A questa domanda ha cercato di rispondere ISPRA con uno studio, relativo al periodo tra il 2015 e il 2019, che rientra nell’ambito del “monitoraggio nazionale del lupo” .

I dati per stimare l’impatto del lupo sulle attività zootecniche sono stati forniti dagli uffici competenti in materia presso Regioni, Province autonome, Parchi nazionali e alcune aree protette regionali, in seguito ad una richiesta formale inoltrata da ISPRA. Nello specifico sono state coinvolte 17 Regioni (tutte tranne le Isole maggiori), le Province autonome di Trento e Bolzano20 Parchi Nazionali (tutti tranne quelli nelle isole), il Parco Naturale Regionale Sirente Velino e le aree protette regionali del Lazio. Il coinvolgimento diretto di questi Parchi Regionali si è reso necessario perché, a differenza di quanto avviene nel resto d’Italia, le pratiche di indennizzo dei danni da lupo nelle aree protette del Lazio e nel Sirente Velino sono gestite separatamente da quelle che ricadono nel territorio libero della regione di appartenenza.

I risultati del monitoraggio nazionale del lupo, pubblicati a maggio 2022, hanno confermato che negli ultimi decenni la specie si è espansa naturalmente in gran parte dell’Italia (si contano tra i 2945 e 3680 esemplari). Se da una parte la presenza del lupo, in territori da cui è stato assente per decenni, è un grande successo in termini di conservazione della specie, dall’altra la sua gestione richiede un articolato confronto con chi svolge attività zootecniche in diverse aree del Paese.

I dati elaborati da ISPRA potranno essere utili a indirizzare politiche a sostegno della zootecnia con misure adeguate di mitigazione e prevenzione dei danni, favorendo la coesistenza tra uomo e lupo.

Ma cosa si intende per impatto del lupo sulle attività zootecniche?

Si intende principalmente l’uccisione di capi di bestiame, il loro ferimento o smarrimentol’interruzione di gravidanze in corso. Lo studio che è stato realizzato ha considerato solo la forma più grave di impatto, ovvero l’uccisione documentata ed accertata di capi di bestiame da parte del predatore. Nel presente studio si considerano soltanto i dati relativi alle anagrafi bovina, bufalina, ovina e caprina.

In totale, in riferimento al periodo 2015-2019, sono stati raccolti dati relativi a 17.989 eventi di predazione accertati, per una media di circa 3.597 eventi ogni anno. L’andamento temporale degli eventi di predazione a livello nazionale ha mostrato una generale tendenza all’aumento, fatta eccezione per l’anno 2016, in cui tutte le statistiche (numero di eventi di predazione accertati, numero di capi predati, somme concesse) sono risultate in diminuzione. Il numero di eventi di predazione accertati è passato dai 3.325 del 2015 ai 4.107 del 2019, con un aumento del 23,5%.

A seguito dei 17.989 eventi di predazione totali, sono stati registrati come predati un totale di 43.714 capi di bestiame, per una media di circa 8.742 capi ogni anno.

I capi predati si possono raggruppare nelle seguenti tipologie:

  • l’82,0%  ovicaprini, pari a una media di 7.171 capi annui;
  • il 14,2%  bovini, pari a una media di 1.439 capi annui;
  • l 3,2% dei capi indennizzati erano equini, per una media di 280 capi annui;
  • lo 0,1%  suini;
  • lo 0,1%  avicole;
  • lo 0,4%  predazione su altre specie o casi non determinati;

Dai dati a disposizione e dalle analisi condotte emerge che l’impatto del lupo sulle attività zootecniche non è omogeneo ma si concentra in specifiche aree ed aziende. Tali aree ed aziende sono state definite come hotspots di impatto da lupo.

Lo studio evidenzia chiaramente due tipologie di impatto ben distinte. Una larga maggioranza di aziende zootecniche soggette a danni da lupo sporadici e con perdite quantitativamente ridotte (si pensi che la maggior parte delle aziende, circa l’80%, ha ricevuto indennizzi per una sola predazione nei 5 anni di indagine). Una seconda tipologia invece è costituita da una minoranza di aziende (circa 1.300 a livello nazionale) che registrano attacchi frequenti, ripetuti in modo cronico di anno in anno e con perdite numeriche rilevanti.

Le analisi effettuate, pur non potendo fornire un quadro preciso degli impatti causati dal lupo in Italia, restituiscono alcuni utili elementi per una più efficace prevenzione dei conflitti che possono generarsi in seguito ad una inadeguata gestione della specie. I dati a disposizione non hanno permesso di considerare alcune variabili importanti come la densità di lupi, l’efficacia e l’efficienza dei sistemi di prevenzione presenti nelle aziende, ma anche le caratteristiche delle aree di pascolo  che incidono sulla vulnerabilitá del bestiame alla predazione.

I risultati indicano una chiara scala di priorità nel mettere in atto azioni necessarie a ridurre l’impatto del lupo sul comparto zootecnico soprattutto nelle aziende con danni ingenti e cronici, al fine di migliorare le condizioni di lavoro degli allevatori più a rischio, ridurre le spese per indennizzi a carico delle Amministrazioni, e prevenire il conflitto tra la conservazione del lupo e la zootecnia

Un aspetto particolarmente problematico è la disomogeneità dei dati raccolti dovuta principalmente alla frammentazione amministrativa e in alcuni casi alla carenza di informazioni.

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