Carne: biologia, antropologia e scienza

“Una cosa diventa buona da mangiare quando è anche buona da pensare”, questo è il pensiero dell’antropologo Marvin Harris riguardo le scelte alimentari umane, pur essendo queste inserite anche su necessità biologiche geneticamente determinate. Se la voglia di carne ha una base biologica lontana centinaia di migliaia di anni, e che i soli diecimila anni di agricoltura non hanno scalfito, è la cultura che partecipa a indirizzare le diverse società ed i singoli individui nella scelta della carne di cui cibarsi o da evitare. Non solo biologica, ma anche culturale è quindi la scelta preferenziale della carne rispetto ai vegetali, come dimostra anche il diverso valore religioso assegnato ai sacrifici nei quali è la carne, talvolta anche umana, ad essere gradita alla divinità e non i vegetali, come testimonia il racconto biblico che vede gradito il sacrificio di carne di Abele e non quello dei vegetali di Caino. Di recente, alla biologia ed alla cultura si è aggiunta la scienza, che attribuisce alla carne importanti caratteristiche per la sua capacità di fornire proteine ad alto valore biologico ed importanti micronutrienti, ed al tempo stesso segnala che la presenza nell’alimentazione umana di elevate quantità di carni rosse e/o trattate può aumentare il rischio per il cancro del colon-retto, invitando a considerare in modo critico non solo la sua presenza nella dieta, ma la quantità. In particolare, i benefici ed i rischi associati al consumo di carne rossa e lavorata non devono causare dilemmi se queste carni sono consumate in quantità moderate e come parte di diete equilibrate (Stefaan De Smet, Els Vossen – Meat: The balance between nutrition and health. A review – Meat Sci, 120, 145-156, 2016). Da queste brevi considerazioni dobbiamo ritenere che nel se nel futuro non cesseremo di mangiare carne vi potranno, anzi vi dovranno, essere cambiamenti non solo sulle quantità ma anche sul tipo di carne ammessa e preferita o proibita e rifiutata. Tutto ciò tenendo conto di un’evoluzione di comportamenti culturali che permettono di fare alcune considerazioni sul possibile futuro della carne bovina.

Carne bovina, problema mondiale

I consumi di carne sono in aumento in tutto il mondo e rispondono ad un diffusa richiesta di questa pregiata e soprattutto tradizionale fonte proteica. In questo quadro, nella maggior parte dei paesi la carne bovina rappresenta molto meno della metà del consumo totale di carne perché è un’esperienza alimentare altamente desiderabile nei paesi sviluppati e sempre più nei paesi in via di sviluppo. Di carne bovina ne esistono due grandi e diverse tipologie: quella di maggior pregio gastronomico che deriva dai vitelli e soprattutto dai manzi di razze da carne; e quella di uguale valore nutrizionale, ma di minor valore gastronomico, derivata dalle vacche di razze da latte a fine carriera. In entrambi i casi, la sostenibilità della produzione di carne bovina ha significati diversi nelle varie regioni geografiche e socio-economiche del mondo; in ogni caso, le risorse naturali, compreso il tipo di territorio ed i suoi usi, le precipitazioni, il tipo d’alimentazione del bestiame ed il tipo di economia, sono i principali determinanti della percezione della sostenibilità di questo alimento. I maggiori consumatori di carne bovina si trovano in Nord America, con un consumo pari a di 35 kg pro capite, seguiti dal Sud America. L’Unione europea è il quarto consumatore, con circa 16 kg pro capite, dopo l’Oceania, con oltre 20 kg pro capite. Circa il 15 % della produzione globale di carne bovina entra nel commercio mondiale, con il maggiore surplus riscontrato in Sud America. La posizione commerciale dell’UE è cambiata in modo significativo nel tempo perché negli ultimi tre decenni il consumo pro capite della carne bovina è diminuito a causa delle variazioni delle preferenze dei consumatori, e da importatore l’UE ne è diventata un esportatore. In questo quadro, appena accennato, diverso ruolo già hanno (e sempre più avranno) varie aree mondiali, tra cui l’Europa, l’America e soprattutto i Paesi del sud-est asiatico che ora si trovano in forte sviluppo e già richiedono la carne bovina, mentre in un più lontano orizzonte vi sono i paesi dell’Africa. Diverse sono anche le qualità di questo alimento richieste: dalle più magre alle più grasse o marmorizzate. Tra queste ampie categorie, notevoli sono le differenze tra i paesi nella produzione e commercializzazione di carne bovina, riflettendo anche le differenze di condizioni, tra cui la disponibilità delle risorse naturali ed il clima, le dimensioni della popolazione, la cultura tradizionale ed il grado di sviluppo economico, compresi gli sviluppi industriali e tecnologici, considerati ad esempio anche da Stephen B. Smith e collaboratori (Smith S. B., Gotoh T. Greenwood P. L – Current situation and future prospects for global beef production: overview of special issue – Asian-Australas J Anim Sci., 31 (7), 927-932, 2018).

