Alla fine del 2020, un’intuizione del delegato della Sicilia, Pietro Pappalardo, è diventata un’iniziativa che nel corso di questi anni ha portato a designare più di 30 comuni “Città del formaggio” e quindi si può tranquillamente affermare che si sia trattata di una felice intuizione.
Lo scopo, come si sa, è quello di individuare Comuni culturalmente ed economicamente sede di produzioni casearie e identitari del contesto sociale locale.
Ovviamente, oltre ai Comuni già designati, ce ne sono molti altri in grado di soddisfare queste condizioni e tra questi c’è senz’altro Roma.
Potrebbe “suonare” strano che una metropoli possa rispondere a questi requisiti. Nel caso di Roma non lo è.
Infatti, oltre alla sua storia fatta di una tradizione agricolo-pastorale millenaria che affianca quella storica fatta non solo di conquiste, nonché anche di divulgazione della cultura casearia disseminata in diverse parti del mondo, c’è anche una tradizione di trasformazione casearia ininterrotta nel tempo che oggi è testimoniata da oltre 50 caseifici attivi nell’area metropolitana, un “unicum” se paragonata ad altre capitali di paesi europei con forte tradizione casearia come il nostro.
Oltre ad un continuo lavoro di ricerca per riportare in vita formaggi di cui si erano perse le tracce come, ad esempio, il Caciofiore di Columella ed il Pressato a mano, nel proprio territorio (lago di Bracciano) è presente un sito risalente a circa 8000 anni fa, in cui sono stati ritrovati reperti assimilabili a strumenti per la lavorazione dei prodotti derivati dal latte.
Assodato che Roma Capitale Città del Formaggio 2025 non è un paradosso, ci sono anche altre considerazioni da sottolineare. Se è vero, come accennato prima, che si tratta di una felice intuizione, il successo, però, è tale solo se, secondo la definizione, il riconoscimento viene da parte di un vasto pubblico ed essendo Roma anche la Capitale i riflettori hanno assolutamente una luce diversa dalle altre Città del Formaggio.
Inoltre, l’Italia è il Paese con la maggiore biodiversità vegetale e animale grazie anche alla particolare olografia del suo territorio. Ciò si riflette in una complessità di sfaccettature del latte che, associate alla fantasia di cui gli italiani non difettano, dà vita ad una tale varietà di formaggi che non ha eguali nel mondo.
In sostanza si può affermare che l’Italia è il Paese dei formaggi. Da qui la necessità di avere anche una Città in grado di rappresentare tutte le altre e quindi l’intero patrimonio culturale caseario italiano. In questo senso, proprio per i motivi appena indicati, Roma, oltre a svolgere il ruolo di Capitale amministrativa, può assolvere anche il compito di rappresentante dell’espressività casearia italica. In sostanza una sorta di “Caput casei”.
Tra l’altro, Roma è già “Città del vino” e “Città dell’olio”. Una coincidenza? Assolutamente no! C’è una precisa volontà dell’attuale amministrazione ed in particolare del suo assessorato all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo Rifiuti per rendere più sostenibile il sistema agroalimentare romano, nella direzione indicata dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Proprio in un recente convegno organizzato dalla delegazione Onaf di Roma il responsabile della Food Policy di Roma, Fabio Bonanno, nel suo intervento ha posto l’accento dell’importanza di porre il cibo al centro della Città ed a tale riguardo l’amministrazione, tra le varie azioni, sta puntando a partecipare a grandi manifestazioni sia locali, tra le quali il Villaggio della Coldiretti al Circo Massimo, che nazionali come Terra Madre a Torino, alle quali la delegazione Onaf di Roma ha collaborato con delle degustazioni guidate.
Ora, allo scopo di fornire il giusto rilievo all’iniziativa di Città del Formaggio, nonché di dare un’adeguata visibilità sia alla nostra associazione che al settore caseario, in occasione della cerimonia di designazione che riguarda Roma Capitale, prevista venerdì 28 marzo 2025, nella Sala della Protomoteca del Campidoglio, verranno invitati i rappresentanti di tutte le altre Città del Formaggio. Si tratta di cogliere l’opportunità non solo di confrontarsi e di promuovere produzioni poco conosciute, ma anche di porre le basi per un ulteriore sviluppo del progetto che tenga conto dell’attuale attenzione che il settore caseario sta ricevendo in questi anni.
Le città del formaggio
Nel 2020 è nata la rete delle Città del Formaggio Onaf: borghi, paesi e città che siano luoghi simbolo nel panorama dei formaggi italiani, testimoni di una tradizione casearia identitaria, alfieri di una cultura gastronomica secolare, custodi di una economia sostenibile e fortemente legata alla natura e alla produzione casearia.
Oggi nell’Albo delle Città del formaggio figurano 31 Comuni, ad abbracciare tutta l’Italia. La candidatura viene presentata da una delle Delegazioni Onaf e la denominazione, valida per un anno solare, viene regolarizzata da un atto sottoscritto dal presidente nazionale Onaf e dal sindaco del Comune.