E’ all’esame dell’Assemblea la proposta di legge A.C. 712-A, recante una modifica al testo unico sulle società partecipate nel settore lattiero-caseario.

Nella seduta del 2 ottobre 2018, l’Assemblea ha deliberato l’applicazione della procedura di urgenza per tale proposta, ai sensi dell’articolo 69, comma 1, del regolamento.

Contenuto del provvedimento

La proposta di legge in esame (A.C. 712 Molinari) si compone di un unico articolo, volto ad aggiungere un nuovo comma all’articolo 4 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo Unico sulle società partecipate).

L’articolo 4 prevede il divieto  per le amministrazioni pubbliche, di costituire, anche indirettamente, società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, nonché di acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società.

Il provvedimento in esame aggiunge un nuovo comma per prevedere che tale divieto non si applichi alla costituzione né all’acquisizione o al mantenimento di partecipazioni aventi per oggetto sociale prevalente la produzione, il trattamento, la lavorazione e l’immissione in commercio del latte, in qualsiasi modo trattato, e dei prodotti lattiero-caseari.

Nel testo iniziale l’esenzione riguardava anche tutti i prodotti alimentari in genere; nel corso dell’esame in sede referente tale riferimento è stato soppresso.

Il divieto di partecipazione e le deroghe previste

L’ articolo 4, dopo aver fissato tale divieto generale, elenca (comma 2) le finalità perseguibili dalle amministrazioni mediante le società partecipate.

Esse sono:

la produzione di un servizio di interesse generale;
la progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche;

la realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato con un imprenditore privato selezionato secondo specifiche procedure;
l’autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti;

i servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici.

Il comma 3 prevede, inoltre, una deroga al limite generale di partecipazione pubblica per la promozione e la valorizzazione dei beni immobili già facenti parte del patrimonio dell’amministrazione pubblica: esclusivamente a tale fine, è ammessa l’acquisizione di partecipazioni in società, tramite il conferimento di beni immobili, con l’obiettivo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato. Le società in cui l’amministrazione può acquisire partecipazioni ai sensi della disposizione in commento devono avere per oggetto sociale esclusivo la valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni stesse.

Le società in house hanno come oggetto sociale esclusivo una o più attività di cui alle lettere  a), b) ed e) ( comma 4). E’ fatto divieto alle società di cui alla lettera d), controllate da enti locali, di costituire nuove società e di acquisire nuove partecipazioni in società, salvo che non si tratti di società che hanno come oggetto esclusivo sociale la gestione delle partecipazioni societari di enti locali ( comma 5).

E’ fatta salva la possibilità di costituire società o enti per la costituzione dei gruppi di azione locale (GAL) , dei gruppi di azione LEADER e dei grupp di azione locale nel settore della pesca. ( comma 6).

Sono, inoltre, ammesse le partecipazioni nelle società aventi per oggetto sociale prevalente la gestione degli spazi fieristici e l’organizzazione di eventi fieristici, la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva esercitati in aree montane, nonché per la prouzione di energia da fonti rinnovabili ( comma 7).

Con la legge di bilancio 2018 ( legge n. 2015/2017, articolo 1, comma 891) si è fatta salva la possibilità per le amministrazioni pubbliche di acquisire o mantenere partecipazioni, comunque non superiori all’1 per cento del capitale sociale, in società bancarie di finanza etica e sostenibile ( comma 9- ter).

E’ fatta, inoltre, salva la possibilità di costituire società con caratteristiche di spin off o di start up universitari o degli enti di ricerca nonché la facoltà di costituire società per la gestione di aziende agricole con funzioni didattiche ( comma 8).

Ai sensi del comma 9, è attribuita al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti di Regione e Province autonome, qualora ricorrano taluni presupposti, la facoltà di deliberare l’esclusione (totale o parziale) dell’applicazione delle disposizioni del medesimo articolo a specifiche società a partecipazione pubblica (la competenza dei Presidenti di Regione e delle Province autonome è circoscritta alle società partecipate dall’ente territoriale di appartenenza). I provvedimenti eventualmente assunti sono trasmessi alle Camere e, nel caso di deliberazioni dei Presidenti di Regione o delle Province autonome, anche alla Corte  dei conti e alla struttura del Ministero dell’economia preposta all’attività di indirizzo, controllo e monitoraggio sull’attuazione del Testo Unico.