Europa

Nonostante il moderato consumo di carne bovina pro capite (circa 16 kg per anno), l’UE è il terzo produttore mondiale di carne bovina dopo gli Stati Uniti ed il Brasile. Questa produzione contribuisce in misura significativa all’economia, allo sviluppo rurale, alla vita sociale, alla cultura ed alla gastronomia dei paesi europei. La produzione di carne bovina dell’UE è molto diversificata e frazionata, ed è la risultante di differenti razze e tipi di animali (vacche, tori, manzi, giovenche, vitelli), sistemi di allevamento di diverse dimensioni (intensivo, estensivo su pascoli permanenti o temporanei, misti), condotti da allevatori e da imprese industriali, e con diversi sistemi alimentari specializzati o no, con la produzione di diverse tipologie di carne che rispondono agli altrettanto differenti usi gastronomici che caratterizzano le varie cucine europee. Ne consegue che questa grande diversità e frammentazione nella produzione di carne bovina è un punto di forza ma anche un punto debole. Infatti, a seconda del paese, la produzione di carne bovina europea deve affrontare le sfide poste dal benessere degli animali, dall’impatto ambientale e dalla sostenibilità di allevamenti tra loro molto differenziati. A causa delle importanti differenze regionali in termini di clima, di pascolo, di pratiche di allevamento e di caratteristiche degli allevamenti di bovini da carne, ma anche di quelli da latte dai quali derivano carni di vitelli e di vacche a fine carriera, la produttività ed i redditi degli allevatori di carne bovina variano ampiamente tra i paesi e le regioni europee. L’industria europea della carne bovina sta attualmente affrontando sfide senza precedenti riguardanti il benessere animale, l’impatto ambientale degli allevamenti, l’origine, la genuinità e la tracciabilità della carne bovina, i benefici nutrizionali di queste carni e la loro qualità alimentare in relazione alle gastronomie locali.

In questo contesto, non si ritiene che a breve termine vi possa essere un aumento della produzione di carni bovine europee quanto una migliore qualificazione della produzione, sostenuta anche dalla soddisfazione delle aspettative dei consumatori e con le necessarie informazioni sui vantaggi e sulle problematiche della carne bovina per la salute umana e per l’impatto ambientale. La messa in pratica di allevamenti di precisone e biologici rappresenta altre potenziali condizioni di sviluppo futuro, che dovranno però tenere conto dell’evoluzione dei sistemi e degli stili alimentari, del cambiamento climatico, delle politiche ambientali e della futura organizzazione della catena alimentare. Salvo possibili aumenti in aree particolari e ristrette, non bisogna quindi prevedere un aumento globale della produzione europea delle carni bovine, ma una sua ulteriore diminuzione. Questo alimento, inoltre, già oggi subisce, e sempre più subirà, la competizione con altre carni, soprattutto quelle avicole e suine. Da non sottovalutare, infine, che in Europa persiste il divieto dei promotori della crescita negli animali produttori di alimenti, di ormoni e di manipolazioni genetiche, che in altri paesi sono invece utilizzati per produrre grandi quantità di carne ad un costo inferiore.

