È dell’11 settembre 2019 la sentenza riferita alla domanda di pronuncia pregiudiziale che verte sull’interpretazione degli art. 2 del Reg. (CEE) n. 3950/92 e art. 9 Reg. (CE) n. 1392/2001. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Caseificio Sociale San Rocco Soc. coop. Arl (primo acquirente), la S.s. Franco e Maurizio Artuso, i sigg. Claudio Matteazzi, Roberto Tellatin e Sebastiano Bolzon (questi ultimi, produttori di latte italiani), da un lato, e l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA) e la Regione Veneto, dall’altro, in merito alle quote latte e al prelievo supplementare per il periodo di riferimento del latte e dei latticini tra il 1° aprile 2003 e il 31 marzo 2004. Durante detto periodo di riferimento, i ricorrenti non aveva rispettato la normativa italiana applicabile: da un lato, il Caseificio San Rocco non aveva proceduto alla trattenuta e al versamento mensili del prelievo supplementare e, dall’altro, i produttori non avevano soddisfatto l’obbligo di versamento previsto dall’art. 9, comma 3 della legge n. 119/2003, relativo ai criteri di ripartizione degli importi tra i produttori titolari di quota, e l’art.2, comma 3, del DL n. 157/2004, che prevede la restituzione del prelievo in eccesso versato mensilmente dai produttori, ma anche che “al termine di tale operazione, qualora il restante totale delle imputazioni di prelievo da eseguire risulti superiore al prelievo dovuto all’Unione europea aumentato del 5 per cento, l’AGEA procede ad annullare il prelievo imputato in eccesso ai produttori che non hanno ancora eseguito i versamenti mensili, applicando i criteri di priorità” previsti dai commi 3 e 4 dell’art. 9 della legge n. 119/2003. L’AGEA aveva trasmesso nel 2004 al primo acquirente una comunicazione relativa alle quote latte e al prelievo supplementare per il periodo di riferimento, in cui si precisava che l’Agenzia aveva applicato l’art. 2 del DL n. 157/2004, non procedendo così alla richiesta di versamento del prelievo imputato in eccesso ai produttori che non avevano ancora eseguito i versamenti mensili, applicando i criteri di priorità previsti dai commi 3 e 4 dell’art. 9 della L. n. 119/2003. In allegato a tale comunicazione, l’AGEA aveva accluso una scheda recante l’indicazione, per il periodo di riferimento e per ciascun produttore, degli importi del prelievo già versati e confermati, nonché gli importi da restituire. L’AGEA precisava, inoltre, che l’impresa acquirente era tenuta al pagamento in favore dei produttori interessati delle somme restituite e a versare, in qualità di sostituto dei produttori, le somme richieste e indicate nella suddetta scheda.

I ricorrenti, citati nelle prime righe dell’articolo, si sono rivolti al TAR Lazio chiedendo l’annullamento della comunicazione, evidenziando e sostenendo l’incompatibilità della norma italiana con l’art. 2.2, terzo comma, e 2.4, del Reg. (CEE) n. 3950/92. Il TAR Lazio respinse il ricorso mentre nel 2017 il giudice del rinvio ha lo giudicato parzialmente fondato in appello. Tuttavia, lo stesso giudice del rinvio s’interroga sulle conseguenze dell’accertamento dell’incompatibilità tra la normativa nazionale e il diritto dell’Unione sui diritti e sugli obblighi dei produttori che non si siano conformati alle disposizioni nazionali.

A questo punto, il Consiglio di Stato decide di sospendere il procedimento, sottoponendo alla Corte di giustizia dell’UE le questioni pregiudiziali che seguono riferite al contesto sopra descritto:

1) se il diritto dell’UE va interpretato nel senso che il contrasto di una disposizione legislativa di uno Stato membro con l’art. 2, paragrafo 2, comma 3, del Reg. (CEE) n. 3950/92 comporti come conseguenza “l’insussistenza dell’obbligazione dei produttori di corrispondere il prelievo supplementare al ricorso delle condizioni stabilite dal medesimo Regolamento”;

2) se il diritto dell’UE e, in particolare il principio generale di tutela dell’affidamento, va interpretato nel senso che non possa essere tutelato l’affidamento di soggetti che abbiano rispettato un obbligo previsto da uno Stato membro e che abbiano beneficiato degli effetti connessi al rispetto di detto obbligo, sebbene tale obbligo sia risultato in contrasto con il diritto dell’Unione;

3) se l’art. 9 del Reg. (CE) n. 1392/2001 e la nozione di “categoria prioritaria” siano d’impedimento a una disposizione di uno Stato membro; nello specifico l’art. 2, comma 3, del DL n. 157/2004, “che stabilisca modalità differenziate di restituzione del prelievo supplementare imputato in eccesso, distinguendo, ai fini delle tempistiche e delle modalità di restituzione, i produttori che abbiano fatto affidamento sul doveroso rispetto di una disposizione nazionale risultata in contrasto con il diritto dell’Unione dai produttori che tale disposizione non abbiano rispettato”.

