Negli anni successivi al dopoguerra, l’Italia è stata una tra le nazioni europee protagoniste di uno dei più intensi processi di modernizzazione e crescita economica, atto – tra le altre cose – a “svecchiare” la Penisola, modificando il carattere rurale per cui si era distinta fino a quel momento.

Al di là degli innegabili riscontri positivi per l’economia e la produttività della nazione, tale processo fu responsabile, in contemporanea, anche di alcune conseguenze non altrettanto positive, tra cui lo spopolamento delle campagne e l’abbandono di attività ad esse legate, come l’agricoltura e gli l’allevamenti estensivi. L’insorgenza, in seguito, di una vera e propria crisi generalizzata del settore zootecnico, non ha sicuramente favorito la ripresa di queste attività, appartenenti a realtà poco remunerative, limitate tecnicamente e strettamente legate al territorio.

Tra i settori che hanno maggiormente visto ridimensionare il proprio ruolo nel corso di questi eventi rientra l’allevamento ovino: per secoli, la pecora ha rappresentato l’animale pioniere per eccellenza, capace di rendere fruttuosi i terreni dall’accesso più difficoltoso, fornendo carne, latte e lana

Quest’ultima, in particolare, ha visto passare il proprio ruolo da materia prima e fonte di reddito, a sottoprodotto da smaltire… letteralmente, dalle stelle alle stalle! Tre sono state le cause principali: l’avvento dei tessuti sintetici; la specializzazione delle produzioni di lane fine avvenuta nei paesi come Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa ed Argentina; l’impossibilità di avere in Italia ampi spazi pascolativi, tipici dei paesi sopra citati, che hanno impedito di sviluppare quella ovinicoltura estensiva, necessaria per la produzione specializzata della lana.

Per restituire a questo prodotto – e a tutto ciò che si sviluppa intorno ad esso – il valore appropriato, è nato Wool-Fair: un progetto multidimensionale, finanziato dal Ministero della Salute (RFER12017), che ha visto il coinvolgimento di quasi 100 allevamenti, presenti all’interno dei 155 mila ettari dell’Area protetta del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e nel territorio limitrofo di Marche e Umbria.

Il disegno ha visto la partecipazione ed il coinvolgimento di esperti provenienti dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche, dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, dall’Università degli Studi di Perugia e dall’ENEA, partners del progetto, nonché da Associazioni, Consorzi e operatori che, a vario titolo, hanno collaborato e contribuito a centrare gli obiettivi prefissati. 

Wool-Fair nasce quindi in primo luogo con il fine di studiare ed analizzare le criticità e le potenzialità del settore laniero, concentrandosi sui principali fattori che influenzano la qualità del prodotto: la finezza, intesa come spessore del filamento di lana, e le rese sul sucido (percentuale di lana pulita). 

Il progetto, tuttavia, va ben oltre: in aggiunta alle analisi effettuate sulla lana, si sono esaminate le tecniche gestionali e alimentari messe in atto per la conduzione del gregge. Tra questi, si è ricorsi anche ad analisi chimiche su alimenti prelevati in azienda, attraverso le quali si è effettuata la valutazione del profilo nutrizionale della dieta somministrata. Inoltre, sono stati studiati gli aspetti legati alla salute e al benessere degli animali, grazie a visite periodiche di medici veterinari presso le aziende aderenti al progetto. Le visite hanno permesso di accertare lo stato di nutrizione degli ovini e di valutare l’eventuale presenza di lesioni cutanee o zoppie. Nel corso delle visite, sono stati prelevati campioni di feci per valutare la presenza, la carica e la tipologia di parassiti gastro-intestinali presenti nel gregge. Ai fini del benessere, si è prestata una particolare attenzione alla fase della tosa, in quanto operazione potenzialmente critica per gli animali. Sono quindi state analizzate le modalità di svolgimento della stessa, la durata e il grado di formazione del personale impiegato: l’analisi ha restituito un quadro privo di fattori particolarmente negativi. Tuttavia, si è sfruttata l’occasione per evidenziare e promuovere alcuni punti chiave della procedura, poi accuratamente raccolti nelle “Linee Guida” di tosa messe a punto dallo staff del progetto. In questo contesto, si è dimostrato agli allevatori che ponendo delle piccole attenzioni strutturali e di maneggio degli animali alla tosa, oltre a ridurre lo stress per gli animali, si sono ottenute qualità del prodotto finale migliori. 

Infine, si è provveduto a studiare anche l’impatto ambientale ed economico dell’allevamento ovino, comprendendo la produzione della lana, in presenza o meno di altre tipologie di produzioni. I risultati hanno permesso di mettere in luce le potenzialità del processo produttivo inteso nel suo complesso, evidenziando però al contempo la relativa marginalità del contributo della lana. Altrettanto degna di nota è, infine, la profonda eterogeneità dei risultati ottenuti, dovuta alla parallela variabilità esistente tra le diverse aziende analizzate.

In conclusione, Wool-Fair è ben più di un semplice progetto: è un atto di solidarietà scaturito da una cooperazione inter-regionale, nonché inter-professionale, dove molteplici figure autorevoli dei campi più svariati si sono messe in gioco per restituire l’appropriato valore che spetta a tutte le realtà produttive che, come le dita di una mano, stringono la penna che disegna l’inconfondibile profilo dell’Appennino Centrale.

 

Autori

Claudio Forte, Marco Antonini, Massimo Trabalza Marinucci, Laura Vieceli, Sebastian Alessandro Mignacca, Massimo Chiorri, Lucio Cecchini, Luca Schillaci, Elena Diaz Vicuna, Chiara Francesca Magistrali.