Stati Uniti d’America

La produzione di carne bovina negli Stati Uniti è basata soprattutto sull’allevamento al pascolo o in grandi recinti (feedlot) di un’ottantina di razze da carne e loro incroci. La maggior parte della produzione di carne è destinata al consumo interno per una popolazione che ne consuma molta (circa 123 kg annui pro capite), con la carne di manzo al secondo posto dopo il pollo e seguita dal maiale, e la tendenza a consumare i tagli più magri. I principali mercati di esportazione della carne bovina degli Stati Uniti includono Messico, Corea del Sud, Canada, Hong Kong, il Medio Oriente ed il Giappone (quest’ultimo richiede carne di manzo più marmorizzata e rappresenta il mercato di esportazione con il valore più alto per gli Stati Uniti). Per soddisfare le richieste dei consumatori, la ricerca americana sulla carne bovina e l’attenzione del settore sono rivolti alla misurazione ed alla quantificazione oggettiva e soggettiva del colore, del livello di marmorizzazione e dello spessore del grasso sottocutaneo, che determinano la qualità della carne, con lo studio anche dei fattori che influenzano queste caratteristiche. I principali problemi per il futuro dell’industria della carne bovina statunitense sono soprattutto di tipo commerciale e relativi alle preoccupazioni dei consumatori sul ruolo crescente delle tecnologie usate nella riproduzione degli animali, la loro alimentazione, i mangimi, la salute, l’uso dei promotori della crescita, la selezione genetica e la sicurezza alimentare. In termini di sostenibilità, la disponibilità di acqua è un problema importante per l’industria della carne bovina a causa dell’esaurimento della disponibilità di acque dolci per un’intensa irrigazione. Per questo la sostenibilità dell’allevamento bovino è riconosciuta come una priorità per aiutare a soddisfare la crescente domanda globale di cibo. Anche se si presume che il prezzo della carne bovina prodotta negli Stati Uniti possa diminuire, considerando gli alti consumi di carne, e di quella bovina in particolare, non si prevedono aumenti di produzione ma una probabile diminuzione.

America meridionale

Il Sud America produce il 20% della carne bovina del mondo. In Brasile vi è la seconda popolazione bovina da carne che, nel 2019, è stata responsabile del 15% della produzione mondiale. Nel 2018 l’Argentina era il quarto produttore mondiale di bovini da carne, con una produzione di 3 milioni di tonnellate, dopo Stati Uniti, Brasile e Cina. Anche l’Uruguay è un importante produttore di carne bovina e la Colombia entra tra i 20 maggiori produttori al mondo. Nel 2018 l’Argentina era il secondo esportatore di carne in Europa dopo il Brasile. I paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay), riuniti nel mercato comune dell’America meridionale, sono determinanti ad incrementare gli scambi, aumentando le esportazioni mondiali di carne bovina.

Paesi del Sud Est Asiatico

Più che in altre parti del mondo, è nei paesi del sud-est asiatico che i consumi di carne stanno cambiando drasticamente e rapidamente in conseguenza dello sviluppo economico. In questo mutamento vi è un aumento nella richiesta di carni bovine considerate più vicine agli stili alimentari dei paesi occidentali. In tutto l’Est Asiatico le crescenti esigenze alimentari di una popolazione umana in espansione, la maggiore richiesta di carni bovine e le sfide del cambiamento climatico globale hanno portato allo sviluppo di sistemi di allevamenti sostenibili, aumentando anche la produttività per soddisfare la domanda futura. La migliore produttività dei sistemi di allevamento di bovini da carne ha ridotto in modo significativo l’uso delle risorse ambientali e le emissioni di gas serra per unità di alimento prodotto, ma l’impatto ambientale degli allevamenti continua ad essere un problema. Per questo sono necessarie ulteriori ricerche sui sistemi di alimentazione dei ruminanti, per ottimizzare l’uso del pascolo o di altre risorse vegetali preservando la biodiversità, per selezionare linee genetiche adatte agli ambienti d’allevamento, per creare fonti proteiche supplementari mitigando le emissioni di metano, aumentando la sicurezza alimentare e usando il riciclaggio di materiali come nutrimento per i ruminanti.