Per quanto riguarda la questione di cui al punto 1, la Corte di giustizia ricorda che la procedura di riscossione dei prelievi supplementari stabilita dal Reg. (CEE) n. 3950/1992 si fonda sulla differenza tra vendite dirette del latte al consumo (il produttore deve pagare il prelievo direttamente all’organismo competente a livello nazionale, ovvero AGEA nel caso nazionale) e le consegne di latte ad un acquirente (situazione in cui l’acquirente versa ad AGEA il prelievo, e di fatto è il più idoneo a garantire la riscossione dello stesso presso i produttori; l’acquirente ha la facoltà di trattenere sul prezzo del latte pagato al produttore l’importo dovuto da quest’ultimo a titolo di prelievo supplementare e che, qualora non si avvalga di tale facoltà, egli può riscuotere detto importo con ogni mezzo appropriato). In sostanza, debitori del prelievo supplementare sono, in entrambi i casi, sempre i produttori, dal momento che il prelievo deve essere ripartito tra i produttori che hanno contribuito a superare i quantitativi di riferimento [art. 2 del Reg. (CEE) n. 3950/1992]. D’altronde, la finalità del prelievo supplementare consiste nell’obbligare i produttori di latte a rispettare i quantitativi di riferimento ad essi attribuiti. In ogni caso, i produttori non sono sollevati dall’onere del prelievo supplementare loro imposto. Quello che invece viene rilevato è che l’incompatibilità tra normativa nazionale e dell’Unione implica soltanto che la normativa nazionale di cui trattasi dev’essere disapplicata e che l’acquirente deve poter riscuotere gli importi dai produttori «con ogni mezzo appropriato», conformemente all’articolo 2, paragrafo 2, primo comma, di detto regolamento.

La corte di giustizia risponde quindi alla prima questione dichiarando che l’art. 2 del Reg. (CEE) n. 3950/92 “deve essere interpretato nel senso che l’accertamento dell’incompatibilità con tale disposizione della normativa nazionale, disciplinante le modalità di riscossione del prelievo supplementare da parte dell’acquirente presso i produttori, non implica che i produttori soggetti a detta normativa non siano più debitori di tale prelievo”.

Relativamente alla questione al punto 3, viene precisato che nessuno dei criteri elencati all’art. 9.1, del Reg. n. 1392/2001 (relativo ai criteri per i rimborsi) menziona il rispetto di un obbligo di versamento mensile da parte del produttore interessato. Di conseguenza, uno Stato membro non può validamente procedere al rimborso dell’eccedenza rimborsando in via prioritaria i produttori che abbiano adempiuto tale obbligo. Una simile prassi equivarrebbe ad elevare i produttori in regola con gli obblighi di versamento mensile in una categoria prioritaria sulla base di un criterio applicato in sostituzione di quelli previsti dall’art. 9.1 del Reg. (CE) n. 1392/2001 e senza che abbia potuto essere validamente adottato un criterio supplementare in applicazione dell’art. 9.2 di tale regolamento. Importanti sono questi passaggi:

42. In una situazione del genere, a un produttore che appartenga a una categoria prioritaria in applicazione di uno dei criteri stabiliti dall’articolo 9, paragrafo 1, di detto regolamento, senza tuttavia aver adempiuto l’obbligo di versamento mensile, potrebbe essere concessa una riduzione del prelievo dovuto solo dopo il rimborso dei produttori in regola con tale obbligo, e ciò ammesso che sussistano fondi ancora disponibili dopo il rimborso di questi ultimi.

43. Inoltre, come in sostanza fatto valere dalla Commissione, il versamento del prelievo, direttamente o tramite l’acquirente debitore, certamente costituisce, in linea di principio, una premessa logica al rimborso dell’eccedenza riscossa. Tuttavia, una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale non si limita a richiedere un siffatto versamento, ma stabilisce un ordine di priorità nel rimborso fondato altresì sul rispetto di una normativa nazionale disciplinante le modalità di riscossione del prelievo incompatibile con l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 3950/92.

44. Del resto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 75 delle sue conclusioni, i produttori in regola con il proprio obbligo di versamento mensile non possono essere considerati, per ciò solo, confrontati ad una situazione eccezionale risultante da una disposizione nazionale non avente alcun nesso con il regime di prelievo supplementare nel settore lattiero ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento n. 3950/92.

Quindi la Corte di giustizia risponde alla terza questione pregiudiziale dichiarando che l’art. 2.4 del Reg. (CEE) n. 3950/92, in combinato disposto con l’articolo 9 del regolamento n. 1392/2001, “va interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che il rimborso dell’eccedenza del prelievo supplementare debba favorire, in via prioritaria, i produttori che, in applicazione di una disposizione di diritto nazionale incompatibile con l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 3950/92, abbiano adempiuto il loro obbligo di versamento mensile”.

Sulla seconda questione (punto 2), invece, la Corte di giustizia risponde dichiarando che il principio della tutela del legittimo affidamento non osta al ricalcolo dell’importo del prelievo supplementare dovuto dai produttori che non hanno adempiuto l’obbligo, previsto dalla normativa nazionale applicabile, di versare su base mensile tale prelievo.

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Vale la pena ricordare anche la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 27 giugno 2019.