La qualità dei prodotti lattiero-caseari, soprattutto quelli a denominazione di origine protetta, è il risultato dello stretto legame tra territorio di produzione, modalità di alimentazione delle vacche da latte e conoscenze umane.

Studi scientifici dimostrano che i foraggi, e in generale la dieta, possono modificare le caratteristiche del latte vaccino e, quindi, le sue proprietà lattiero-casearie (Mordenti et al., 2017). È noto che pascoli botanicamente diversi influenzano la composizione chimica del latte, conferendo caratteristiche organolettiche specifiche, rispetto ai mangimi concentrati a base di insilati o cereali (Cifuni et al., 2022). Tale legame tra il tipo di foraggio consumato dagli animali e la composizione chimica del latte deriva dalla capacità di diversi componenti vegetali di essere trasferiti al latte e poi eventualmente al formaggio (Falchero et al., 2009), attraverso un processo di trasferimento definito “carry-over”. Considerando che la composizione botanica dei pascoli è una parte essenziale del cosiddetto “effetto terroir”, ciò implica un forte legame tra qualità del latte ed origine geografica, supportando il concetto di marchi a denominazione di origine.

Sulla base di queste evidenze scientifiche, l’Unione Europea ha creato il marchio “prodotto di montagna” per differenziare e valorizzare gli alimenti prodotti nelle regioni montane (Regolamento Delegato della Commissione dell’Unione Europea n. 665/2014). In questo scenario, i prati stabili utilizzati costantemente per la coltivazione di colture erbacee foraggere restano un elemento fondamentale per l’economia in zone montuose, rappresentando una delle più antiche risorse nutritive per le vacche che producono latte per la lavorazione del Parmigiano Reggiano.

Partendo da queste premesse, uno studio scientifico pubblicato da Becchi e co-autori (2024) sulla rivista “Food Chemistry”, si è occupato di confrontare il profilo metabolomico e sensoriale di campioni di formaggio Parmigiano Reggiano DOP (a diversi tempi di stagionatura) collezionati da aziende in cui le vacche da latte erano alimentate con due principali tipi di razione, ovvero una a base di prati stabili da montagna e l’altra a base di erba medica. Inoltre, gli autori hanno correlato il profilo chimico di tali campioni di formaggio ai corrispondenti punteggi ottenuti da un’analisi sensoriale di tipo descrittivo. I campioni di formaggio sono stati messi a disposizione da due aziende lattiero-casearie situate in zone di montagna che producevano Parmigiano Reggiano DOP contrassegnato come “Prodotto di montagna”. Nello specifico, il sistema di alimentazione era a base erba, con il pascolo estivo delle vacche su prati stabili naturali, integrato con una dose giornaliera di concentrati. L’altra azienda (sistema di alimentazione a base di erba medica) era situata in pianura, con vacche allevate al coperto durante la stagione estiva e alimentate con razioni miste a base di miscele di concentrati e di erba medica. Da ciascuna azienda sono stati prelevati campioni di formaggio Parmigiano Reggiano DOP differenti a 12 e 24 mesi di stagionatura.

In questo studio, l’analisi metabolomica non mirata, basata su spettrometria di massa ad alta risoluzione, ha permesso chiaramente di discriminare i profili chimici e metabolomici dei formaggi Parmigiano Reggiano DOP (stagionati 12 e 24 mesi) associati ai regimi di alimentazione da montagna rispetto agli analoghi ma prodotti in zone di pianura basati su alimentazione da erba medica. I prati stabili di montagna hanno mostrato un impatto positivo sul prodotto, verosimilmente guidato dalla maggiore biodiversità vegetale dei pascoli di montagna, determinando un maggior trasferimento di alcuni composti benefici come l’acido linolenico e l’acido stearidonico (entrambi acidi grassi poli-insaturi omega-3). Allo stesso tempo, l’inclusione di prati stabili nella razione ha esaltato la complessità e l’intensità degli aromi grazie al trasferimento di composti di natura terpenica di origine vegetale. L’analisi metabolomica ha inoltre permesso di identificare numerosi marcatori chimici discriminanti tipicamente correlati ai fenomeni proteolitici e lipolitici che avvengono in stagionatura. Sulla base dei risultati delle analisi sensoriali, il Parmigiano Reggiano DOP associato ad alimentazione da prati stabili è risultato caratterizzato da una persistenza retro-olfattiva più intensa e da una maggiore intensità di aromi vegetali, umami e speziati rispetto al formaggio ottenuto da diete a base di foraggi ed erba medica.

Gli autori concludono che sono necessari studi futuri (su un dataset di campioni più ampio) per validare i marcatori chimici identificati, prendendo in considerazione anche maggiori tempi di stagionatura del prodotto. Ciononostante, questo lavoro supporta il futuro sfruttamento di metodi analitici omici (metabolomica targeted ed untargeted) per valutare in modo efficace tematiche relative alla tracciabilità, qualità ed autenticità del formaggio Parmigiano Reggiano DOP.

La presente nota è una sintesi del seguente articolo scientifico pubblicato dalla rivista “Food Chemistry”: Becchi, P.P., Rocchetti, G., Vezzulli, F., Lambri, M., & Lucini, L. (2023). Food Chemistry, 428, 136803, https://doi.org/10.1016/j.foodchem.2023.136803.

Autori

Giuseppe Conte, Alberto Stanislao Atzori, Fabio Correddu, Luca Cattaneo, Gabriele Rocchetti, Antonio Natalello, Sara Pegolo, Manuel Scerra – Gruppo Editoriale ASPA