Cina

La Cina si posiziona al terzo posto a livello globale per la produzione di carne bovina ed è un paese molto importante per la domanda del mercato e per la futura produzione di questa carne. Con il rapido sviluppo dell’economia cinese, il consumo di carne bovina è cresciuto velocemente unitamente ad un limitato aumento della produzione interna lorda pro capite senza però tenere il passo con la crescita dei consumi, rendendo la Cina un importatore netto di carne bovina. L’insufficiente produzione di carne bovina negli ultimi anni ha portato ad un forte aumento dei prezzi. L’industria cinese della carne bovina sta affrontando molti problemi tecnici, tra cui la trasformazione delle pratiche tradizionali, dei sistemi di alimentazione, di gestione e di miglioramento genetico delle razze bovine, ma a breve molto probabilmente la Cina rimarrà ancora importatrice di carne bovina.

Corea

La Corea è un altro paese in sviluppo economico che vede aumentare la richiesta della carne bovina e dove vi è la tradizione della carne della razza bovina Hanwoo, strettamente correlata alla razza Wagyu giapponese, una carne grassa marmorizzata e con un’elevata presenza di acidi grassi monoinsaturi. Si tratta di un allevamento con alti costi di alimentazione ed elevati prezzi delle carni; solo recentemente vi è stata una domanda da parte dei consumatori coreani di carne magra con un minor prezzo. Per soddisfare le richieste dei consumatori, il governo coreano ha fatto un significativo investimento per avere un’industria della carne bovina coreana sostenibile, ma nel futuro è prevedibile che vi sia ancora una quota d’importazione.

Thailandia, Repubblica Democratica Popolare del Laos e Indonesia

In questi paesi si prevede che l’aumento della domanda di alimenti di origine animale, compresa la carne rossa, raddoppierà entro il 2050 in conseguenza della crescita della popolazione, dell’urbanizzazione, del progresso economico e del mutamento delle preferenze dei consumatori. In questi paesi la produzione di carne, soprattutto bovina, non copre la domanda dei consumatori; è quindi prevedibile un aumento delle importazioni.

Malaysia, Indonesia e altri membri della Comunità economica asiatica

Questi sono destinati a diventare i più grandi mercati di carne bovina nel sud-est asiatico, il che è stato confermato dalle previsioni 2015-2020 per il consumo di questo alimento, che deve essere sempre più halal.

Giappone

Il Giappone ha una lunga tradizione per la carne di bovino altamente marmorizzata e prodotta dal bestiame Wagyu (letteralmente, bovino in stile giapponese) che comprende quattro razze: nera, marrone, shorthorn e polled. Oggi, il rinomato marchio Wagyu comprende non solo bovini prodotti in Giappone, ma anche quelli allevati in Australia e negli Stati Uniti. Negli ultimi anni, la percentuale di grasso intramuscolare nella carne bovina nera giapponese è aumentata oltre il 30% e in Giappone questa razza ha un’alimentazione basata su grandi quantità di cereali. Attualmente, in questo paese sono in fase di sviluppo nuovi sistemi di produzione di carne bovina Wagyu per utilizzare risorse foraggere locali, terreni agricoli abbandonati e risorse vegetali nelle aree montuose del Giappone. Se i consumi di carne bovina aumenteranno, probabilmente aumenteranno anche le importazioni, soprattutto dai paesi asiatici che producono carni marmorizzate.

