Ad iniziare a chiarire meglio la questione della niacina nell’alimentazione della bovina da latte è stata la review dei tedeschi I.D. Niehoff, L.Hüther e P. Lebzien, pubblicata nel 2008 sul British Journal of Nutrition (101: 5-19), dal titolo tradotto “Niacina per bovine da latte: review”. Interessanti le considerazioni degli autori in apertura. In linea teorica una bovina di 650 kg di peso e che fa 35 kg di latte (FCM 4%) produce nel rumine, ad opera della microflora, 1800 mg al giorno di niacina. Il fabbisogno giornaliero di questa vitamina in questa tipologia di bovine è di 256 mg per i tessuti e 33 mg per la produzione per cui, sempre in linea teorica, non ci sarebbe bisogno di alcuna integrazione supplementare. Tuttavia, gli autori di questo articolo sollevano perplessità su questo approccio evidenziando la poca “robustezza” e numerosità dei dati. Diversi sono i fattori che influenzano la sintesi ruminale di niacina e poche sono le informazioni riguardo al suo tasso di degradazione ruminale.

La conclusione più logica quindi è che, quando è difficile spiegare a fondo il meccanismo d’azione di una molecola, la strada maestra sono le prove empiriche e il “dose-risposta”. Ciò non deve meravigliare in quanto molte delle regressioni che sono servite per costruire il CNCPS sono d’origine empirica. Basti pensare che il fabbisogno di amminoacidi essenziali, come ad esempio la lisina e la metionina, e il loro rapporto sono stati descritti attraverso prove empiriche dose-risposta misurando la concentrazione proteica del latte.

Molte delle ricerche successive ai lavori prima citati sono state effettuate utilizzando la niacina rumino-protetta che, come vedremo in seguito, ha effetti piuttosto comprovati sul metabolismo degli animali. Per aumentare il tasso di crescita del microbiota ruminale ci sono invece modi sicuramente più economici, che non richiedono particolari additivi ma alimenti ad alta digeribilità abilmente combinati tra di loro.

Quello che è certo, plausibile come meccanismo d’azione e di grande importanza pratica, è la capacità della niacina da fonte rumino-protetta di contrastare la lipolisi, ossia la mobilizzazione dal tessuto adiposo dei NEFA durante il NEBAL, e quindi sia durante la fase di transizione che nelle prime settimane di lattazione. Il dimagrimento come conseguenza del NEBAL nella fase di transizione e nelle prime settimane di lattazione è considerato fisiologico nei ruminanti da latte, e in particolare nella bovina. Se però la concentrazione dei NEFA ematici è maggiore di 0.29 mmol/L o meq/L nel preparto e di 0.6 mmol/L in lattazione questo dimagrimento diventa patologico. Se più del 15% delle bovine presenta tali concentrazioni di NEFA significa che esiste un’anomalia che le accomuna, come una dieta non corretta, malattie comuni o un ambiente d’allevamento e gestione non idonei.

La lipolisi, ossia la liberazione di acidi grassi liberi dal tessuto adiposo, è determinata dall’assetto ormonale tipico della fase di transizione caratterizzato da una bassa insulinemia, uno status d’insulino-resistenza e da un aumento degli ormoni glucagone e somatotropo.

L’aumento dei NEFA, in generale, dà un segnale biochimico molto negativo all’asse ipotalamo-ipofisi-ovaie. Si osserverà quindi clinicamente una ritardata ripresa dell’attività ovarica dopo il parto, un aumento del rischio di degenerazione cistica dei follicoli, ovociti e corpi lutei di scarsa qualità e un ambiente uterino con un istiotrofo poco nutriente per l’embrione nella fase di pre-attecchimento. Recenti ricerche stanno rafforzando quella che ormai non è più considerata solo un’ipotesi, ovvero l’analogia tra gli acidi grassi saturi apportati dai grassi rumino-protetti, un tempo utilizzati proprio per migliorare la fertilità, e i NEFA provenienti dal tessuto adiposo. La bovina “legge” molto bene la sua concentrazione ematica di NEFA, ma non sa distinguere se provengono dal tessuto adiposo o dalla dieta.

