Spiegare cosa è la transumanza non è semplice in poche righe, perché si tratta di una tradizione agropastorale antichissima la cui storia e rilevanza non sono riassumibili in un testo breve. Per essere comprese a fondo, in tutta la sua più pura natura, la transumanza dovrebbe essere vissuta con gli occhi e la tensione, mista ed emozione e devozione per una tradizione da non dimenticare, di chi, con fierezza, ogni anno rinnova gli aspetti rituali e pratici della migrazione stagionale delle mandrie e delle greggi.

Quello che possiamo fare è provare a raccontare questo rito, facendolo dopo aver ascoltato la voce di una donna che è protagonista della transumanza lungo i tratturi tra Molise e Puglia: Carmelina Colantuono, portavoce e testimone di una tradizione che non può spegnersi ingiustamente e che merita una candidatura alla lista del patrimonio mondiale Unesco.

Il rito agropastorale che si stabilisce con la transumanza identifica la civiltà contadina del Sud Italia, ma anche di tanti altri popoli in Europa e in tutto il mondo. Carmelina e la sua famiglia sono i custodi del “passamano” di questa tradizione. La famiglia Colantuono è molisana e l’azienda che gestisce ha origini antiche, esistendo da più di cinque generazioni. La tradizione della transumanza è quindi una “questione di famiglia”, portata avanti con il contributo dei vari componenti che lavorano insieme dividendo sacrifici e soddisfazioni. La caratteristica che rende la famiglia Colantuono “eroica” nel vivere la tradizione è il fatto di calpestare gli antichi percorsi, segnati dai tratturi. I tratturi sono sentieri erbosi, in parte arborati, in alcuni tratti pietrosi o in terra battuta originati dal passaggio delle greggi e delle mandrie. La loro larghezza è piuttosto ampia, aggirandosi intorno ai 111 metri. Essi corrono lungo assi paralleli che vanno da nord a sud, ed attraversano l’Abruzzo, il Molise, la Campania, la Puglia e la Basilicata. Questa rete è collegata da stradine più piccole, dette tratturelli, che, grazie a bracci di raccordo principali, uniscono gli assi paralleli. Lungo il percorso si individuano aree di sosta per mandrie e greggi.

Per quanto riguarda la candidatura Unesco, da fine marzo 2018, è ufficialmente partito l’iter per la valutazione sulla proposta partita dal Ministero delle Politiche Agricole (prima ancora dal Molise) e alla quale si sono unite Austria e Grecia. L’iniziativa sta comunque richiamando anche altri stati europei a partecipare alla candidatura, data l’importanza di questo simbolo tradizionale agropastorale. Pionieri del progetto sono Carmelina e un altro molisano doc, direttore dell’agenzia di sviluppo regionale Moligal, Nicola Di Niro.

 

Carmelina ci ha raccontato il sentimento che c’è all’inizio e durante il rito della transumanza lungo i tratturi. Il percorso si snoda attraverso paesaggi incontaminati tra San Marco in Lamis (Fg) e Frosolone, punto di arrivo, su 180 km di tratturi e tratturelli. L’emozione da parte di chi assiste da spettatore è fatta di entusiasmo e gioia. Chi guida questa mitica “trasferta” di capi bovini, invece, vive l’emozione dell’evento mista a tensione, perché gestire 300 vacche di razza podolica e marchigiana, che vivono normalmente allo stato brado e che hanno un carattere abbastanza “ribelle”, non è un gioco facile. Ci vuole concentrazione e, probabilmente, più di 1000 paia di occhi ed orecchie super attenti. “L’evento non è di facile esecuzione per noi, perché, oltre alla preparazione iniziale per vedere se gli animali sono in salute, non è come gestire un gregge di pecore: noi abbiamo animali che saltano anche oltre i 2 m di altezza, scappano e si spostano dalla mandria. Il nostro compito è tenere il tutto unito, soprattutto in quelle parti di tragitto dove non c’è tratturo” ci dice Carmelina, che aggiunge: “Per gli spettatori e i visitatori è un momento di grande festa. A fine transumanza, rimane l’eco delle campane delle vacche nelle orecchie e sembra ancora che la mandria sia in movimento. Alcuni visitatori si uniscono con noi a cavallo, anche se, a volte, è difficile averli nel nostro gruppo perché, entusiasmati, provano a fare il nostro lavoro nel tentativo di aiutarci, ma così generano confusione perché rincorrono le vacche, spaventandole. Perciò in quei casi dobbiamo essere attenti anche a loro. Lungo il tragitto si incontrano molte persone a cavallo che si fermano ad osservare il nostro gruppo di passaggio”. Carmelina lascia trasparire immagini di paesaggi unici, che, vissuti al tramonto o all’alba, danno l’incredibile bellezza del fare transumanza. La mandria complessiva è di circa 450 capi, di cui 300 vanno in transumanza: i vitelli più piccoli ed alcune vacche rimangono a casa, per non rallentare il passo di marcia.

Ma l’Azienda Agricola Zootecnica Colantuono non è solo transumanza. La tradizione e l’identità molisana vivono anche nei loro prodotti derivate dal latte delle podoliche e dalla carne dei capi di razza marchigiana. Il latte della vacca podolica non è mai tantissimo, ma ha di positivo che, essendo di qualità elevata, ha una resa notevole: quasi il doppio di quello che rende il latte della frisona. E vivendo allo stato brado, queste vacche non possono che regalare prodotti ricchi di profumi e sapori, come il caciocavallo, asso nella manica dei Colantuono, e poi la meravigliosa manteca, fatta con burro da ricotta. Ci sono poi le scamorze e, dulcis in fundo, una caciotta a pasta molle, new entry nel ventaglio dei prodotti Colantuono, premiati per la loro qualità. I prodotti arrivano in tutta Italia, ma la vendita principale è in zona, con clienti di fiducia, una fiducia che esiste da molto tempo, stabilita grazie ai rapporti commerciali del nonno di Carmelina. La produzione è piccola, ma non pecca di qualità. Un po’ come il Molise: piccola regione, ma incredibilmente eccezionale.