Un’indagine sulle caratteristiche dei campioni di latte ovino non coagulanti.

L’attitudine del latte a coagulare riveste un ruolo di importanza centrale per l’industria casearia, considerato che regola la trasformazione delle sostanze solide del latte in formaggio, sia in termini quantitativi (resa) che in termini qualitativi.

Negli ultimi decenni, in alcuni contesti, si è registrato un sensibile peggioramento della capacità di coagulazione del latte, principalmente nell’ambito dell’allevamento bovino, ma recentemente anche in quello ovino. Tale peggioramento viene misurato ed espresso in termini di percentuale di campioni di latte individuale che non coagulano (NC) entro un determinato periodo di tempo, e viene determinato a partire dall’analisi delle proprietà di coagulazione del latte (MCP, milk coagulation properties). Tali proprietà, analizzate grazie all’impiego di lattodinamografi, descrivono principalmente il tempo di coagulazione del latte (RCT), la velocità di presa del coagulo (k20) e la consistenza della cagliata dopo un determinato periodo di tempo (generalmente 30 o 60 minuti in funzione del tipo di latte analizzato, rispettivamente A30 e A60).

Ultimamente, l’attenzione verso questi parametri sta aumentando notevolmente, visto un loro possibile impiego come nuovi fenotipi da includere negli schemi di selezione genetica (Pretto et al., 2012; Tiplady et al., 2020). Per fare alcuni esempi, relativamente alla presenza di campioni di latte non coagulanti, diverse ricerche hanno riportato valori che vanno dal 3,5% nel latte di vacche di razza Bruna al 9,7% nella Frisona Italiana (Cecchinato et al., 2011), al 10% nella Finnish Ayrshire (Ikonen et al., 1999; Tyrisevä et al., 2003) e fino quasi al 20% nella Swedish Red (Gustavsson et al., 2014; Nilsson et al., 2019, 2020). Per quanto riguarda il settore ovino, le ricerche sono più limitate ma i valori non si discostano molto da quelli riportati per la specie bovina. La presenza di campioni di latte non coagulanti è riportata fino a valori del 10% in pecore di razza Sarda (Pazzola et al., 2014; Manca et al., 2016; Puledda et al., 2017), mentre ricercatori spagnoli riportano valori maggiori, dal 17.7 al 19.4%, per pecore di razza Manchega (Caballero-Villalobos et al., 2018; Garzón et al., 2021).

Nella realtà dei caseifici i campioni di latte che non coagulano vengono “diluiti” con la maggioranza “normale” del latte; tuttavia, all’aumentare della percentuale dei campioni NC, si registrano sensibili peggioramenti in termini di resa e della qualità dei prodotti.

Alla luce di quanto esposto appare dunque importante studiare le caratteristiche dei campioni di latte con scarsa attitudine alla caseificazione ed indagarne le possibili cause. Diverse ricerche si sono infatti concentrate sullo studio dei fattori che influenzano la coagulazione del latte, ma spesso i campioni NC venivano scartati dalle indagini, in quanto difficili da trattare nelle analisi statistiche.

In un recente lavoro di Correddu et al. (2022) è stata studiata la causa della presenza di campioni di latte non coagulante in pecore di razza Sarda; in particolare, è stato studiato l’effetto delle proprietà fisico-chimiche del latte sul suo stato di coagulazione (inteso come coagulante o non coagulante entro 30 minuti). Lo studio inoltre indaga la possibilità di utilizzare lo spettro al medio infrarosso (MIR) del latte per valutare la variabilità del suo stato di coagulazione e le basi genetiche dell’attitudine casearia del latte. La ricerca è stata condotta su quasi 1000 campioni di latte raccolti da altrettante pecore di razza Sarda provenienti da 47 aziende dislocate su tutto il territorio regionale. Circa il 9% dei campioni analizzati sono risultati non coagulanti, in linea con quanto riportato da precedenti lavori sulla stessa razza. Per quanto riguarda la presenza dei campioni NC nelle aziende coinvolte, si andava da valori di 0 a valori del 30% circa.