Dalla tabella sottostante si evidenziano i dettagli degli effetti negativi dei NEFA ematici sul sistema immunitario sia innato che acquisito.

Nelle bovine, pecore, capre e bufale costrette a mobilizzare grandi quantità di NEFA aumenterà la possibilità che essi si riesterifichino e si accumulino nel fegato e quindi il rischio di lipidosi epatica. Inoltre, la grande quantità di acidi grassi che raggiunge il fegato tramite il sangue aumenterà anche il rischio di chetosi. Pertanto, l’intenso dimagrimento è la causa principale della lipidosi epatica, della chetosi e della altre patologie a sfondo metabolico ad esso correlate, come la dislocazione abomasale, la ritenzione di placenta e la metrite puerperale. Come abbiamo già descritto, il dimagrimento eccessivo interferisce anche sul buon funzionamento del sistema immunitario e sulla fertilità.

Dalle molte ricerche disponibili, sia in campo medico che veterinario, sembrerebbe cha la niacina sia un ottimo coadiuvante nella gestione della lipolisi. Le diete che stimolano la produzione d’insulina e la sensibilità di questo ormone sui tessuti, e che contrastano direttamente il NEBAL, generalmente non bastano a prevenire gli effetti negativi ad esso correlati.

La niacina, se deriva da una fonte rumino-protetta ed è somministrata in una quantità adeguata, è in grado di raggiungere il tessuto adiposo e gli adipociti. Qui questa vitamina causa un’inibizione dell’attività dell’adenilciclasi e, conseguentemente, una riduzione dell’attività dell’AMP ciclico intracellulare.

Verificare l’efficacia dell’inserimento della niacina rumino-protetta e il suo corretto dosaggio d’impiego per ridurre la lipolisi è complesso ma fattibile. Tre sono i modi in cui si può quantificare il dimagrimento nelle bovine: alcuni soggettivi altri oggettivi. Il metodo soggettivo più diffuso è la valutazione del BCS (body condition score) attraverso un’analisi visiva o con l’utilizzo di un sensore tipo BCS-camera (DeLaval). Tra i metodi oggettivi troviamo la misurazione diretta dei NEFA nel sangue delle bovine, il biomarker del latte individuale “percentuale di grasso < 4.80% nelle bovine nelle prime 8 settimane di lattazione” e le opportunità analitiche, sempre per il latte, offerte dall’FT-MIR.

Anche se poco probabile, si potrebbe osservare, in seguito alla gestione plurifattoriale della lipolisi, un calo della percentuale di grasso nel latte di massa, soprattutto nelle bovine di razza frisona di alto valore genetico.

Di un certo interesse è l’effetto della niacina da fonte rumino-protetta per la prevenzione dello stress da caldo delle bovine da latte. Sembrerebbe che questa molecola, se somministrata in forma ruminoprotetta e in quantità adeguata (dagli 8 ai 16 grammi di principio attivo), sia in grado di indurre una vasodilatazione periferica e un’aumentata attività delle ghiandole sudoripare, anche se queste sono presenti in esigua quantità sul corpo nei ruminanti. Questi due fatti hanno come favorevole conseguenza una maggiore dispersione del calore corporeo attraverso la pelle. La verifica sperimentale e “di campo” dell’efficacia dell’aggiunta di niacina consiste nel tenere sotto controllo la temperatura rettale. Lo stress da caldo è quella condizione morbosa dovuta al fatto che un organismo vivente può avere difficoltà nel mantenere stabile la sua temperatura corporea durante il caldo e l’umidità estiva. Nella bovina da latte anche l’aumento di soli 0.5°C di temperatura rettale consente di emettere la diagnosi di stress da caldo. Pertanto, l’efficacia della niacina può essere facilmente controllata all’interno dell’allevamento.

Rubrica a cura di Vetagro


 

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