Le circa 300 specie batteriche che vivono nel rumine di un bovino adulto annoverano anche Selenomonas ruminantium, appartenente al genere Selenomonas, un batterio fra i più prolifici tra quelli appartenenti alla flora microbica ruminale e che utilizza l’amido e il glucosio, ma principalmente il succinato, per produrre acido acetico, acido propionico, acido lattico, CO₂ e H₂.
Come le altre specie di microrganismi ruminali, anche l’efficienza dell’attività fermentativa di questo batterio risente del pH ruminale (grafico 1).
Morfologia e classificazione
Selenomonas ruminantium subsp. lactilytica è un batterio gram negativo, anaerobio stretto, a forma di bastoncello ricurvo con le estremità spesso appuntite (talvolta definita forma “a mezzaluna”) e la cui mobilità dipende da un ciuffo di flagelli che si originano dalla curvatura interna della cellula. La classificazione tassonomica completa di questo batterio è riportata nella tabella 1.
Nell’ambiente ruminale, la biotina è, forse, il più importante fattore per la crescita di questo batterio che è favorita anche dalla presenza degli acidi organici e degli acidi grassi volatili nel liquor e, seppure in misura minore, dalla loro concentrazione nonché dalla CO₂.
Attività enzimatica
Come le altre specie batteriche incluse nel genere Selenomonas, anche Selenomonas ruminantium subsp lactilytica non è direttamente coinvolto nella digestione ruminale della fibra, ma la sua presenza è stata rilevata fra i gruppi batterici la cui attività principale è la fermentazione dei carboidrati strutturali.
L’attività enzimatica di Selenomonas ruminantium subsp. lactilytica ha consentito di classificarlo come un “utilizzatore di acido lattico” (le altre specie comprese in questa categoria sono: Veillonella alcalescens, Peptostreptococcus elsdenii, e Streptococcus bovis) perché il batterio è capace di usare questo substrato.
In particolare, la presenza di acido malico (formula di struttura C₄H₆O₅) e dei suoi sali, ovvero il malato di sodio e di calcio, stimolano Selenomonas ruminantium subsp. lactilytica a fermentare l’acido lattico e a convertirlo in succinato, che rappresenterebbe un composto intermedio, e in propionato.
Infatti, l’L-malato aumenta di dieci volte la capacità di Selenomonas ruminantium di assorbire l’L-lattato: l’effetto aumenta a dosi crescenti di L-malato. Questo processo biochimico abbassa il pH ruminale riducendo il rischio di acidosi, soprattutto quando gli animali sono alimentati con diete ricche di cereali facilmente fermentescibili, e contemporaneamente migliora l’utilizzazione digestiva dell’amido e delle componenti vegetali fibrose; pertanto, l’inclusione di acido malico in queste razioni previene l’acidosi ruminale.
Oltre tutto, l’idrogeno (H₂) presente agisce come riducente, sottraendosi alla produzione di metano (metanogenesi) sostenuta dagli archeobatteri. Ciò comporta una riduzione nelle emissioni di gas climalteranti perché il metano rappresenta il 20-30% del totale dei gas eruttati quotidianamente da un bovino adulto.
Tuttavia la capacità di Selenomonas ruminantium subsp. lactilytica di limitare la metanogenesi è inferiore rispetto a quella dimostrata da Wolinella succinogenes.
Inoltre, è stato identificato un ceppo nitrato riduttore di Selenomonas ruminantium subsp. lactilytica che, sebbene sia più resistente alla tossicità dei nitriti, possiede una capacità riducente nei confronti dei nitrati e dei nitriti meno efficace se paragonata a quella dimostrata da Wolinella succinogenes.