Si ricorda  che con DPCM 31 ottobre 2017 è stata autorizzata Centrale del latte di Brescia a derogare all’obbligo di dismissioni. La richiesta è stata avanzata dal Sindaco di Brescia, in qualità di organo di vertice dell’amministrazione partecipante. La Corte dei Conti chiese in tale occasione chiarimenti in ordine al rispetto dei vincoli teleologici richiesti dalla legge per consentire l’esclusione, riferiti a “la misura e la qualità della partecipazione pubblica, gli interessi ad essa connessi e al tipo di attività svolta, riconducibile al miglior perseguimento delle finalità istituzionali dell’Ente”. La Presidenza del Consiglio chiarì  che il Comune di Brescia detiene una percentuale di 51,353 per cento del capitale sociale della Centrale del latte di Brescia; il restante 48,65% risulta frammentato tra decine di soci, per la maggior parte con capitale privato (Filiera Latte Brescia S.r.l., Iniziative alimentari S.r.l., Consorzio dei Comuni del bacino Imbrifero di Vallecamonica e Nuova Emilgrana s.r.l che detengono, una partecipazione pari, rispettivamente, al 12,66%, all’11,73%, al 5,87% e al 5,87% del capitale sociale). Quanto alla qualità della partecipazione pubblica, si diede conto che la società risultava in crescita, presentava una buona struttura patrimoniale e finanziaria, confermata anche dalla fusione per incorporazione con la Biologica S.r.l. Quanto, invece, alla funzionalità dell’attività sociale rispetto alle finalità istituzionali del Comune, il DPCM ha evidenziato che il mantenimento della partecipazione risultava funzionale all’esercizio dei controlli qualitativi, estesi a tutte le attività dell’azienda, a ogni prodotto e fase della lavorazione. Veniva, quindi, riconosciuto il ruolo di presidio in ambito sanitario e di controllo degli alimenti svolto dalla centrale del Latte di Brescia.

Ad oggi risultano partecipate da soggetti pubblici  (in particolare da enti locali) le seguenti centrali del latte:
centrale del latte di Brescia;
centrale del latte di Alessandria e Asti;
centrale del latte di Roma;
centrale del latte d’Italia (S.p.A. quotata in borsa, che ha raggruppato la centrale del late di Torino con quelle di Firenze, Pistoia e Livorno)
Risultano effettuare la propria attività nel settore lattiero caseario anche 21 società cooperative, con partecipazioni anche minime da parte degli enti locali di riferimento, oltre a qualche altro soggetto di ordine per lo più locale.

Nell’ Allegato A al Testo Unico sono poi elencate le società escluse dal divieto generale (Società: Coni Servizi, EXPO, Arexpo,, Invimit e FISES. Gruppi: Gruppo ANAS, Gruppo GSE, Gruppo Invitalia, IPZS, Sogin, Gruppo Eur, FIRA, Sviluppo Basilicata, Fincalabra,  Sviluppo Campania, Gruppo Friulia, Lazio Innova, Filse, Finlombarda, Finlombarda Gestione SGR, Finmolise, Finpiemonte, Puglia Sviluppo, SFIRS, IRFIS-FinSicilia, Fidi-Toscana, GEPAFIN, Finaosta, Veneto Sviluppo, Trentino Sviluppo, Ligurcapital, Aosta Factor, FVS SGR,  Friulia Veneto Sviluppo SGR, Sviluppumbria,  Sviluppo Imprese Centro Italia – SICI SGR).

La legge 30 dicembre 2018, n.145 (legge di bilancio 2019) è, da ultimo, intervenuta, con l’articolo 1, commi 721-724  sulle società a partecipazione pubblica, prevedendo che:le disposizioni del Testo unico non si applicano (a meno che non ne sia espressamente prevista l’applicazione nelle singole disposizioni), alle società controllate da società quotate in borsa (comma 721);

i commi 4 (obbligo di alienazione entro un anno dalla ricognizione straordinaria) e 5 (divieto per il socio pubblico di esercitare i diritti sociali e successiva liquidazione coatta in denaro delle partecipazioni) dell’art.24 del D.Lgs. 175/2016 sono disapplicati fino al 31 dicembre 2021 nel caso di società partecipate che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione (comma 723);

sia ampliato l’ambito applicativo della disciplina transitoria relativa alla riforma delle società a partecipazione pubblica, prevedendo che i piani di razionalizzazione delle partecipazioni societarie detenute, che le amministrazioni pubbliche sono tenute a redigere e comunicare annualmente al MEF e alla Corte dei conti, non debbano riguardare i gruppi di azione locale, inclusi i gruppi LEADER (commi 722 e 724).

La procedura di razioalizzazione e di revisione delle procedure

L’ articolo 20 del Testo Unico introduce nell’ordinamento una procedura di razionalizzazione periodica che gli enti pubblici sono chiamati ad attivare nella gestione delle società partecipate con cadenza annuale, pena una sanzione amministrativa da cinquemila a cinquecentomila euro, oltre al danno erariale provocato.

