storia della città di Parma – Parma 1837 (Tomo IV, p. 37)

1487 – Non trovo in altre regioni d’Italia formaggi più famosi di quelli piacentini… che da alcuni vengono chiamati parmigiani.
Pantaleone da Confienza – Summa Lacticinorum, Torino 1487, Lione, 1528 (III ed., cap. II)

1489 – Ludovico il Moro richiede al Duca di Ferrara una forma di “parmesano bono” e l’ambasciatore Jacopo Trotti gliene regala due delle “mie grandi e belle, che spero saranno in perfectione”.
Archivio di Stato di Modena – Cancelleria Ducale – Lettera del 3 febbraio 1489 di Jacopo Trotti al Duca Ercole

1494 – Prima nobilitas in Italia caseo datur Parmensi… Sum Parmae nobile lactis opus.
Francesco Maria Gropaldo – De partibus aedium – 1494

1549 – I pascoli di Parma sono così gustosi e dolci che si crede che nessun posto d’Europa si possa paragonare a questo per gli eccellenti formaggi che produce, per cui il nome dei Parmigiani è conosciuto dappertutto.
William Thomas – Histoire of Italy – London, 1549

1550 – Una sera Andrea del Sarto presentò un tempietto ad otto facce simile a quello di San Giovanni, ma posto sopra colonne. Il pavimento era un grandissimo piatto pieno di gelatina con spartimenti di vari colori di mosaico. Le colonne che parevano di porfido erano grandi e grossi salsicciotti, le basi e i capitelli erano di formaggio parmigiano.
Giorgio Vasari – Vite de’ più eccellenti architetti, scultori e pittori – Firenze, 1550

1558 – Paolo (V, Pontefice massimo) solea rimediare sal catarro col mangiare poponi, raviggioli e formaggio parmigiano, affermando che così s’ingrossa e si sputa più facilmente.
Bernardo Novagero – Relazione da Roma, 1558 (cit. Pezzana)

1630 – La campagna attorno a Parma assi fertile e dà tanto credito al formaggio che i formaggi parmigiani sono famosi in tutto il mondo.
Richard Lassels – The voyage of Italy – London 1670

1664 – Entrammo nei territori del duca di Parma e notammo alcuni bei pascoli, quelli che permettono di fare il famoso formaggio parmigiano.
Philip Skippon – An account of a jornee… – London, 1752

1680 – In Italia due sorti di cacio pretendono il primato, uno il marzolino così detto perché su’ colli toscani di marzo prepararsi: l’altro quello che dall’Apennino di Parma ne viene, quale pur chiamasi maiale perché nel mese di maggio fassi, conseglio che in riguardo alla stagione può servire a chi vuol comprar formaggio.
Vincenzo Tanara – L’economia del cittadino in villa – Bologna, 1680

1690? – I pascoli offrono la possibilità di nutrire una quantità incredibile di vacche che danno il latte con cui si fa il formaggio così famoso in tutto il mondo e che si commercia per cifre considerevoli.
Francois Leblanc – Memoirs… (Manoscritto inedito, Biblioteca Nazionale, Parigi)

1692 – La campagna attorno a Parma è estremamente fertile e piacevole da vedersi. Il formaggio parmigiano prende nome dal territorio: è molto grasso ed ha questa proprietà, non si guasta mai.
William Bromley – Remarks in the grand tour – London, 1692

1729 – L’eccellenza del formaggio parmigiano, così rinomato in tutte le eleganti tavole d’Europa, proviene dagli ottimi pascoli della campagna…Ci sono tre qualità di formaggio parmigiano: 1) formaggio di forma che generalmente ha due palmi di diametro e circa otto pollici di spessore; 2) formaggio di robiole; 3) formaggio di robioline. Si usa talvolta lo zafferano per colorare questi formaggi: ne basta una mezza oncia per colorarne un centinaio. Il formaggio parmigiano raggiunge la perfezione quando é vecchio di tre o quattro anni: il migliore è considerato quello che nel tagliarlo si sbriciola. A Vianino, sull’Appennino, si fa un gustoso formaggio di latte di pecora.
John George Keysler – Travels through Germany, Italy… – London, 1760

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.