I risultati dell’analisi statistica mostrano come alcuni parametri chimico-fisici del latte siano effettivamente importanti nel determinarne la coagulabilità o la non coagulabilità, mentre altri fattori, quali lo stadio di lattazione, l’ordine di parto e il mese di parto non abbiano effetti significativi. Nello specifico si è visto come l’aumento della concentrazione delle proteine e del contenuto in cellule somatiche e cloruri determini un aumento delle probabilità del latte di non coagulare. La concentrazione del grasso del latte, invece, non è risultata statisticamente significativa nel determinarne il suo stato di coagulazione.

Sulla base di queste osservazioni si evince come la non coagulabilità del latte sia associata ad un incremento della permeabilità dell’epitelio della ghiandola mammaria che facilita gli scambi tra strutture alveolari e il circolo sanguigno. Questa condizione si verifica in animali con infiammazioni o infezioni alla mammella. Il latte “mastitico” in particolare è caratterizzato da un elevato contenuto in cellule somatiche, cloruri e valori di pH più alti della norma, oltre che una riduzione del contenuto in lattosio (Pulina and Nudda, 2004). Tali risultati sono in linea con precedenti lavori che riportano un effetto negativo delle cellule somatiche sulle proprietà di coagulazione del latte (Raynal-Ljutovac et al., 2008; Caballero-Villalobos et al., 2015). Una recente ricerca sul latte ovino riporta il lattosio quale parametro importante nel determinare la coagulabilità del latte (Vacca et al., 2019). Nel lavoro di Correddu et al. (2022) il lattosio (come il pH) è stato escluso dal modello statistico, in quanto fortemente correlato con il contenuto in cloruri. Nonostante il lattosio sia un composto non direttamente implicato nel processo di coagulazione, questo è un parametro facilmente determinabile (il valore viene fornito con le analisi di routine con grasso e proteine) che sta assumendo sempre più importanza quale indicatore di stato di salute della mammella e degli animali in generale, e potrebbe rappresentare anche un buon indicatore per la qualità del latte in termini di attitudine casearia. L’indagine sullo spettro MIR del latte ha confermato come questi dati, acquisiti normalmente durante le analisi di routine, siano un’enorme fonte di informazione solo in parte sfruttata. Nello specifico, l’analisi dello spettro, attraverso l’uso delle componenti principali e di una regressione logistica, ha permesso di evidenziare regioni fortemente implicate nel determinare lo stato di coagulazione del latte; alcune regioni sono associate con il contenuto in lattosio e proteine, altre non sembrano essere associate con i principali composti del latte, ma potrebbero essere legate, in alcuni casi, al contenuto in alcuni composti minerali (sali di calcio). L’analisi dei parametri genetici ha evidenziato un valore non trascurabile di ereditabilità dello stato di coagulazione del latte (0.24 ± 0.12), in accordo con precedenti lavori sul latte bovino (Gustavsson et al., 2014; Duchemin et al., 2020).

In conclusione, i risultati del lavoro evidenziano come una quota non trascurabile di campioni di latte ovino possa essere definita non coagulante. Si sottolinea la relazione esistente tra attitudine casearia e alcuni parametri chimico-fisici del latte, in particolare proteine, cellule somatiche e cloruri. Emerge dunque, anche in questo contesto, l’importanza di mantenere gli animali nel miglior stato di salute possibile, in quanto questo risulta fondamentale nel determinare la coagulabilità del latte. Infine, differenze individuali riscontrabili in termini di coagulabilità del latte potrebbero essere sfruttate nell’ottica di una selezione di animali con una miglior attitudine casearia.

La presente nota è una sintesi del seguente articolo scientifico pubblicato dal Journal of Dairy Science, dove è riportata tutta la letteratura citata: Correddu, F., Gaspa, G., Cesarani, A. and Macciotta, N.P.P., 2022. Phenotypic and genetic characterization of the occurrence of noncoagulating milk in dairy sheep. Journal of Dairy Science, 105, 6773-6782. doi.org/10.3168/jds.2021-21661.

Autori

Giuseppe Conte, Alberto Stanislao Atzori, Fabio Correddu, Antonio Gallo, Antonio Natalello, Sara Pegolo, Manuel Scerra – Gruppo Editoriale ASPA