Le amministrazioni pubbliche sono state chiamate a svolgere annualmente un’analisi in relazione dell’assetto complessivo delle proprie partecipazioni societarie, predisponendo un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, qualora rilevino:

partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all’art. 4;

società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;
società che svolgano attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;

partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro (a decorrere dal triennio 2017-2019, mentre tale soglia è pari a 500  mila euro per i trienni 2015-2017 e 2016-2018);

partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d’interesse generale (si pensi in particolare alle società strumentali) che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;

necessità di contenimento dei costi di funzionamento ovvero necessità di aggregazione.

L’articolo 24 introduce, poi, la procedura di revisione straordinaria delle partecipazioni, stabilendo che entro il 30 settembre 2017 ciascuna amministrazione pubblica effettua con provvedimento motivato la ricognizione di tutte le partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore del T.U. (23 settembre 2016), individuando quelle che devono essere alienate, nel caso in cui:

non siano riconducibili ad alcuna delle categorie previste dall’art. 4;

non soddisfino i requisiti motivazionali e di compatibilità con la normativa europea di cui all’art. 5,
rispettivamente, commi 1 e 2;

ricadano nelle ipotesi per le quali l’articolo 20, comma 2, prevede la predisposizione di piani di riassetto
finalizzati alla dismissione.

Le operazioni di alienazione individuate dal piano di ricognizione devono essere effettuate entro un anno dalla ricognizione stessa, e vanno effettuate anche nel caso di partecipazioni societarie acquistate in conformità ad espresse previsioni normative, statali o regionali.

La direzione VIII del MEF, responsabile del controllo dell’attuazione del Testo Unico, ha reso disponibile fino al 31 ottobre 2017 (fermo restando l’obbligo per le Amministrazioni di adottare i provvedimenti motivati di ricognizione entro il termine del 30 settembre 2017 previsto dalla norma) un applicativo  per la comunicazione dell’esito della ricognizione in merito alla revisione straordinaria delle partecipazioni dirette e indirette detenute al 23 settembre 2016 da parte delle amministrazioni pubbliche. Tale ricognizione si è conclusa il 10 novembre 2017. Secondo una prima analisi dei dati, le società a partecipazione diretta delle amministrazioni sono 4.701 e, secondo il Governo (per approfondimenti si veda il relativo comunicato stampa), circa una su tre di queste sarà interessata da interventi di dismissione.

Secondo quanto riportato  nella Nota di aggirnamento al DEF 2018 nella parte relativa al programma nazionale di riforma relativa alle società partecipate,  “a conclusione del processo di ricognizione straordinaria, dall’analisi dei dati raccolti attraverso l’applicativo “Partecipazioni” del Portale Tesoro è emerso che il 90 per cento dei circa 10.500 enti tenuti ad effettuare la ricognizione straordinaria ha provveduto alla trasmissione del piano. Le amministrazioni hanno comunicato la detenzione di 32.486 partecipazioni, riconducibili a 5.698 società, di cui 4.738 direttamente partecipate dalle amministrazioni dichiaranti”. La Nota prosegue affermando che delle società in cui gli enti possiedono la maggioranza di capitale, una su tre sarà interessata da processi di dismissione. Una quota resuduale dovrebbe essere oggetto di fusione. Per gli enti che non detengano la maggioranza, in un terzo dei casi si dovrebbe realizzare un’uscita degli stessi dalla compagine azionaria. Si riporta, altresì, che la struttura di monitoraggio del MEF ha verificato la rispondenza dei piani di razionalizzazione presentati ai criteri definiti nel testo unico; è emerso, al riguardo, che, per circa 1.600 società, mancherebbero i requisiti e le caratteristiche previste dalla riforma per il matenimento delle relative partecipazioni in mano pubblica. La scadenza prevista per l’attuazione dei piani è stata fissaa al 30 settembre 2018. La riforma ha previsto di procedere entro il 31 dicembre 2018 alla revisione annuale delle partecipazini detenute alla data del 31 dicembre 2017.

L’esame istruttorio in commissione

Il 23 ottobre sono stati ascoltati i rappresentanti di Confagricoltura, CIA, Copagri, Alleanza delle cooperative italiane-agroalimentare e Coldiretti, i quali hanno espresso un avviso favoreole all’inziativa in esame.

Il 24 ottobre la Commissione Agricoltura ha ascoltato i rappresentanti della Corte dei Conti, i quali hanno sottolineato che ” i settori di attività in oggetto – rientranti nella macroarea della produzione e del commercio dei beni agro-alimentari – sono presidiati dalle regole della concorrenza: nello specifico non sembrano ricorrere le particolari situazioni idonee a giustificare un trattamento differenziato rispetto ad altri settori del mercato”.

Fascicolo documenti depositati audizioni su C. 712 (centrali del latte)

Fonte: Camera dei Deputati