Sono stati pubblicati pochi giorni fa i nomi dei finalisti della seconda edizione del Gran Premio del Formaggiaio, chiamati a presentare il più bello, accattivante e ricco plateau di formaggi dal tema “I colori del latte”. Abbiamo quindi pensato di esplorare le origini di questa portata, che è diventata una tradizione solo in epoca recente, a partire dal tardo Ottocento.

Il plateau di formaggi, una selezione ben assortita di formaggi servita su un piatto o un vassoio, è in origine un elemento distintivo della gastronomia francese. Nel tempo, è diventato un simbolo di raffinatezza culinaria e un punto fermo nei pranzi formali anche fuori dai confini transalpini.

Alessia Cipolla, architetto e fondatrice de La costruzione del gusto ripercorre in uno dei suoi articoli la storia di questo alimento, partendo dalla citazione di Brillant-Savarin che, ai primi dell’Ottocento, certifica il formaggio ‘come parte del dessert, concetto ampio che allora comprendeva dolci e creme, gelati, formaggi e, poi, frutta’.

In questo caso veniva servito un solo tipo di formaggio, solitamente formaggi francesi come Brie, Roquefort e Camembert. Con il passare del tempo, però, le selezioni iniziarono a includere formaggi provenienti da altre regioni d’Europa, come il Gorgonzola italiano e il Cheddar inglese.

Con l’avvento dell’alta cucina francese, nel tardo ‘800, il formaggio iniziò a comparire nei pranzi formali come vera e propria portata, più articolata, fino a comporre il classico plateau con diverse tipologie di latte, di pasta e di stagionatura.

L’ingresso del formaggio sulle tavole eleganti non è stato facile, a causa del pregiudizio che lo vedeva come un prodotto fermentato, “di magro”, spesso con odori forti, e più legato alle tavole dei contadini che, dopo aver utilizzato gli animali per il lavoro nei campi, ne mungevano il latte e lo lavoravano in modo casalingo per un uso domestico.

All’inizio del Novecento, come documentato nel manuale artusiano che cita i Principii, il formaggio venne spostato all’inizio del pranzo, insieme ad altre stuzzicherie per invogliare l’appetito.

Tra gli anni ’30 e ’80 del Novecento, il plateau venne sostituito dal carrello dei formaggi, un vero trionfo di qualità e quantità.

Questa abitudine via via si è persa nel tempo per una serie di ragioni, ma oggi il plateau, o più semplicemente il tagliere di formaggi, è tornato di moda, servito all’inizio del pasto. Sono pochi i ristoranti che lo propongono come pre-dessert, soprattutto in Piemonte, dove l’influenza della cucina francese è particolarmente significativa.

In un plateau contemporaneo è consuetudine abbinare altri prodotti al formaggio, ma questa non è un’invenzione recente, bensì un’usanza molto antica, risalente addirittura all’epoca romana.

Il moderno plateau ha delle regole codificate che ogni assaggiatore dovrebbe conoscere: la disposizione a orologio, che va dal formaggio con intensità gusto-olfattiva minore fino a quello con maggiore intensità, e l’importanza del taglio in modo che tutti i commensali abbiano (più o meno) la stessa quantità di crosta e di pasta. Perché un plateau sia attraente deve contenere diversi elementi in grado di stuzzicare occhio e palato, partendo dal colore dei prodotti, che dovrebbero essere vari e provenire da diverse specie animali: dal bianco candido della capra ai colori intensi dei formaggi d’alpeggio, che a volte virano verso il verde o l’aranciato.

Oggi c’è una crescente attenzione per i prodotti artigianali e locali. I consumatori moderni sono sempre più interessati a conoscere l’origine dei formaggi, le tecniche di produzione e le storie dei produttori. Questo ha portato a una maggiore valorizzazione dei formaggi artigianali e a una diversificazione delle selezioni offerte nei plateaux, sensibilizzando anche i ristoratori nella comunicazione e nella ricerca di prodotti di alta qualità.