Australia

La produzione di carne bovina si estende su quasi tutta la metà dell’Australia, in zone agroclimatiche che variano da tropicale a freddo-temperato ed alpino. L’Australia è uno dei produttori di bovini più efficienti al mondo ed attualmente è il terzo esportatore di carne bovina a livello mondiale. L’industria delle esportazioni di carne bovina australiana è caratterizzata dalle seguenti quattro epoche principali: Era britannica (prima del 1973); Era USA (dal 1973 al 1987), che ha visto una maggiore espansione delle esportazioni di carne bovina australiana; era dell’Asia Settentrionale (dal 1987 al 2009), in cui le esportazioni di carne bovina sono aumentate fino a includere prodotti di valore più elevato in Giappone e Corea; ed Era dell’Asia in via di sviluppo (dal 2009), con una rapida crescita delle esportazioni in particolare in Cina e Indonesia. In Australia vivono numerose razze bovine adatte alle varie condizioni agro-climatiche e geneticamente selezionate per la produzione di carne. Il mantenimento dello status privilegiato dell’Australia come fornitore di carne bovina prodotta con sistemi sostenibili dal punto di vista ambientale, è della massima importanza. Norme rigorose sulla qualità del bestiame e della carne e sistemi di garanzia della qualità, nonché la crescita della produttività e l’efficienza lungo la catena di approvvigionamento per garantire la competitività dei prezzi, sono fondamentali per la continua crescita delle esportazioni di fronte alla crescente concorrenza. A livello più ampio, questi problemi includono il supporto dei consumatori e dell’industria, la crescita e la diversificazione del mercato, l’efficienza della catena di approvvigionamento, la produttività e la redditività, la sostenibilità ambientale e la salute ed il benessere animale.

Africa

L’Africa possiede il 23% del bestiame a livello globale ma produce il 10% della carne bovina e solo il 5% del latte. Tuttavia, con l’aumento della produttività degli allevamenti, salirà anche il contributo di questo continente al cambiamento climatico globale.

Conclusioni

La domanda di carne bovina è in aumento in tutto il mondo, anche se nella maggior parte dei paesi questo alimento rappresenta molto meno della metà del consumo totale di carne. Tuttavia, la carne bovina è da sempre un’esperienza alimentare molto desiderabile nei paesi sviluppati e lo sta diventando sempre di più nei paesi in via di sviluppo. Oggi, ma soprattutto in futuro, sarà ancora più importante il fatto che la carne bovina venga prodotta considerando la sua sostenibilità ambientale. Questo ha però significati diversi nelle varie regioni geografiche e socio-economiche del mondo perché differenti sono le risorse naturali, compresa la superficie territoriale ed i suoi usi, il clima e le precipitazioni atmosferiche, la disponibilità di alimenti per i bovini (in quanto ruminanti), il tipo di economia e, non da ultimo, le abitudini alimentari delle diverse popolazioni. Tra i diversi paesi del mondo esistono anche notevoli differenze nella produzione e commercializzazione della carne bovina, che riflettono le differenze nei fattori che includono la disponibilità delle risorse naturali ed il clima, le dimensioni della popolazione, la cultura tradizionale ed il grado di sviluppo economico, compresi gli sviluppi industriali e tecnologici. Importanti sono anche le caratteristiche della cucina e della gastronomia dei diversi paesi con preferenza di carni bovine magre o grasse.

Quanto detto fino ad ora porta a ritenere che nel breve e medio termine vi sarà un aumento globale della produzione e dei commerci internazionali di carne bovina, con una tendenza ad una livellazione dei consumi, vale a dire con una diminuzione di alti consumi, come quelli americani, ed un aumento di quelli asiatici e, in un tempo più lontano, di quelli africani.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.

Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti ed originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia ed in particolare all’antropologia alimentare e danche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e 50 libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.