Ci sono temi di cui in questi ultimi anni si parla molto spesso, come quelli dell’ecologia, del benessere animale e delle tre anime della sostenibilità, ossia quella ambientale, sociale ed economica. Se ne parla talmente tanto che inevitabilmente sono diventati quasi degli intercalare sui quali sta lentamente calando inesorabilmente la coltre della “sazietà semantica”, che in poche parole è il disinteresse della gente per argomenti di cui si parla in continuazione.

Parallelamente a questo è in pericolosa crescita anche il fenomeno del greenwashing, al punto che il Parlamento europeo sta maturando la decisione di vietare l’uso di indicazioni ambientali generiche a meno che non siano accompagnate da prove dettagliate. Per semplificare le informazioni sui prodotti, i deputati prevedono di autorizzare solo etichette di sostenibilità basate su sistemi di certificazione ufficiali o stabiliti da autorità pubbliche.

Uno dei maggiori desiderata dell’opinione pubblica occidentale è anche quello dell’economia circolare, che è un paragrafo importante del tema più vasto e complesso della sostenibilità a 360°. L’attuale sistema economico e produttivo deve gestire un’enorme quantità di rifiuti, sia naturali che sintetici, che potrebbero invece rappresentare una notevole risorsa economica per l’uomo e un grande risparmio di molte materie prime.

Il 24 ottobre 2023 si sono tenuti a Roma due eventi molto diversi tra loro che hanno affrontato l’argomento dell’economia circolare con due angolazioni molto diverse ma che sono giunti entrambi alla stessa conclusione: l’economia circolare è per alcuni settori produttivi già una realtà e non una semplice desiderata o un fenomeno della piaga del greenwashing.

Il primo di questi eventi è stato un seminario dal titolo “Economia circolare: lo spreco alimentare” organizzato da Agro camera della Camera di Commercio di Roma e da ARGA Lazio. Molto interessanti e pratici gli interventi. Vittoria Sapone, del Dipartimento di Ingegneria Chimica Materiali Ambiente dell’Università di Roma “La Sapienza”, ha fatto numerosi esempi di quanti composti bioattivi e molecole si possano estrarre da residui agroalimentari, come polifenoli, licopeni e oli anche ad alta concentrazione di omega-3, fibre, etc. Gli esempi portati sono i residui della lavorazione del carciofo, del caffè, dei pomodori e del pesce. A seguire l’intervento del Prof. Felice Santodonato di “IPSEOA Tor Carbone – Alessandro Narducci” che, insieme ad alcuni studenti, ha portato degli esempi di come l’arte culinaria possa dare valore ad alcuni “scarti” agroalimentari. Il seminario è stato aperto e chiuso dal direttore generale di Agro Camera Carlo Hausmann che ha definito ulteriormente il contesto e gli obiettivi della lotta allo spreco alimentare e del riuso degli scarti che, paradossalmente, potrebbero avere un valore economico addirittura superiore alla materia prima originaria.

Nel pomeriggio dello stesso giorno a Palazzo Giustiniani, sede del Senato della Repubblica, il Senatore Luca De Carlo, presidente della nona commissione industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare del Senato, ha voluto ospitare la presentazione del 1° Rapporto Feed Economy realizzato da Assalzoo e Nomisma. Ad intervenire sono stati il vice-presidente Michele Liverini e la direttrice Lea Pallaroni di Assalzoo, ed Ersilia Di Tullio di Nomisma, moderati da Tonia Cartolano di Sky Tg 24. I dettagli dell’incontro si possono trovare nel comunicato stampa di Assalzoo pubblicato da Ruminantia dal titolo “Mangimistica: 130 miliardi di giro d’affari e quasi 900.000 aziende coinvolte. Da Assalzoo il primo report sulla Feed Economy”.

L’agricoltura e il settore zootecnico in particolare, ma anche l’industria che lavora il latte e la carne, e chi fornisce alla produzione primaria i beni strumentali, non hanno mai investito il giusto tempo e le sufficienti risorse per raccontare alla gente come funziona realmente questa parte fondamentale della filiera agroalimentare che permette di avere a disposizione cibo sano e abbondante per tutti. I ruminanti in particolare hanno un ruolo ecologico peculiare, in quanto la loro dieta giornaliera è all’insegna dell’economia circolare e pochissimi sono gli alimenti in concorrenza con alimentazione umana. I foraggi sono alimenti che l’uomo non può in nessun modo utilizzare mentre i ruminanti sì. Lo stesso si può dire per gli scarti dell’industria molitoria, dell’estrazione degli oli vegetali dalle oleaginose e dei residui della fermentazione.

L’unica materia prima in conflitto con l’alimentazione umana è il mais, ma questo è un “problema” assolutamente gestibile. L’industria mangimistica dalla sua nascita ha acquisito una grande esperienza nella valorizzazione degli scarti agroalimentari, ma ciò è sempre stato poco visibile agli occhi dei non addetti ai lavori. Mi sorprende dover spesso raccontare ad un pubblico sospettoso e incredulo che gli animali d’allevamento non mangiano la soia ma i suoi scarti, tanto per fare l’esempio più eclatante e oggetto di controversia a cui abbiamo anche dedicato un articolo piuttosto dettagliato su Ruminantia nel 2022 dal titolo “I ruminanti non mangiano la soia ma i suoi scarti”.

Bene quindi tutte le iniziative in cui si spiega ai politici e all’opinione pubblica che l’economia circolare è la pietra angolare dell’industria mangimistica, e che l’allevamento dei ruminanti da latte e da carne in particolare è in grado di produrre proteine di alto valore biologico come lo sono il latte e la carne nell’assoluto rispetto della circolarità e senza bisogno di ricorrere alle poco lungimiranti falsità del greenwashing.

Conclusioni

Un miglioramento delle conoscenze dei fabbisogni nutrizionali e dei tantissimi sottoprodotti che potrebbero essere messi a disposizione dall’industria agroalimentare e dalle aziende agricole stesse potrebbe ridurre il livello di dipendenza del nostro Paese dall’importazione di materie prime zootecniche, e generare e certificare il potente claim “da economia circolare” declinabile in molti modi sia nella sezione volontaria dell’etichetta che nella comunicazione rivolta al pubblico dei non addetti ai lavori.